Scendono contagi (e tamponi). In terapia intensiva in 1.900

Ieri 29.907 casi, il 16,30 per cento dei 183.457 test fatti. In Lombardia 8.607 infetti e l'indice schizza al 21,7%

Scendono contagi (e tamponi). In terapia intensiva in 1.900

Una piccola pausa nella crescita continua dei contagi: ieri 29.907 nuovi casi, un po' meno dei 31.758 registrati sabato. Ma non è una buona notizia, semmai un'illusione: i tamponi, infatti, sono assai meno del giorno precedente (183.457 invece che 215.886) e questo fa salire molto l'indice di positività, calcolato paragonando i tamponi positivi rispetto a quelli effettuati, ieri pari al 16,30 per cento. I morti sono 208 (sabato erano stati 297), i positivi in terapia intensiva 1.939 (sabato 1.843, ovvero 96 in meno), gli attualmente positivi 378.129 (26.743 in più rispetto al giorno prima).

Dati preoccupanti ma che assumono una tinta ancora più sinistra se si allarga la prospettiva. Paragoniamo ad esempio i numeri di ieri a quelli di una settimana fa (domenica 25 ottobre) e di due settimane fa (domenica 18 ottobre). Ebbene rispetto a sette giorni fa i contagi sono aumentati del 40,59 per cento (erano 21.273) e rispetto a due settimane fa addirittura del 155,51 per cento (erano 11.705). L'indice di positività è aumentato del 24,04 per cento rispetto al 25 ottobre (quando era al 13,14 per cento) e del 104,01 per cento rispetto al 18 ottobre (quando era al 7,99). I positivi «in corso» sono aumentati del 70,14 per cento in una settimana (erano 222.241) e addirittura di tre volte rispetto a due settimane fa (quando erano 126.237). Le terapie intensive sono cresciute del 48,24 per cento in sette giorni (erano 1.308) e del 158,53 per cento in due settimane (erano 750). I morti sono passati dai 69 del 18 ottobre ai 128 del 25 ottobre ai 208 di ieri, triplicando letteralmente.

Insomma, le cose vanno a rotoli. Anche perché quello che ci siamo ripetuti per mesi (e che anche noi - lo ammettiamo - abbiamo scritto instancabilmente) e cioè che le cose stavano peggiorando ma i numeri di marzo e aprile erano altra cosa, non ha più senso. Il record di contagi della prima ondata era di 6.557 unità del 21 marzo, ed è quindi stato letteralmente spazzato via. I morti il 27 marzo furono 969, più di tre volte rispetto al record della seconda ondata, che sono i 297 di sabato, ma la progressione numerica non esclude che ci si possa avvicinare a quei dati da incubo. Così come le terapie intensive: siamo a poco meno della metà rispetto al record della prima ondata, i 4.068 posti occupati il 3 aprile, il punto di massimo stress del sistema ospedaliero. Non si può stare tranquilli. Impressionante anche il dato degli attuali positivi: ora sono 378.129 (praticamente radunandoli tutti si otterrebbe la popolazione dell'ottava città italiana, più abitata di Firenze) quando il massimo raggiunto nella prima ondata furono i 108.257 del 19 aprile. alla fine l'unico dato positivo è il numero di tamponi fatti: ora sono attorno ai 200mila al giorno mentre in primavera erano poche decine di migliaia.

Confronti impietosi. Così come i numeri delle regioni, che segnalano rischi molto diversi tra i vari territori. I numeri assoluti vedono la Lombardia nettamente in testa nel numero di contagi, 8.607 davanti ai 3.860 della Campania, ai 2.379 della Toscana, ai 2.351 del Lazio, ai 2.300 del Veneto, ai 2.024 del Piemonte. Lombardia in testa anche negli attualmente positivi (90.075 davanti alla Campania con 47.178), nelle terapie intensive (418 contro le 185 del Lazio) e nei decessi (54 davanti ai 19 del Lazio).

Ma il dato più probante è quello dell'indice di positività.

La Lombardia ha un dato elevatissimo, il 21,70 per cento (praticamente oltre un tampone su cinque è «rosso»), il più alto tra le grandi regioni e inferiore solo alle Marce, all'Umbria e alla Val d'Aosta. Sì, la Lombardia è davvero un inferno.

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