Torniamo a riassaporare il gusto della libertà. Vigilata, anzi mascherata. In questa «Fase 2.1» dell'emergenza continuiamo a inseguire la chimera di essere Immuni. Ben sapendo che non basterà un'app a proteggerci, bensì un piano sanitario integrato e i nostri stessi comportamenti. I colossi Apple e Google, che viaggiano comunque più veloci delle carovane italiche tra politica e burocrazia, hanno già piantato nei nostri cellulari il seme di quello che ci aspetta. Il software che consentirà agli smartphone di «parlare» tra di loro per il tracciamento dei contagi da ieri è disponibile per essere scaricato. Ma nell'aggiornamento è compresa un'altra novità destinata a semplificare la vita degli italiani, alle prese con una nuova normalità fatta di dispositivi di protezione individuale non sempre confortevoli. Chi usa l'impronta per sbloccare telefono e tablet, avrà già scoperto da un pezzo che con i guanti l'operazione risulta impossibile. Beh, i cervelloni della Silicon Valley hanno finalmente ovviato a questo inconveniente: adesso il riconoscimento facciale sarà possibile indossando una mascherina. Insomma, dal «ti conosco mascherina» al ti riconosco anche con la mascherina, gli sviluppatori hanno centrato l'obiettivo. E sì, i sovranisti stiano sereni: vanno bene pure quelle con il Tricolore...
Strana parabola per l'accessorio più irrinunciabile che ci sia, must have della primavera-estate ai tempi del Covid-19. Raccomandato da scienziati e capi di governo, i veri influencer del dopo quarantena. Come appendice del volto, avrebbe dovuto camuffare i connotati e invece diventa naturale completamento della fisionomia. Nelle prime settimane della pandemia avevamo solo occhi per esprimere lacrime di dolore e sorrisi di speranza, sembravamo nomadi Tuareg nel Sahara delle metropoli in lockdown. Oggi siamo più consapevoli e proviamo a ripartire, ci riscopriamo cyborg di tessuto non tessuto, o come in un racconto visionario di Edgar Allan Poe, il nostro Ritratto ovale ci precede nella realtà quotidiana e in quella virtuale.
Forse ci siamo già abituati: in videoconferenza per una riunione di lavoro o per una lezione online, l'identità è uno zoom sparato sul viso. Il primo piano è l'ultimo avatar, sineddoche digitale che sostituisce tutto il nostro corpo nella comunicazione in Rete.
Mentre là fuori, per strada, non servono alibi o scuse: coperti o svelati a metà, in mascherina siamo obbligati lo stesso a metterci la faccia. Per affrontare il rischio «calcolato» e tornare a vivere la vita di prima, o quasi...
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