L’arte della maldicenza in 2800 mosse

«Brutti fessi e cattivi» è un gustoso dizionario che enumera vizi pubblici e qualche... virtù privata

Ateo, bestemmiatore ma soprattutto acerrimo nemico degli apparati chiesastici e delle rispettive gerarchie, un tale aveva messo in pratica il sistema infallibile per offendere a morte la gente senza essere ripagato con la stessa o con altra moneta: rivolgendosi a chi gli stava sul piloro, urlava a squarciagola: «Papa!!!». Il destinatario del messaggio restava puntualmente interdetto, e il mittente, soddisfatto per lo sconcerto della vittima, scoppiava in una sonora risata. Un caso emblematico di maldicenza creativa. Ma mentre quel mangiapreti, come ricorda divertito un suo vecchio compagno di scuola, la passò sempre liscia, un altro ricercato stilista dell’offesa subì una punizione esemplare. Ebbe infatti la cattiva idea di esclamare, in un bar pieno di gente, e in pieno Ventennio: «Dio Mussolini!». All’immediata accusa di antifascismo, i difensori del poveretto ribatterono tentando di rivoltare la frittata, dicendo cioè che si trattava del massimo elogio possibile al capo supremo del fascismo. Ma il tribunale non ci cascò. Risultato: cinque anni di confino.
Questo secondo episodio è citato da Giordano Bruno Guerri nella prefazione a Brutti fessi e cattivi. Lessico della maldicenza italiana, di Giovanni Casalegno e Guido Goffi (Utet, pagg. 412, euro 25) e, come la geniale imprecazione del goliarda antipapista, rivela la filosofia che sostiene ogni invettiva o bestemmia. Che è sempre, in fondo, autoreferenziale. Chi offende, infatti, lo fa attribuendo al bersaglio un appellativo, un aggettivo, una professione, un’inclinazione che lui, cioè il latore dell’accusa, ritiene non soltanto infamante, ma anche contagioso come un virus letale. Il quadro offerto dal ricco dizionario, composto da 2800 voci per circa 8mila esempi d’uso, lo conferma, evidenziando alcune costanti. Anzitutto, maschilismo e «machismo». Fra le centinaia di lemmi dedicati alle donne, la stragrande maggioranza mette in evidenza i loro... facili costumi. La donna (madri, figlie e sorelle escluse) è puttana per definizione. Mentre l’uomo, in questa (pardon)... chiave è certamente collocabile in una fra le tante «caselle» che vanno dalla blanda effeminatezza all’eclatante pederastia. Una volta sistematasi la coscienza in tema di sesso, il maldicente può dedicarsi ad altre paure ataviche come avarizia, stupidità e vecchiaia. Il micragnoso, il babbeo, il matusa sono untori da bruciare sull’altare del proprio buon nome.
Io non sono come voi, tiene a far sapere l’Accusatore, io sono generoso, intelligente e giovane, oltre che virile ed esperto in fatto di donne. Né sono un pedante affettanuvoli fragile come un cialdino o un umile impiegatuccio gomitiunti, banderuola e versipelle. Voi, tristanzuoli esenpalle e debosciati, che quando non indulgete nel vizio dell’amanuense vi circondate di carampane ornitologhe e fellatrici, meritate tutto il mio disprezzo. Vostro figlio brasato dalla droga e l’erinni di vostra moglie (che se la intende con quell’inconcludente masticabrodo del dirimpettaio), sono balordi lavaceci buoni a nulla. Eccetera eccetera.


Scorrendo la bibliografia del dizionario troviamo tutti i nomi migliori della nostra letteratura, mica dei pidocchiosi imbrattacarte. Perché la maldicenza è arte, non l’inutile chiacchiera di insaponatori squasimodei.

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