Prova di forza. Come con Suleimani

Chi ha colpito lo scienziato può arrivare ovunque. Messaggio a Biden

Prova di forza. Come con Suleimani

Quando Benjamin Netanyahu nel gennaio del 2018 presentò al pubblico stupefatto l'intero archivio iraniano che il Mossad era riuscito a sottrarre a Teheran, dimostrando con le sue 50mila pagine l'accanimento del Paese degli Ayatollah nel perseguire la bomba atomica che avrebbe «cancellato dalla mappa» Israele, dedicò una diapositiva al dottor Mohsen Fakhrizadeh. Ecco colui, disse, che fa tutto il disegno nucleare. E aggiunse dopo una breve pausa: «Ricordatevi questo nome: Amad Mohsen Fakhrizadeh». Chi se ne doveva ricordare, non ha mancato al compito. Così ieri a Teheran l'uomo che avrebbe dovuto essere uno dei più protetti del Paese, l'anima strategica dell'Iran komeinista, è stato eliminato. Era lui che aveva ordinato l'arricchimento dell'uranio più veloce in questi ultimi mesi tramite un nuovo sistema liquido, lui che aveva appena ricevuto il compito, stabilito da una nuova legge solo due giorni fa, di avviare una fase di maggiore attività tramite la costruzione di un nuovo reattore. Il disegno islamista iraniano sciita di soggiogare innanzitutto il Medio Oriente e poi, con pazienza e con l'atomica, tutto il mondo alla propria verità dottrinale, aveva in lui un leader modesto e durissimo, un sacerdote, come Kassem Suleimani: ambedue provenienti dalle fila delle Guardie della Rivoluzione, erano l'uno il generale che conduceva sul campo le truppe e gli alleati Hezbollah, Hamas, Houti, utilizzando la forza bruta e i missili balistici; l'altro, l'uomo che aveva celato e mostrato, cacciato l'IAEA per poi invitarla di nuovo, attrezzato Fordow e Natanz per compiti differenziati, segreti e letali negli anni. Sono stati ambedue eliminati, e la perdita anche di Fakhrizadeh è un colpo durissimo dopo quella di Suleimani; e questa è anche un'impresa beffarda e dimostrativa, dato che, come l'eliminazione del 15 novembre per mano israeliana su intenzione anche americana del capo di Al Qaeda Mohammed al Masri ospite a Teheran, è uno show di controllo del territorio iraniano che certo non tranquillizza Khamenai. Chi ha colpito, può arrivare dappertutto.

Chi ha ucciso il professore? Dall'Iran hanno avuto la condanna pronta: Israele. Ipotesi plausibile. Ma sono in tanti a volere fermare la prepotenza terrorista del regime degli Ayatollah; e i tempi dell'attentato, che certo è stato preparato a lungo, sembra tuttavia legato al momento politico. Trump lascerà presto la Casa Bianca. Con lui che aveva cancellato il patto di Obama con l'Iran del 2015 e ristabilito le sanzioni, era chiara la presa di posizione americana: no al nucleare. Con Biden, dal momento che il futuro presidente ha affermato di voler un nuovo accordo con gli Ayatollah anche se modificato, il futuro non è chiaro, e sia Israele sia svariati Paesi arabi sunniti, fra cui quelli coinvolti nel Patto di Abramo e l'Arabia Saudita che ha subito aggressioni feroci dall'Iran, hanno interesse a far capire a Biden che l'Iran non deve tornare a respirare liberamente, non deve pensare di potere tornare a turlupinare l'opinione pubblica dando fuoco all'intero Medio Oriente. L'Iran è anche all'attacco in Siria, in Iraq, in Yemen, è il padrone delle forze più minacciose sul terreno, e in questo momento anche amico della Turchia sunnita. Proprio all'inizio di questa settimana Netanyahu ha raggiunto con un volo notturno il principe della corona saudita Mohammed Bin Salman e il segretario di Stato americano Mike Pompeo. I tre forti oppositori del regime iraniano riuniti.

Gli iraniani avvertiranno che, coi loro tempi, si prenderanno una grande vendetta del loro «martire». Può essere. Ancora quella per Qassem Suleimani non si è vista.

Adesso poi, negli ultimi due mesi di Trump, i casi sono due: o il regime vuole giocarsi con un gesto estremo una reazione americana, oppure vuole mostrare una faccia urbana in attesa di capire le intenzioni di Biden. Tutto può succedere.

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