Le alici di menaica al sapore dell'antica Grecia

La tecnica di pesca è rimasta uguale e la qualità del pesce è speciale grazie ai metodi di salagione

Le alici di menaica al sapore dell'antica Grecia

Gabriele Villa

«Siamo rimasti pochissimi, una quindicina in tutto il Cilento, e se a Roma, al ministero, i nostri politici continueranno a non capire che la nostra è la vera pesca sostenibile e a perseguitarci con balzelli burocratici assurdi, per noi sarà il disastro». Vittorio Rambaldo, 56 anni è una sorta di baluardo. La bandiera della resistenza alle ottusità e alle difficoltà che da sempre sventola tra le onde di quel magico tratto di mare che si affaccia davanti a Marina di Pisciotta, in provincia di Salerno.

Fa il pescatore, Vittorio, e con la moglie Donatella Marino e la figlia Serena ha aperto nel 2001 un piccolo laboratorio per far conoscere le sue vere alici di menaica diventando così il presidio slow food che fa gola all'Europa. Certo bisognerebbe scoprire prima di tutto che cosa significa menaica. «Si chiamava originariamente menaide quella barca - ci spiega Rambaldo - che in passato solcava il Mediterraneo nei mesi primaverili, a pesca di alici. Montava appunto la menaica, una rete a maglia unica tramandata fin dai tempi dell'antica Grecia, che pian piano ha finito con l'identificare la barca stessa. Dopo aver servito generazioni di pescatori per secoli, qualche decennio fa, la menaica (tanto la barca quanto la rete) è stata semi abbandonata ma noi qui a Marina di Pisciotta resistiamo. Dobbiamo resistere». Veniamo quindi ai vostri primi passi «Nel 2001, per dare il via a un esperimento, ne abbiamo salate all'incirca 100 chili e cominciato la diffusione informativa di Slow Food sul prodotto e sulla pesca. L'anno dopo abbiamo deciso di partecipare al primo Salone del Gusto di Torino e, di conseguenza, anche al primo laboratorio del gusto. In questa prima occasione di confronto con altri produttori mondiali di alici sotto sale, le nostre alici di menaica si sono di fatto presentate al grande pubblico di esperti degustatori rivelando le loro eccezionali qualità. Ed è proprio sulla scia di quel primo successo che il nostro laboratorio è diventato una realtá. Nel 2010, con l'impegno di medici veterinari e la collaborazione dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, abbiamo varato uno studio sulle alici di menaica che le monitora e le analizza dal momento della pesca fino ad una stagionatura di 13 mesi.

Dalle analisi che, mese dopo mese, vengono eseguite, i veterinari hanno appurato che fino a 13 mesi di salagione le alici mantengono tutte le qualità organolettiche che risultano al momento della pesca. Tutto ciò perché l'assenza di sangue nei tessuti delle alici impedisce quella produzione di ossido che si avrebbe a contatto con il sale. Quindi le alici di menaica sono un prodotto unico nel loro genere».

Uniche? «Esattamente, le alici di menaica diventano tali solo sotto sale e non potranno mai avere un sapore amaro, né contenere istamina, fonte di mille allergie e, peggio, di intossicazioni, perché al momento della pesca vengono private del sangue». Vorremmo cercare di capirne ancor più senza però entrare in un film dell'orrore, per favore. «No nessun film dell'orrore ma solo un metodo di pesca che si tramanda da secoli, che hanno portato qui i greci e che si prende cura della salute del consumatore. In buona sostanza le alici appena pescate vengono scapate, cioè viene loro tolta le testa in modo che tutto il sangue fuoriesca e così, appena portate a riva, le nostre donne in laboratorio possono cominciare a lavorarle finendo la pulizia e a provvederne alla salagione. Dopodiché possono essere confezionate e spedite. Il loro sapore sarà delicatissimo, le loro proprietà inalterate, la salute del consumatore tutelata al meglio con un prodotto genuino» E la sostenibilità che caratterizza la loro pesca dove starebbe? «Gliela spiego subito: le alici di menaica si pescano in aprile, maggio e giugno, quindi solo per tre mesi, quando, tre,quattro miglia al largo del nostro mare, salgono in superficie a mangiare il plancton. Noi buttiamo le reti appena individuiamo il branco ma, al contrario di ciò che fanno i pescatori delle barche grandi che accerchiano l'intero branco e fanno quindi pesca di circuizione, noi andiamo a pescare solo il 10-15 per cento del branco e non andiamo a distruggere il patrimonio ittico. Peschiamo solo le alici più grandi, infatti e le nostre reti sono fatte in modo che i buchi piccoli siano sufficientemente larghi perché le alici più piccole possano uscire tranquillamente. I nostri avi ci hanno tramandato anche questa forma di rispetto verso il mare».

Pesca limitata a tre mesi, piccole quantità, sono pochissime quindi le alici di menaica che finiscono, quindi, nelle vostre reti. «In effetti i numeri non sono certo da capogiro ma il rispetto dei requisiti che ho esposto prima diventa per noi fondamentale. Tanto per darle un'idea nelle più fortunate notti, che sono rarissime, possiamo pescarne anche 100-150 chili, ma in media siamo sui 30-40 chili e ci sono anche uscite molto misere con una pesca anche solo di un chilo».

Scusi ma adesso che non pesca alici che cosa fa? «Continuo a pescare, ovvio, per esempio, in questo periodo i merluzzi, e poi do una mano in laboratorio nell'approvvigionamento del pesce perché con la modesta quantità di alici di menaica non riusciremmo ad andare avanti quindi prepariamo anche alici marinate e tonno sott'olio».

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