L'Italia, un Paese che ha inventato il melodramma perché incapace di scegliere fra serietà e leggerezza, è regina nell'arte di vivere una cosa ridicola come fosse una tragedia, e viceversa. Basta essere in due: una coppia di amanti, un servo e un padrone, un giovane e un vecchio. O due famiglie. Una aristocratica, l'altra popolana. Una intellettuale, l'altra burina. Una di destra, l'altra di sinistra. Si parte da Plauto, si passa dalla commedia dell'arte e si arriva ai Covelli e i Marchetti di Vacanze di Natale dei Vanzina e ai Molino e i Mezzalupi di Ferie d'agosto. È durante le feste che l'Italia delle maschere dà il meglio di sé.
E infatti è dall'Epifania che i Briatore e i Bonelli l'uomo di mondo di Cuneo e il politicone romano stanno a litiga'. Che meraviglia di farsa! (o di dramma, è uguale). Quello che vive a Londra e sverna ai Tropici che dà dello scappato di casa a uno che gli rinfaccia di non pagare le tasse e ha portato in Parlamento Soumahoro... «Tu vieni da me così ti insegno a lavorare». «Io vengo a lavorare da te ma tu ti metti in regola col fisco». Il difensore del diritto al lusso e l'imprenditore del Billionaire che si fanno i conti in tasca a vicenda...
E comunque, per gli italiani, politici o balneari che
siano, è sempre stato difficile scegliere fra lavorare tanto e pagare il giusto. Fare tutte e due le cose è troppo. Se l'Italia è un Paese sempre sull'orlo della peggior tragedia è proprio perché noi siamo i comici migliori.
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