“Questa birra non è uno Champagne”: la guerra francese alle contraffazioni ​

I francesi sono soliti ingaggiare battaglie per difendere dalle contraffazioni lo Champagne protetto dalla denominazione di origine. Il Comitato dello Champagne ha segnato una nuova vittoria contro un’azienda americana che definisce le sue birre in lattina “lo champagne delle birre”. Ecco come è andata

“Questa birra non è uno Champagne”: la guerra francese alle contraffazioni ​

Ci risiamo. É successo di nuovo. Hanno fatto arrabbiare il severo, potente e attivissimo Comité Champagne, che non ha esitato a muovere la sua macchina per difendere il marchio iconico simbolo della Francia: sua maestà lo Champagne.

Questa volta il colpevole è una nota azienda americana produttrice di birra rea di aver fatto stampare sulle sue lattine la scritta “ the Champagne of Beers”, “lo Champagne delle Birre”.

Un slogan che forse fa sorridere gli americani ma che qui in Europa e nella patria che ha dato i natali allo bollicine più famose al mondo viene preso molto sul serio e rappresenta un reato di contraffazione.

2352 lattine di birra sequestrate, dopo essere state intercettate al porto di Antwerp in Belgio.

Erano pronte per essere esportate in Germania ma non ce l’hanno fatta. La loro avventura è finita lì, poco lontano dal ritrovamento, nella sede dell’azienda Westlandia a Ypres.

Svuotate, schiacciate e distrutte una dopo l’altra.

Sul comunicato stampa datato 18 aprile 2023, emesso dal Comitato dello Champagne sul suo sito ufficiale si legge che “il destinatario della merce è stato informato della distruzione della merce illegale e non ha contestato la decisone”.

Sullo stesso documento sono riportate le dichiarazioni di Kristian Vanderwaeren, amministratore della dogana belga e delle accise, che spiega che l’agenzia compie migliaia di controlli all’anno e che il Comitato dello Champagne è parte attiva nella formazione delle squadre della dogana che vengono addestrate per riconoscere i falsi dagli originali. E aggiunge che : ”se accertiamo una contraffazione ci coordiniamo anche sulla decisione di distruggere la merce e sulle sue modalità ”.

Modalità che rispettano, secondo il comunicato emesso a Epernay “le preoccupazioni ambientali vigilando che tutto il lotto, contenuto e contenitore siano riciclati in maniera ecoresponsabile”.

Per Charles Goemaere, direttore generale del Comité Champagne “questa distruzione è il risultato di una riuscita collaborazione tra le autorità doganali belga e i servizio del Comité Champagne. E conferma l’importanza che l’Unione Europea conferisce alle denominazioni di origine e ricompensa la determinazione dei produttori di Champagne a proteggere la loro denominazione”.

Alla Miller, dall’altre parte dell’oceano, non ne sapevano nulla. Secondo un articolo del New York Times del 25 aprile un portavoce dell’azienda ha affermato che:" non si spiegano come siano arrivate in Belgio dato che la birra non viene esportata nella comunità europea”.

Dal loro sito americano appare che la dicitura che loro definiscono candidamente un “soprannome”, "lo champagne della birra in bottiglia” non sia una trovata recente ma risalga addirittura ai primi anni del ‘900.

Nelle pubblicità d’epoca i rimandi allo champagne e alla "bella vita” o "high life" sono espliciti.

Molson Coors Beverage che commercializza il brand, secondo il quotidiano The Guardian ha dichiarato che “rispetta le restrizioni locali dello Champagne ma si dichiara fiera della birra Miller High Life”.

E vorrebbe

concluderla con una pacca sulla spalla “a birra e tarallucci” : “Invitiamo i nostri amici in Europa negli Stati Uniti, in qualsiasi momento per brindare alla birra "High Life “ la bella vita ndr” insieme”.

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