Serie A, il pagellone del lunedì: disastro Napoli, il carattere non basta alla Juve

Cosa vi siete persi nel weekend di Serie A? Diverse cose, dall'ennesima tappa nell'implosione del Napoli alla triste fine dell'era Allegri, dal flop del Toro alle vittorie brutte ma importanti di Lazio e Fiorentina. C'è anche stata la conferma della Dea e il passo avanti del Lecce. Trovate tutto nel nostro solito pagellone

Serie A, il pagellone del lunedì: disastro Napoli, il carattere non basta alla Juve

Vi sareste mai immaginati un weekend di Serie A senza quattro delle squadre di testa in campo? A quanto pare è possibile. Capisco la voglia di evitare di incrociare le spade col Clasico, ma giocare il derby scudetto di lunedì è una roba che Tafazzi scansati. Aggiungi lo scontro Champions tra Roma e Bologna e ti vengono in mente parecchie frasi irripetibili. Visto che le tradizioni sono importanti, eccoci ancora qui a commentare quel che si è visto nel fine settimana della 33a giornata.

Cosa vi siete persi? Una prestazione inqualificabile dei campioni d’Italia, l’ennesima tappa nel calvario della Vecchia Signora, una vittoria importante, un passo falso pesante e persino un cambio di panchina al limite della follia. Ve le raccontiamo tutte nell’ennesima puntata del nostro beneamato pagellone del lunedì. Buon divertimento a tutti.

Lazio, una vittoria importante (7)

Lanciare la volata finale in uno stadio mai semplice come Marassi, contro una squadra tra le più rognose tra le mura amiche come il Genoa non sarebbe mai stata una passeggiata di salute. Igor Tudor lo sapeva fin troppo bene ed ha saputo motivare a dovere la sua Lazio, riuscendo a strappare al Grifone tre punti d’oro. Non tutto funziona come un orologio svizzero, ci vorrà ancora parecchio prima di mettere a punto tutte le idiosincrasie di questa squadra ma almeno i risultati stanno arrivando. La difesa rimane solida, a parte un Casale che esce con le ossa rotte dal confronto con Retegui mentre la mediana vede un Marusic equilibrato ed un Vecino che dimostra come la classe non sia acqua: il suo velo sull’azione del gol è da applausi in quanto a lucidità.

Luis Alberto gol Genoa Lazio

Se Hysaj fa il compitino nel sostituire l’infortunato Lazzari, la notizia migliore è la partita messa da Daichi Kamada. Il giapponese è stato responsabilizzato da Tudor e sta tornando ai livelli visti all’Eintracht: l’assist farà miracoli in quanto al morale. Lato fantasia, invece, siamo ancora a metà del guado: Felipe Anderson si accende a sprazzi mentre Luis Alberto si conferma il cuore e l’anima della Lazio. Dio solo sa come farà Tudor senza il suo contributo. Le nuvole all’orizzonte non mancano: Pedro combina poco, Cataldi non fa miracoli mentre il Taty Castellanos fa enormi passi indietro rispetto alle ultime prestazioni. La Lazio non è ancora quella che Tudor sogna ma è compatta, ordinata e sa soffrire. Considerato il caos dopo l’addio di Sarri, non è impresa da poco.

Atalanta, va bene anche così (6,5)

Una delle cose più difficili nel calcio è tornare sulla terra dopo aver fatto imprese incredibili. Reduci dalla prova maiuscola contro il Liverpool, l’Atalanta approda a Monza per affrontare una trasferta che aveva scritto sopra “trappola” grosso come una casa. Specialmente con le ruggini di Europa League nelle gambe, affrontare il Monza di Palladino è forse un impegno ancora più arduo. L’Atalanta del Gasp parte bene ma non è perfetta, con un Carnesecchi non in giornata, qualche calo di attenzione di Hien, un flop di Hateboer dopo l’uscita di Holm e una prova incolore di Bakker. Per fortuna il resto della Dea gira come al solito: Kolasinac è il solito trattore, Pasalic ed Ederson finiscono troppo presto la benzina mentre Ederson e De Roon non fanno miracoli contro un centrocampo tecnico ed agguerrito come quello brianzolo.

Lookman Monza Atalanta

Vista l’indisponibilità di Scamacca e Koopmeiners, ti immagineresti problemi in avanti ma, ancora una volta, Gasperini trova alcuni protagonisti pronti a tirare la carretta. Il trio d’attacco fa a gara a chi gioca meglio, da un Charles De Ketelaere che torna finalmente al gol ma mette anche fisicità e passaggi geniali alla prova sorprendente di El Bilal Touré, che finora si era visto davvero pochino. Il talento del Mali vive una gara di alti e bassi ma, alla fine, trova la zampata giusta: non male davvero per essere la prima da titolare. Personalmente, mi ha impressionato di più la gara di Lookman, cui Gasperini aveva affidato le chiavi dell’attacco: prova matura, concreta, davvero convincente. Le stagioni si giudicano dalle prove in queste partite rognose e l’Atalanta ha già perso troppi punti per strada: la Dea è cresciuta parecchio anche in questo fondamentale. Le rivali sono avvertite.

