Cultura e Spettacoli

Aiuto, il Terzo Mondo resta senza donne E le compra su Internet

da New York

Immaginiamo gli Stati Uniti senza più donne. Senza più né madri, né sorelle o mogli. L’ipotesi è da fine del mondo, ma la verità è che, se i 163 milioni di donne americane ci sono ancora, lo stesso numero di donne, in Asia e nell’Europa dell’Est, non è mai nato. Gli aborti selettivi le hanno uccise. La statistica è da capogiro, ma l’autrice del nuovo saggio Unnatural Selection, l’olandese Mara Hvistendahl, corrispondente da Pechino del periodico Science, dice che lo sterminio è dovuto soprattutto all’ecografia, utilizzata, in molti Paesi del terzo mondo, per abortire. E adesso decenni di «selezioni» hanno scavato un solco sociale che sta per cambiare il mondo. «In Cina e India, dove non si vogliono figlie femmine, le donne superano comunque il 50 per cento della popolazione mondiale. In Azerbaijan, Vietnam, Corea del sud e Albania le donne cominciano a scarseggiare», dice la Hvistendahl.
«Mao aveva detto che le donne sostengono metà del cielo ma quando mi sono trasferita in Cina, e ho visitato asili nido e scuole piene di maschi, ho capito che quel cielo cominciava a vacillare». Dopo l’Asia, sottolinea l’autrice, sarà la volta dell’Europa: dall’Albania al Montenegro, all’ex Unione Sovietica. «Il problema è enorme. I nuovi scapoli non trovano mogli. Li chiamano surplus men e sono condannati ad una vita di solitudine». Fioriscono siti internet per comprarsi una moglie in Vietnam o nelle regioni povere di Cina e India: scapoli di Singapore, della Corea del sud e di Taiwan comprano ragazze vietnamite su siti come Vietnam J and N, Viet-bride match e altri. «Ma presto anche quel surplus finirà». Il dramma, dice la Hvistendahl, esploderà verso il 2020 in Cina e nel 2030 nell’Europa dell’Est, diventando un’epidemia al pari dell’Aids. In regioni come il Tamil Nadu, in India, nascono 126 maschi ogni 100 femmine. «La moda dell’aborto selettivo è scoppiata tra le classi alte che abortiscono alla clinica Apollo, nel centro di Delhi».
Ma quali sono le cause che di questo tsunami di «donne scomparse»? «Nel 1951 la Population Division delle Nazioni Unite aveva deciso che la popolazione del terzo mondo andava limitata. Quell’anno la fondazione Rockefeller, governata da un comitato internazionale di curatori, si era riunita a Williamsburg per risolvere il problema. E aveva offerto ai paesi poveri, insieme al Population council (che aveva le sue radici nel movimento dell’eugenetica) uno scambio allettante, poi messo in moto dal presidente Lyndon Johnson: cibo in cambio del controllo della popolazione. L’Asia aveva obbedito. Ribadendo l’assunto fondamentale, che la Terra non è infinita né come serbatoio di risorse, né come discarica di rifiuti, il Club di Roma, nel 1972, aveva pubblicato il «Rapporto sui limiti dello sviluppo». Erano gli anni della grande crisi petrolifera e dei mercati cerealicoli e si era assunto che tutte le coppie del mondo dovessero avere in media due figli. La Cina impose la politica del figlio unico e pochi anni dopo introdusse l’uso dell’ecogramma. C’era in ventre una bambina? Bastava eliminarla».
Risale a poche settimane fa il rapporto del World Health Organisation sul traffico delle donne e la Hvistendahl scrive: «Nel 2013 in Cina un uomo su cinque non troverà moglie e per i cinesi, che considerano lo scapolo un eterno bambino, il dramma è atroce». Quali le conseguenze? «La prostituzione che sale alle stelle, l’omosessualità, il mercato nero delle bambine e l’antica usanza della poliandria, in cui una ragazza, comprata, deve far da moglie anche ai fratelli del marito». L’autrice ammette che i servizi segreti americani sono preoccupati dalla valanga di testosterone che sta invadendo l’Asia dove gli scapoli rischiano di diventare violenti e di arruolarsi nell’esercito.

«Dal 1992 al 2004 in Cina la percentuale dei crimini si è raddoppiata e in India, tra il 2003 e il 2007, i rapimenti sono aumentati del 50 per cento, costringendo le autorità persino a riservare alcuni treni solo per le donne».

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