Al galoppo

Alduino Botti, il numero uno degli allenatori italiani di cavalli da corsa

La sua carriera di allenatore di cavalli è iniziata nel 1971. Oggi Alduino Botti si racconta con modestia e cordialità. Vi facciamo scoprire un uomo che ama da sempre i cavalli e la sua professione, e che nella sua carriera ha raggiunto risultati importanti

Alduino Botti con la moglie
Alduino Botti con la moglie

Il mondo del galoppo visto sempre più da vicino. Stavolta ho l’onore e il piacere di intervistare un protagonista assoluto, e non vi nego che un po’ di soggezione l’ho provata, un sentimento subito sopito grazie alla modestia e cordialità messa in campo da Alduino Botti che ha rotto il ghiaccio partendo dagli inizi della sua fantastica avventura.

"La mia carriera da allenatore è iniziata nel 1971 dopo la prematura scomparsa di mio padre e da quel giorno abbiamo vinto la classifica degli allenatori per 49 volte e che posso aggiungere, i bilanci si fanno alla fine e noi non siamo ancora arrivati al traguardo. Tantissime sono state le soddisfazioni mescolate anche a qualche delusione perché così è il percorso della vita".

Tutte le persone con cui ho parlato affermano che lei riesce a capire le potenzialità di un cavallo a prima vista, è un dono oppure lavoro/esperienza?
"Sono nato in mezzo ai cavalli da corsa e se le dico che so fare solo questo mi creda, ma non sono 'nato imparato', non basta stare in mezzo agli animali per capirne i segreti. Nel mio piccolo ho fatto tanta gavetta in giro per il mondo, c'è sempre qualche cosa da imparare ed ogni luogo o persona può darti qualcosa. Osservare i lavori di cavalli del calibro di Sirlad allenato da Gaetano Benetti o altri importantissimi soggetti è stato molto importantre tanto che mi domandavo: “Ma io un cavallo come Sirlad, potrò mai allenarlo?” Non mi stancavo mai di osservare, poi il duro lavoro si intreccia con il talento che uno possiede, l’esperienza e un pizzico di fortuna, del resto la nostra prestazione spesso si conclude in foto dove si vince o si perde per una questione di centimetri".

Alduino Botti con Pio Bruni
Alduino Botti con Pio Bruni

Non tutti sanno che lei è stato anche un super allievo fantino, ci può raccontare quel periodo?
"Da fantino non sarei andato avanti per molto perché facevo fatica a stare nel peso e già mio padre mi diceva che non sarebbe stato un problema perché in scuderia c’era tanto da fare e la carriera da allenatore era una gran bella professione. Da Allievo mi sono tolto grandi soddisfazioni vincendo il Premio Parioli al tempo GR1, con Over della Razza Novella ed il Gran criterium altro GR1 con Amynthas, poi terzo nel derby. Purtroppo è successo quello che non doveva succedere e la mia carriera di fantino è terminata lasciando strada a quella di allenatore. Con la prematura morte di mio padre i proprietari del momento credettero in me e mio fratello lasciandoci i cavalli in allenamento e dopo due anni abbiamo vinto la prima classifica dedicata agli allenatori. Da quel lontano 1973 sono passati oltre 50 anni e siamo sempre qui.

Chiederle quale sia il cavallo più importante o nel suo cuore è pressoché impossibile, visto che vince incessantemente da sempre e sfogliando gli albi d’oro ce ne sono a decine, ma chiederle quale è il cavallo in cui ha sperato ma poi l’ha delusa potrebbe essere interessante perché anche i numeri uno qualche volta non centrano il bersaglio…
"In verità a questa domanda non so risponderle, perché al pari di molti campioni abbiamo avuto la fortuna di avere in scuderia tanti altri buoni cavalli che sembravano destinati a carriere importanti, anche in questo caso l’elenco sarebbe significativo ma ha poco senso farlo, le garantisco che anche io sbaglio e quando si sbaglia ci facciamo tante domande per non reiterate l’errore, è bravo chi riesce a correggersi e non commetterlo nuovamente. Ricordo volentieri cavalli come Val d’erica, Miss gris, My top vincitore del derby del centenario, Full drago che da semplice cavallo da corsa è diventato campione".