Lecce, è quasi fatta (6,5)

Si dice che quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Questo luogo comune vale sicuramente per il Lecce di Gotti, che nelle ultime settimane sta mettendo partite con tanta qualità, convinzione e cattiveria agonistica. Il 3-0 con il quale i salentini schiantano un Sassuolo ormai rassegnato ad un triste tramonto è davvero impressionante in quanto a determinazione. La cosa veramente positiva è esserci riusciti al Mapei Stadium, considerato quanto i pugliesi abbiano sofferto finora in trasferta. Gli emiliani non hanno quasi mai impegnato la difesa leccese ma questo ha concesso a gente come Gendrey e Pongracic di dimostrare quanto possano essere pericolosi anche in fase offensiva.

Lecce celebrazione Sassuolo Lecce

Difficile davvero trovare note stonate in questa prestazione corale: se Baschirotto e Gallo sono precisi e puntuali, il capitano Blin domina la mediana, recuperando palloni su palloni. Oudin è sempre pericoloso, specialmente da calcio piazzato, ma la prestazione migliore è quella di Patrick Dorgu, francamente immarcabile per la difesa neroverde. Con una prova del genere, Krstovic e Piccoli non hanno bisogno di reinventarsi la ruota per contribuire alla causa: azzeccatissima l’idea di Gotti di schierare due attaccanti pesanti, con l’azzurro che segna ed lo slavo a fornire assist e tanta corsa. Con la classifica così ravvicinata, non è assolutamente fatta ma questo Lecce può davvero giocarsela con tutti e sembra favorito per uscire definitivamente dalla lotta salvezza.

Il Torino non sa più vincere (5,5)

Sorpresa, sorpresa, il Toro ancora una volta perde il treno per l’Europa. Onestamente, ci avrebbe più sorpreso se, tanto per cambiare, la banda Juric riuscisse a fare punti quando conta davvero. A questo punto della stagione la cosa più importante è scendere in campo motivati ma, almeno finora, da questo punto di vista Juric era stato quasi perfetto. Il Frosinone, semplicemente, aveva più voglia di fare risultato e la cosa in campo ha fatto tutta la differenza. Non tutto è da buttare, come al solito: Milinkovic-Savic ha portato a casa il diciassettesimo clean sheet in campionato, Buongiorno continua a dettare legge e Tameze, oltre ad annullare Cheddira, trova anche un passaggio al bacio per Zapata. Risalendo il campo, iniziano i problemi: Bellanova spinge forte ma solo a tratti, Ilic è stranamente avulso dal gioco, Vojvoda sbaglia palloni su palloni mentre lo stesso Vlasic parte fortissimo ma si spegne poco a poco.

Torino delusione Torino Frosinone

Dove il Torino è veramente brutto è in avanti. Nessuno degli attaccanti fa una prestazione pessima ma, allo stesso tempo, è immensamente frustrante. Okereke parte malissimo per riprendersi un attimo dopo l’intervallo ma, a parte qualche discreto tiro, non combina molto. Sanabria avrebbe il tempo per lasciare il marchio sulla partita ma non riesce a trovare spazi e, come succede fin troppo spesso, vaga senza meta per il campo. Il salvatore della patria granata, San Duvan Zapata, non sembra nemmeno lui, tanto fatica ad uscire dalla gabbia ciociara. Smazzarsi si smazza come fa sempre, ma ogni volta che va al tiro sembra avere addosso il peso del mondo. Il problema vero è che questo Toro crea davvero poco, sembra aver perso di convinzione e, soprattutto, di garra. Possibile si tratti solo di una partita storta, magari un po’ di stanchezza ma non avrebbe potuto scegliere un momento peggiore per prendersi una pausa mentale.

Fiorentina, una brutta vittoria (5)

Si dice che la vittoria è la panacea di tutti i mali. Permettetemi di dissentire: risultatisti a parte, a volte ci sono delle vittorie che fanno più danni della grandine. I tre punti che la Viola porta a casa da Salerno pesano quanto gli altri ma rischiano di fornire indicazioni del tutto sbagliate all’ambiente e alla tifoseria. Chi ha visto solo il risultato può pensare ad una gara facile, una passeggiata di salute. Se, come il sottoscritto, vi siete dovuti sorbire quegli orribili 90 minuti e spiccioli, penso che sarete altrettanto scettici di fronte alla prova dei toscani. D’accordo, Italiano ha rivoluzionato la squadra, lasciando addirittura a Firenze quasi tutto il suo attacco, ma quello che si è visto in campo era al limite dell’offensivo. Prese singolarmente, le prestazioni di molti dei giocatori viola non sarebbero nemmeno male, ma il gioco che hanno prodotto era francamente deprimente.

