Contingente italiano in Sudan: vigilerà sugli accordi di pace

A Khartum i primi 60 militari. Ratificata ieri al Cairo l’intesa tra governo e ribelli del Sud

Emanuela Fontana

da Roma

Si chiama «operazione Nilo» ed è la prima presenza di un contingente italiano in Sudan. Proprio nel giorno della ratifica al Cairo dell’accordo di pace tra il governo nordista di Khartum e i ribelli cristiani e animisti del Sud sono arrivati i primi sessanta soldati che da luglio fino alla fine dell’anno saranno impegnati nel mantenimento della pace in uno dei Paesi più preoccupanti del continente africano. L’operazione è di puro peace keeping, viene precisato dallo Stato maggiore della Difesa, e consisterà nel presidio alle strutture dell’Onu nella capitale e in altre «aree sensibili» e nel mantenimento della scorta a «personaggi chiave» nel teatro sudanese. I soldati italiani dovranno essere in grado anche di mettere in campo una forma di difesa rapida in caso di eventuali minacce nella zona della capitale.
Il contingente sarà costituito da 222 uomini: i soldati arrivati ieri all’aeroporto internazionale della capitale con un volo C130 J dell’Aeronautica fanno parte del cosiddetto advance party, il nucleo avanzato della missione, che sarà operativa dal 1° luglio. Il contingente, denominato Leone, sarà composto da uomini del 183° reggimento paracadutisti nembo della Brigata Folgore di stanza a Pistoia e opererà all’interno della missione di pace Onu Unmis (United Nations mission in Sudan), creata per vigilare sulla pacificazione con i ribelli del sud. L’Italia, ammessa nel 2002 come Stato «osservatore» con Gran Bretagna, Stati Uniti e Norvegia, al processo di pace che era stato avviato a Machakos, in Kenya, era stata presente in Sudan fino a questo momento con una piccola rappresentanza dell’esercito. In questi tre anni si erano alternati sei ufficiali osservatori designati per la crisi in Darfur, un ufficiale osservatore e due ufficiali dell’esercito in collegamento diretto con l’Onu.
La task force Leone sarà comandata dal tenente colonnello Marco Tuzzolino: è composta da uno staff di comando, un’unità di manovra, due unità per la «protezione ravvicinata delle autorità», tre nuclei per il supporto al combattimento. Faranno parte del contingente anche un nucleo di carabinieri e tre nuclei tecnici: delle trasmissioni, sanitario e di supporto logistico. Il comando italiano gestirà anche un’unità sanitaria norvegese, composta da nove militari, e un plotone di trenta soldati della Danimarca: una «composizione del contingente internazionale - precisa lo Stato maggiore della Difesa - definita in modo da garantire il più alto livello di sicurezza al personale». Il coordinamento spetterà al capo di Stato maggiore, l’ammiraglio Gianpaolo di Paola, mentre il controllo operativo della missione italiana verrà gestito dal comandante della forza Onu in Sudan, il generale di divisione del Bangladesh Fazle Elahi Akbar.
L’Italia è già presente nel continente africano con cinque missioni. In Egitto la missione FMO consiste nel monitorare gli accordi di pace tra Il Cairo e Israele. In Etiopia ed Eritrea si trova un contingente dei carabinieri, in Libano ci sono circa 50 militari e 4 elicotteri di stanza a Naqoura, in Marocco opera invece la missione Minurso con cinque osservatori militari e infine una piccola rappresentanza è presente nella missione Unowa nell’Africa Occidentale. Il modello dell’operazione «Nilo» sarà la missione afghana, anche se il contingente in questo caso è formato da settecento uomini.


La missione Unmis dell’Onu in Sudan era stata approvata il 24 marzo scorso con la risoluzione 1590 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: diecimila caschi blu per vigilare sull’attuazione dell’accordo di pace firmato a gennaio tra il governo di Khartum e i ribelli del Sud. La missione italiana era stata approvata dal governo il 7 aprile e ritardata per motivi tecnici all’interno dell’Onu in queste settimane.

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