Living With Yourself: un po' Fight Club, un po' Il sesto giorno

Living With Yourself, serie tv con protagonista Paul Rudd, si guarda con piacere e porta sullo schermo uno degli attori più amati dal pubblico, qui in un duplice ruolo

Living With Yourself: un po' Fight Club, un po' Il sesto giorno

Living With Yourself è la prima serie tv con protagonista assoluto Paul Rudd, anzi con due Paul Rudd.

L’attore è già stato partecipe di serie tv in passato con Friends, Wet Hot Summer ed episodi di alti show televisivi, ma con Living With Yourself abbiamo la prima serie tv interamente costruita intorno a lui. Nel nuovo prodotto targato Netflix, l’attore si divide in due ruoli della stessa persona, per essere precisi parliamo di Miles Elliott e del suo clone.

Miles ha una vita che va a rotoli: al lavoro non rende più come un tempo, il rapporto con la moglie, causa anche la difficoltà di mettere su famiglia, è al limite della rottura e non ha nemmeno un bell’aspetto, trasandato e con il morale sotto terra. Insomma è vicino al tracollo. Un’esistenza che somiglia a quella del personaggio di Edward Norton in Fight Club e la soluzione per dare una svolta alla sua vita è molto simile.

Nel film di David Fincher il protagonista crea un alter ego, una versione immaginaria e migliore di sé. In Living With Yourself, invece, Miles Elliott viene indirizzato verso una strana clinica in un centro commerciale a cui si rivolge con l’intento di ristabilirsi, non certo di essere clonato. Una volta capito cosa gli è successo si trova costretto a dividere la sua vita con una persona identica a lui, e che, con il tempo, prende sempre più campo. Lo scontro principale tra i due Miles riguarderà la sfera sentimentale, ricordando così un altro racconto incentrato sulla duplice versione di una persona: Enemy, film di Denis Villeneuve con protagonista Jake Gyllenhaal e basato sul romanzo "L’uomo duplicato" di José Saramago, anche se qui, come in Fight Club, si tratta sempre di una versione immaginaria del soggetto, mentre in Living With Yourself “l’altro” esiste davvero. Del genere clonazione, invece, ottimo esempio cinematografico è Il sesto giorno, mentre l’ultimo in ordine di tempo è Gemini Man, film di Ang Lee, in questi giorni al cinema e con protagonista Will Smith, il quale però sembra non aver convinto pubblico e critica.

Tornando alla serie con Paul Rudd, Miles Elliott 2.0 non ha difetti, mancanza di diottrie o cicatrici, è anche molto sicuro di sé ed intelligente: in altre parole “la migliore versione possibile di Miles”. Ma avere un doppione che riassesta la tua vita, lasciandoti del tempo per ciò che più preferisci fare, ha anche dei risvolti negativi. Oltre a tutto questo c’è poi da considerare l’inevitabile questione morale e giuridica che emerge in relazione ai sentimenti e diritti del clone, argomento che sicuramente meritava maggiore spazio.

La serie si svolge con episodi inizialmente leggeri e poi sempre più impegnati man mano che i problemi saltano fuori. Le otto puntate, di circa 30 minuti ciascuna, si concludono senza particolare tensione, elemento tipico del binge watching, ma nonostante questo si prestano ad una visione continua. Il merito va dato soprattutto a Paul Rudd. L’attore, che da sempre è nel genere dei film comici, e che negli ultimi anni è diventato Ant-Man per la Marvel, è l’anima di Living With Yourself. Questo perché riesce a dare ad entrambi i ruoli profondità nei rispettivi problemi esistenziali, perfettamente calato in un ruolo drammatico, inusuale per lui, che diventa comico quando si vedono le assurde situazioni che si vengono a creare ed il diverso approccio di ciascuno dei due personaggi.

Il finale di

stagione è aperto e lascia intendere che avremo un secondo capitolo. E sarebbe anche un bene perché fa sempre piacere vedere Paul Rudd recitare in questi ruoli tragicomici, a maggior ragione se ci sono due versioni di lui.

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