Italiano Salernitana Fiorentina

Le note positive non sono mancate, dall’attento Ranieri allo stacco imperioso di Kouamé fino alla tigna di Ikoné che, dopo un erroraccio nel primo tempo, tiene duro fino a quando non chiude la partita. Nota positiva per Faraoni e Martinez Quarta ma il resto non è rassicurante. Prestazioni decenti, specialmente in difesa, ma dalla cintola in su, la Viola non convince proprio. Duncan sbaglia troppo, Maxime Lopez è impreciso, il ritorno di Castrovilli è poco brillante mentre l’esperimento falso nueve non è proprio nelle corde di Barak, che migliora non poco quando torna nella sua comfort zone a centrocampo. L’immagine più eloquente di questa partita è Sottil: grintoso, volonteroso ma anche impreciso, pasticcione in avanti. Capisco la voglia di risparmiare i giocatori chiave in vista dell’Atalanta: basta che Italiano non ripeta più una roba del genere.

Juventus, il carattere non basta (4,5)

Commentare le partite di questa Juve sta diventando un esercizio in futilità: quando credi che abbia toccato il fondo, il gruppo di Allegri trova sempre il modo di sorprenderti in negativo. Quando due dei pilastri dei bianconeri come Szczesny e Bremer incappano in una partita storta, verrebbe da chiedersi se non ci sia davvero fine allo sprofondo della Vecchia Signora. Il portierone sbaglia, il brasiliano talvolta sembra chiedersi cosa ci faccia in campo e lo stesso Gatti sembra impallidire ogni volta che Luvumbo, non Mbappé, sgomma sulla fascia. Danilo fa il suo dovere, come sempre, ma il fatto che sia quasi il migliore in campo dovrebbe far riflettere sul momento della Juve. Il centrocampo vive una partita decisamente sottotono: Cambiaso fatica a trovare inserimenti, Rabiot sonnecchia nel primo tempo per riprendersi nel finale mentre Locatelli sembra uno capitato lì per caso.

Juventus delusione Cagliari Juventus

Incomprensibile, poi, l’involuzione di Weah, annullato da Augello e lontanissimo da quanto fatto vedere ad inizio stagione. Se Alcaraz parte bene per essere progressivamente annullato dai sardi, il protagonista, nel bene e nel male, è Federico Chiesa: l’ex viola alterna troppi errori a due giocate che fanno la differenza, quella del gol annullato e della punizione che riapre la partita. Le uniche note davvero positive arrivano da Yildiz e Vlahovic: il turco è decisamente il più vivace, oltre ad avere il merito di mettere il cross che causa l’errore di Dossena mentre il serbo è in netta crescita ed è l’unico a sembrare sempre in grado di segnare. Eppure la sensazione è che, almeno in questo caso, il bicchiere sia da considerare mezzo vuoto. Il carattere dimostrato nel secondo tempo e la volontà di riaprire una partita chiusa sono commendevoli ma c’è voluta una grossa mano della Dea Bendata. Anche in versione super-offensiva, questa Juve non fa paura a nessuno. E questa è una responsabilità che non può che finire sulla scrivania di Max Allegri.

Napoli, non si salva nessuno (3)

Un finale di stagione così, da film dell’orrore, nessuno se lo aspettava davvero, a partire dagli stessi giocatori. Quello visto in campo al Castellani non era l’ombra del devastante Napoli di Spalletti ma una specie di parodia che non fa ridere davvero nessuno. Per darvi l’idea dell’allucinante deriva nella quale si sta avvitando l’undici di Calzona basta un dato: a parte l’incolpevole Meret, non si salva proprio nessuno. Non ho nemmeno bisogno di controllare gli appunti per dirvi che una roba del genere si vede rarissimamente, figuriamoci poi per una squadra con lo scudetto ancora cucito sul petto. Il panorama sfiora l’assurdo: che la difesa è il tallone d’Achille dell’ultimo Napoli lo sapevamo tutti ma la linea schierata ad Empoli sembrava impegnata in una corsa al ribasso. Errori tattici, disattenzioni, nervosismo e tanta, tanta sofferenza.

Di Lorenzo tifosi Empoli Napoli

La mediana partenopea, quella che faceva invidia alle grandi d’Europa, è un misto tra zero fantasia e troppi, troppi errori, dal volonteroso Anguissa all’addormentato Zielinski. Il trio d’attacco è quello che va più vicino alla sufficienza: se Politano prova a saltare l’uomo e dare varietà in avanti, è poco concreto. Kvaratskhelia non è più esplosivo come una volta ma riesce ogni tanto a far ricordare di cosa è capace. Frustrante, invece, Victor Osimhen: contro un Empoli spiritato, vorrebbe spaccare il mondo, continuando a provarci con cocciutaggine anche quando non funziona niente.

Se lo scopo di questo finale orribile di stagione è di abituare la tifoseria all’idea di addii pesanti, direi che ci siamo quasi. Il primo ad essere contento di lasciare la Campania sarà sicuramente Francesco Calzona: ogni partita in panchina non fa che danneggiare la sua reputazione. Meglio salutare e ripartire altrove.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica