Se è nelle liti da cortile, o da talk show, che l'odio umano si esalta, è sui social che si sublima. È l'odio puro, assoluto, disinteressato, inutile e quindi perfetto.
È vero, quando uno non vuole, due non litigano. Ma se si è tanti in una stanza, meglio se virtuale, è naturale che scatti la rissa.
Il come e il perché lo spiega uno studio sulle conversazioni online pubblicato su Nature e coordinato da un team di ricercatori dell'Università La Sapienza di Roma che ha analizzato 500 milioni di commenti (!) pubblicati in 34 anni (!!) su otto piattaforme (!!!): Facebook, Gab, Reddit, Telegram, Twitter, Usenet, Voat e YouTube. Peccato non ci siano le chat delle mamme delle medie.
In ogni caso. Il risultato è che ci piace da matti litigare sui social. Sintetizzando: più si allarga la discussione, più si polarizzano le opinioni, più cresce la tossicità.
Io ti insulto, tu mi sputtani, egli ci trolla, noi vi banniamo, voi ci asfaltate, essi ritwittano.
Litigare sui social è gratuito, comodo, sicuro, vigliacco. Un po' sfogo delle frustrazioni, un po' atto di egotismo, un po' passatempo, è soprattutto una botta di adrenalina che ti fa uscire per mezz'ora dalla depressione. Altrimenti non si spiegherebbe perché tanti comici come Luca Bizzarri, Bottura o Tiziana Ferrario lo facciano così tanto.
Per litigare sui social serve professionalità, faziosità e saper parlare di tutto. Il governo fascista, il patriarcato, Gaza, due parole sul tennis e poi si può chiudere col clima.L'uomo, disse Aristotele, è un animale sociale. Quello che litiga sui social, un animale e basta.
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