Biason, la ricerca dell'anima (in 8mila abiti)

Una fotografia di moda non deve essere informativa. Dovrebbe, al contrario, suggerire lo spirito del tempo, il gusto e il futuro di una società, ciò che c'è di bello e di positivo nel mondo. Un'immagine, insomma, destinata a persuadere all'istante e tramontare poi, per lasciare spazio, dopo una stagione, a nuovi desideri. Ma quell'immagine, se bella e irripetibile, renderà abiti e accessori indimenticabili. Per questi motivi il ruolo del fotografo di moda è piuttosto delicato. È un lavoro al limite tra creatività e commissione, che in ogni caso deve catturare l'essenza.
Piero Biasion continua a essere un maestro in questo campo, perché fu il primo, negli anni Ottanta, a capire l'importanza degli accessori, dei dettagli e del make-up, oltre al vestito. Una rivoluzione, tanto che oggi ci sono fotografi che, durante le sfilate, si occupano solo di gioielli, scarpe, borse e backstage beauty. Biasion si avvicinò alla moda alla fine degli anni Settanta, dopo l'Accademia di Belle Arti e la sua esperienza nel mondo delle gallerie. Ha lavorato per le Maison (da 30 anni per Armani) e le riviste più importanti, come Vogue e Harper's Bazaar, arrivando a collezionare più di 60 copertine (la prima nel 1989 per Vogue Germania), 118 servizi per Vogue Spagna, 800 sfilate all'anno per 8 milioni di vestiti scattati. Un'immensità, che «ti apre gli occhi su quello che sta succedendo oggi – racconta Biasion -. Le fotografia di moda si sono indebolite. Con il digitale tutti pensano di poter fare questo mestiere, copiando qua e là senza capire il perché. Ma un fotografo deve riuscire a scattare delle immagini che costringano le persone a guardarle, a leggerle, non solo a sfogliarle. Deve cercare di catturare l'anima di un vestito, contando sulla collaborazione della modella. Perché altrimenti è come dare a un pittore colori scadenti».
Con il digitale, dunque, se da una parte i costi si sono sensibilmente abbassati, dall'altra la qualità degli scatti è precipitata, «anche per colpa del marketing che ha livellato lo spazio di creatività». Allora cosa fare? A cosa ispirarsi? Per esempio agli artisti di strada, o meglio, agli «Artisti sconosciuti», coloro che liberano la propria fantasia senza sapere di aver realizzato un'opera d'arte, cui Biasion sta dedicando un reportage in divenire.

«Viaggiando, osservando e partendo da un tipo di fotografia diversa, sto mettendo a punto istantanee di moda che portino la persona a fermarsi e a vedere l'immagine come non fissa. A leggere una storia». Fotografie realizzate a partire dall'intreccio di più scatti che, ancora una volta, confermano Biasion anticipatore di tendenze.

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