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Addio a Fernandez Ochoa sorprese i Thoeni e il mondo

Vinse l’oro olimpico in slalom a Sapporo nel ’72 davanti a Gustavo e Rolando. È rimasto l’unico trionfo iberico nella storia dello sci alpino

Rolly Marchi

La Spagna è in lutto perché ieri, a 56 anni, è mancato un suo eroe, Francisco Fernández Ochoa detto Paco. Nel 1972, con sorpresa del mondo intero aveva vinto la medaglia d’oro nello slalom alle Olimpiadi giapponesi di Sapporo. Noi italiani fummo ancora più sorpresi perché sul podio, di fianco a lui con riverente e sorridente rispetto c’erano i nostri Gustavo e Rolando Thoeni. Per la Spagna fu la prima medaglia nella storia olimpica del freddo e un’ondata di incredula gioia si diffuse istantaneamente in tutta la nazione e anche nell’uomo più elevato di tutti, Francisco Franco, che, assieme al futuro re Juan Carlos, dopo il successo lo chiamò addirittura al telefono per dirgli bravo. Vittoria assolutamente meritata: nella prima manche Paco fu primo con 1 secondo e 32 centesimi sul nostro Gustavo e poi seppe tener duro.
Lo rivedo ancora fare una capriola sulla neve e ridere come un ragazzo felice, perché ero lì e già lo conoscevo. A ripensarci un attimo credo che per la Spagna il suo trionfo fosse paragonabile a quella che era stata per noi la vittoria degli alpinisti Compagnoni e Lacedelli diciotto anni prima sul K2: fu così stupefacente che l’Italia intera trascorse la notte festeggiando fino all’alba. In Spagna, seppi, successe altrettanto. Juan Carlos lo ricevette al suo ritorno in patria e poi lui restò il faro degli sportivi in giallorosso. Vinse ancora una sola volta, in coppa del mondo, a Zakopane in Polonia e peraltro confermò la sua bravura con un bronzo l’anno dopo ai campionati del mondo di St. Moritz, dove a imporsi fu il nostro Gustavo.
La carriera agonistica di Paco fu relativamente breve ma lui restò nel mondo dello sci col cuore e col sangue, come commentatore alla Tv e poi come capo organizzatore dei campionati del mondo a Sierra Nevada nel 1996. A suo merito, o fatalità, va aggiunto che contagiò di passione la sorella Blanca, che seppe onorare il cognome della stirpe con una medaglia di bronzo ai Giochi olimpici di Albertville. Campioni di quel livello la Spagna non ne ha più avuti e lui, fino a ieri, restò fatalmente l’emblema più amato e spiritoso. Ne racconto una che mi riguarda. Un anno uno sciatore di eccellenza dinastica, Alfonso di Borbone, mi invitò a colazione a Madrid, città natale di Ochoa, scelse lui il menu e io gustai un piatto, convinto si trattasse di rognoni al forno. Dopo seppi che erano testicoli di toro. Raccontai il fatto a Paco e lui mi disse che mi avrebbe portato a mangiarli forse ancora più buoni. Accettai: il piatto desiderato era ottimo ma di piccole dimensioni. Lo dissi a Paco, lui meditò un attimo e poi sorridendo ribatté: «Caro Rolly, purtroppo non sempre muore il toro...». L’ho voluta raccontare per sottolineare la sua rapidità di riflessi e simpatia.
Non lo vidi lo scorso inverno ai Giochi di Torino, seppi che non stava bene, un tumore aveva colpito il suo sistema linfatico e non più di una settimana fa, le due Infante di Spagna e molte autorità hanno festeggiato Paco inaugurando un monumento a lui dedicato. Il fuoriclasse si presentò su una sedia a rotelle ma riuscì a sorridere grato e contento.

Una regale sensibilità aveva suggerito alle figlie del re il giusto momento per la cerimonia.

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