Il nome di Ferdinand Piëch è uno di quelli che fa drizzare le antenne dell'attenzione, perché è stato un genio, un visionario ma, al tempo stesso, uno squalo degli affari e un uomo come tanti altri, coi suoi vizi e le sue virtù. Certamente il contributo che l'ingegnere e manager austriaco ha dato all'automobile, specialmente al Gruppo Volkswagen, è impareggiabile. Nessuno può avvicinarsi neanche lontanamente a quanto Piëch è stato in grado di combinare, anche quando fu messo dalla famiglia in un angolino, ritagliandosi un ruolo di outsider vincente. Proprio la famiglia è stato un elemento cardine della sua esistenza, la sua vita privata assomiglia tanto alla trama di una soap opera con intrighi, rivalità, duelli, amori segreti e tanti figli (dodici o tredici da quattro donne diverse). Una vita vissuta al massimo, sempre in prima fila con cappa e spada per conquistare un pezzo di terra in più da dare a Volkswagen, e un pizzico di gloria da iscrivere negli annali. L'epilogo, tuttavia, è sempre il solito e che tocca anche ai più grandi, senza distinzione: la morte, avvenuta nel 2019 quando aveva 82 anni. Prima della fine, però, c'è una storia che merita di essere rivissuta.
Membro della famiglia Porsche
Ferdinand Piëch nasce a Vienna, la grande capitale austriaca culla dell'arte e della musica, nel 1937 ed è uno dei nipoti di Ferdinand Porsche, l'ingegnere che ha progettato il Maggiolino e che ha fondato la fabbrica di auto sportive che porta il suo nome a Zuffenhausen, in Germania. Dunque, dopo aver terminato con successo gli studi di ingegneria meccanica al Politecnico di Zurigo, con una tesi riguardante lo sviluppo di un motore di Formula 1, Ferdinand ha la strada spianata per entrare in quella che è l'azienda di famiglia: la Porsche. È il 1963 quando al giovane ragazzo di belle speranze viene affidata una scrivania e un ufficio nella sede principale di Zuffenhausen. Non ci mette tanto a farsi strada, perché è vulcanico, creativo e assolutamente geniale. In breve, diventa direttore tecnico, ma il suo carattere è spigoloso e, soprattutto, non si fida di nessuno. Solo di sé stesso. Sforna progetti a raffica, tutti brillanti, squisitamente da lode, ma non li condivide - quasi - con nessuno, né coi familiari né con altri ingegneri.
Quando ha soltanto 31 anni si tuffa in un'impresa terribilmente audace, come farebbe un giocatore d'azzardo elettrico: concentrare due terzi del budget annuale della Porsche nella costruzione di 25 macchine da corsa. Un'autentica follia che si rivelerà trionfante, perché la 916 è una delle vetture più vincenti e dominanti nella storia del motorsport, grazie alla sua linea rivoluzionaria e al suo motore 12 cilindri da 600 cv raffreddato ad aria. Piëch non riesce a stare imbrigliato dentro a troppi gioghi, mentre la sua famiglia pensa di infliggergliene uno specifico, parcheggiandolo in Audi nel 1972. Sperando di limitarne l'esuberanza creativa.
Ferdinand si trasforma in "Re Mida"
Per sedare le lotte intestine all'interno di Porsche, in quel famoso 1972, Louise Piëch e Ferry Porsche decidono che tutti i membri della famiglia devono ritirarsi da ogni carica dirigenziale occupata fino a quel momento. Per Ferdinand Piëch si apre la strada di Audi, a Ingolstadt, dove si affaccia prima in qualità di caporeparto dello sviluppo tecnico con mansioni speciali, salvo poi scalare le gerarchie e diventarne amministratore delegato nel 1983. La sua lucida visione lo porta a intuire il potenziale sopito del marchio dei Quattro Anelli, che lui coltiva costantemente per fargli spiccare il volo, connotandogli una dimensione di alta fascia, come mai aveva avuto prima di allora. Dà fiducia a quei tecnici che promettono di rivoluzionare il brand e il mondo delle macchine con l'introduzione della trazione integrale, che diventerà il cavallo di battaglia dell'intera produzione di Audi e che servirà per collocare l'Audi Quattro nella grande storia delle automobili con un capitolo squisitamente dedicato. La crescita, l'espansione e l'appeal di Brand "premium" (come si direbbe oggi) di Audi discendono dalle scelte compiute da Piëch oltre quarant'anni fa.
Salvataggio e crescita di Volkswagen
Nel gennaio del 1993 Carl Hanh non riveste più il ruolo di numero uno di Volkswagen. Il colosso di Wolfsburg si ritrova in un acquitrino stagnante, pericoloso e che può trasformarsi molto presto in una palude di sabbie mobili. Qualcuno nei corridoi sussurra una voce che mette paura e scuote gli animi: crisi. Ed è qui che entra in gioco Piëch, designato come "uomo della Provvidenza", o per meglio dire Amministratore Delegato del Gruppo Volkswagen. Egli vara un'operazione di ampio respiro nella quale abbassa i costi e, al tempo stesso, risolve i problemi di qualità. Sembra una "mission impossible", eppure ci riesce. Prima sostituisce quasi tutto il CdA, riduce le spese del lavoro facendo accettare ai leader sindacali settimane di lavoro più brevi e ricostituisce la gamma prodotti, ottenendo la fiducia di azionisti e lavoratori che non subiscono tagli. La cura vitaminica e ricostituente dà i suoi frutti in tempi record.
Nel 2002, Ferdinand Piëch diventa il Presidente del Consiglio di Sorveglianza del Gruppo ponendosi come obiettivo la massima delle ambizioni: diventare il costruttore numero uno del pianeta. Per farlo, tuttavia, deve liberarsi della concorrenza che risponde al nome di suo cugino Wolfgang Porsche, che da almeno quattro anni insegue l’acquisizione di Volkswagen senza esito. Piëch trova sulla sua strada un valido alleato: lo Stato della Bassa Sassonia che detiene il 20% delle quote di VW. Questo gli permette di difendersi egregiamente dalle offensive di Porsche di rilevare VW, a tal punto che Piëch nel 2012, controvertendo tutti, riesce a inglobare Porsche nel colosso di Wolfsburg. Giunti a questo punto della storia, Piëch traghetta il Gruppo Volkswagen in cima al mondo, togliendo la palma di numero uno a Toyota. La sua galassia comprende aziende del calibro di Seat, Skoda, Lamborghini, Bentley, Ducati, MAN e Scania, oltre a Volkswagen, Audi e Porsche. Dodici Brand per dominare il mondo. Una chimera che diventa realtà. Esce di scena prima che la tempesta Dieselgate si riversi con violenza su Wolfsburg.
L'eredità di Piëch è tremendamente difficile da raccogliere, ma la forza di Volkswagen resta notevole e nel 2022 è stato il primo inseguitore di Toyota, che da tre anni è tornata davanti a tutti. Seguendo le orme di Piëch i risultati sono garantiti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.