Il Premio Hitler manda in bestia gli animalisti

Da Federfauna riconoscimento a chi difende cani e gatti intitolato al Führer che varò una legge per difenderli. Ma è una provocazione

Il Premio Hitler manda in bestia gli animalisti

Gli animalisti? Come i nazisti. E Federfauna li insignisce del premio Hitler. Un anno fa di questi tempi la Confederazione che riunisce allevatori, commercianti e detentori di animali l'aveva presentata come «un'iniziativa provocatoria», per uno scherzo del destino nata nella rossa Bologna. Obiettivo: «Riaffermare l'idea che gli animali, pur con i loro diritti, restano sempre funzionali all'uomo». Tesi abbinata al volto ed al nome del dittatore germanico, carnefice rigorosamente vegetariano che il 24 novembre del 1933 aveva varato una delle prime leggi a sfondo animalista, la Tierschutgesetz, ispiratagli dalla passione per i deutscher schäferhund, i cani da pastore tedesco. Travolto dalle polemiche, il premio «Adolf Hitler», «riservato a personalità distintesi nell'animalismo», sembrava destinato a un rapido tramonto. E invece no: due giorni fa Federfauna ed il suo presidente, Massimiliano Filippi, sono tornati alla carica fissando alla simbolica data del 24 novembre, proprio nella città delle due torri, la consegna del riconoscimento. «Durante la cerimonia verrà rivelato il nome del vincitore, al quale andrà una targa ricordo con l'immagine del Fuhrer che accarezza amorevolmente due caprioli sullo sfondo del campo di concentramento di Auschwitz, sovrastata dalla scritta «Animal Rights» corretta in «Animal Reich», si legge nel sito ufficiale della Confederazione, nel quale si precisa che «col vincitore verrà concordato il calendario di pranzi e cene a base di prodotti di origine animale che costituisce il resto del premio». In testa alla classifica (ma la graduatoria, radicata nel voto via mail di associati e semplici internauti, è da ritenersi ufficiosa) ci sarebbero l'ex sottosegretario Michela Brambilla ed il filosofo australiano Peter Singer, famoso per le sue teorie sulla negazione del consumo di carne e sulla liceità di aborto ed eutanasia. Più staccati i leader delle principali associazioni animaliste. Tra essi Gianluca Felicetti, numero uno della Lav, per nulla soddisfatto del risultato dell'equazione che lo accomuna ai nipotini del Fuhrer. «Sono contento che si divertano così: se non altro, si distrarranno dall'andare a caccia. Se invece sono alla ricerca di querele, sono sulla strada giusta», dice, senza glissare sul merito: «C'è chi ritiene che gli animali siano solo dei mezzi per soddisfare i propri bisogni. Noi pensiamo l'esatto contrario. I cambiamenti culturali al riguardo in atto ci confortano: continueremo ad impegnarci perché possano trovare accoglienza pure in sede legislativa». Sulla stessa lunghezza d'onda l'Enpa, che con la sua presidente Carla Rocchi striglia i federfaunisti col nerbo dell'ironia letteraria: «Questi signori hanno il diritto di vivere e di pensare, ma non di essere presi in considerazione. Se avessimo tempo da perdere, traendo spunto dalle novelle boccaccesche, potremmo organizzare per loro il premio Cacasenno». Serio e amaro, al contrario, il commento tutto politico del presidente dell'Anpi bolognese, Lino William Michelini: «Avevamo invitato Federfauna a recedere da un'iniziativa che rischia di marginalizzarla. La nostra protesta per l'utilizzo della figura di un sanguinario dittatore è rimasta inascoltata.

Restano le critiche per una vicenda incresciosa che coinvolge anche Bologna, medaglia d'oro della Resistenza». Adesso condannata a far da sfondo al premio dedicato all'uomo che tanto amava gli animali da chiamare i suoi nemici «suini» e «sporchi cani». Senza dubbio, un'animalista…

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