«Wagner esiste ancora. E parlando di Prigozhin, non arriverei tanto in fretta a delle conclusioni». A 38 anni, Kyrylo Budanov porta i galloni di generale ed è il capo del Gur, l'intelligence militare ucraina. La sua responsabilità è quella di guidare la guerra segreta di Kiev contro l'invasore russo, e gli è costata dieci tentativi di assassinio (quelli conosciuti, poi ci sono quelli rimasti ignoti): nel più recente, un tentativo di avvelenamento per mezzo di metalli pesanti condotto in novembre, i danni peggiori li ha subiti sua moglie Marianna, che è sempre al suo fianco in questa vita pericolosissima. «Ma adesso sta meglio», taglia corto con il giornalista del Financial Times che è andato a intervistarlo in uno dei suoi rifugi alla periferia di Kiev, e al quale evita di confermare se il bersaglio dell'attentato fosse lui solo o entrambi.
Al giornalista inglese, Budanov ha detto molte cose interessanti, ma il tema Prigozhin merita particolare attenzione. È uno sguardo all'interno del mondo umbratile della comunicazione in tempo di guerra, del confine sempre incerto tra informazione e propaganda. Il fondatore della milizia mercenaria russa Wagner, che era stato uno degli uomini più vicini a Vladimir Putin fino a quando, nel giugno scorso, non si fece tentare dall'azzardo di un putsch militare finito male, è morto ufficialmente il 23 agosto in un incidente aereo. Sarebbe stato Nikolai Patrushev, braccio destro di Putin al vertice della sicurezza nazionale, a organizzare l'assassinio suo e dei principali responsabili di Wagner, facendo mettere un ordigno all'interno di un'ala del jet privato di Prigozhin poco prima della partenza da uno scalo moscovita per San Pietroburgo. L'esplosione in volo, i lunghissimi secondi della caduta a precipizio e il terribile schianto al suolo in aperta campagna seguito da incendio furono «casualmente» ripresi in un video poi diffuso in tutto il mondo. Budanov, però, sente è il caso di dirlo puzza di bruciato.
«Non sto dicendo che sia o non sia morto ha dichiarato nell'intervista -: dico che non abbiamo le prove che sia morto». Nessuno ha mai visto i resti di Prigozhin né quelli del capo militare della Wagner, il fanatico estremista di destra Dmitry Utkin dalla faccia patibolare che portava tatuati ai due lati del collo taurino i simboli delle SS naziste e nemmeno quelli delle altre sette persone che erano a bordo dell'aereo caduto: tutto è finito in brandelli inceneriti. Il Cremlino ha negato ogni coinvolgimento e, al termine di presunte lunghe indagini i cui risultati non sono mai stati pubblicati, il verdetto è stato di esplosione per cause forse volontarie.
Putin ha dichiarato con l'abituale sfacciataggine che «probabilmente la causa è stata una granata che Prigozhin e i suoi si erano portati a bordo». Prigozhin morto, insiste Budanov, non l'ha mai visto nessuno. Da quel 23 agosto neanche vivo, però, e in quel caso si è nascosto molto bene.
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