Laura Rio
da Milano
Adesso la partita è propria chiusa. Con un altro colpo di teatro, Paolo Bonolis ha scelto il programma Matrix per dare l’addio definitivo a Serie A. Ieri sera tardi l’annuncio in diretta pronunciato sulla poltroncina dello studio di Enrico Mentana, già anticipato dai telegiornali, perché offeso dagli «insulti» ricevuti dai giornalisti durante la puntata di Controcampo. È l’atto finale di una vicenda cominciata a fine agosto quando Mediaset aveva pensato di aver fatto Bingo mischiando gol e intrattenimento, passata per liti e incomprensioni e sfociata nell’imbarazzante teatrino messo in piedi domenica in diretta televisiva. Con Bonolis che ha definito «er penombra» il responsabile dello sport Ettore Rognoni e la redazione giornalistica di Mediaset che ha risposto alzando ancora più i toni e parlando dello showman come di un uomo «accecato dalla troppa luce dei riflettori».
Bonolis dunque si è arreso (e si vuol prendere una pausa di riflessione). O meglio, i vertici di Mediaset hanno fatto una scelta di campo. Fino a domenica scorsa l’avevano sostenuto e avevano anche accettato le sue condizioni per mantenere la guida del programma. Ma dopo le sue esternazioni (non è mai successo a Mediaset che un artista attaccasse in diretta in quel modo un dirigente), l’azienda si è chiusa a difesa dei giornalisti. Certo il comportamento di entrambi i gruppi ha sconcertato i vertici, ma alla fine non si poteva certo rischiare lo sciopero della redazione e di conseguenza la sospensione dei programmi sportivi. In un comunicato, Mediaset, dopo aver preso domenica le distanze dalle dichiarazioni di Bonolis, stigmatizza le «espressioni formulate contro il conduttore» e sostiene di «aver confidato in buona fede che lo showman potesse condurre Serie A da Roma». Domenica sembrava che la partita contro l’anima giornalistica del programma l’avesse vinta Bonolis. L’azienda aveva accettato le sue condizioni di trasferire il programma a Roma e di avere piena autonomia sulla scelta degli ospiti. Ma non erano stati fatti i conti con la reazione durissima dei giornalisti, offesi perché dei cambiamenti hanno saputo solo durante la trasmissione. Ieri pomeriggio, i giornalisti riuniti in assemblea, aveva espresso chiaramente la loro posizione: o la trasmissione restava a Milano e sotto la direzione sportiva oppure si scioperava.
Ora il programma (si riparte tra due domeniche) subirà una profonda modifica e certamente somiglierà di più al tradizionale Novantesimo minuto della Rai con sollievo dei tifosi che invocavano più immagini delle partite e meno chiacchiere. La stellina della Vanali, dopo la faccia addolorata dell’altra sera (nel momento in cui Bonolis le ha detto che doveva trasferirsi a Roma), torna a splendere.
Meno brillante, a questo punto, è la posizione dello showman dentro l’azienda: arrivato come un re a Cologno, dopo solo due mesi si trova senza più trono. E, in futuro, tutto questo peserà.
Domenica non gli è neppure riuscito il giochino di alzare lo share di un programma il cui vero problema sono gli ascolti (la media di Serie A dal 28 agosto al 30 ottobre era del 23,1 per cento e non del 26 o 27 come detto da Bonolis in trasmissione) mantenendo la suspense fino all’ultimo. Lo stratagemma non è servito: lo show, come si vede nel grafico a fianco, ha avuto una media del 22,04 per cento, ben sotto la soglia (del 24 per cento) promessa da Publitalia agli investitori pubblicitari. Contro Bonolis ci si è messa pure la coppia Fiorello-Baudo che, in questa sorta di reality show inter-rete, ha continuato a giocare sul «lascia o non lascia». La parte finale di Domenica In - Ieri, oggi e domani su Raiuno ha strapazzato Serie A realizzando il 28,8 per cento di share.
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