Alduino Botti al lavoro
Alduino Botti al lavoro

E Martino Alonso?
"Un cavallo con mezzi eccezionali ma molto caratteriale, un turbo che però quando raggiungeva gli avversari aveva difficoltà a sorpassarli. Lo mettemmo a fare lo stallone e ha fatto faville, il suo miglior prodotto è stato un certo Ramonti, ma insieme a lui ce ne sono stati tanti altri".

Stefano sta dimostrando di essere un grande allenatore, il centro di allenamento a Cenaia nella provincia di Pisa è eccezionale, il figlio supererà il maestro?
"Mio figlio Stefano è molto bravo e meticoloso, come me è dedicato totalmente a questa professione, tutti i giorni e convintamente. Pensi che se fa 3 o 4 giorni di ferie in un anno è grasso che cola. Nel centro di allenamento di Cenaia ha trovato un’ottima dimensione e se si pensa che il luogo è diventato quel che è un po’ per caso, possiamo solo che esserne soddisfatti. Pezzo dopo pezzo il centro si è allargato e adesso con la pista in salita siamo arrivati ad un discreto livello, Stefano ci ha preso l’occhio e quindi siamo contenti. Doveva essere un piccolo centro di smistamento di puledri dopo la doma ed è diventato il nostro fiore all’occhiello. Tornando a mio figlio, credo molto nelle sue potenzialità e nel suo lavoro, l’ippica che sta vivendo lui da protagonista è oggettivamente diversa da quella che ho vissuto io, molto è cambiato; comunque, e non lo dico da padre ma da addetto ai lavori, può sorpassarmi".

Si parla sempre di uomini, la vostra famiglia è composta da maschi. Ho scritto un libro che dimostra che se le femmine corrono, corrono più forte dei maschi… e senza un’ottima fattrice, non esiste il campione. Quanto è stato importante il ruolo di sua madre e di sua moglie?
"Se mio padre è stato un gran fantino ed allenatore, mia madre era sorella di Giannino Miliani, i primi cavalli che ho montato erano quelli di mio zio. Con la morte di mio padre, la mamma ha dovuto farci da mamma e da papà e lo ha fatto bene, a 46 anni non è facile trovarsi soli e con una famiglia da portare avanti. Ci ha cresciuto nel modo migliore che potesse fare. Mia moglie è una grande donna, sopportarmi non è cosa facile, è una grande madre e ha cresciuto Stefano e Marco in maniera impeccabile, insegnando ad entrambi lo spirito di sacrificio e la grinta necessaria per emergere. A conti fatti sono stato fortunato sia con la mamma che con la moglie. Sì, le femmine contano e anche parecchio".

Il futuro del galoppo italiano non è chiaro, la sua opinione in merito?
"Il bicchiere può esser visto mezzo pieno e/o mezzo vuoto, con tutta onestà le dico che in Italia tutto può cambiare in un batter d’occhio, le premesse di ripresa sembrano esserci, tornare agli anni ’90 non sarà semplice. Adesso sono consigliere nel Cda dell’Associazione nazionale degli allevatori di galoppo (ANAC), le riunioni sono assidue e la volontà c’è, certo non dipende solo da noi. Come allevatore ho tantissime fattrici, il desiderio è di farle figliare ma la realtà, almeno per ora ci consiglia il contrario. Amo i cavalli ma la loro gestione è complicata e costosa, come le ho detto all’inizio, vivo da sempre con questo animale e perdere tutta la nostra conoscenza e tradizione dispiacerebbe parecchio".

Un commento sui partenti della Prima a San Siro?

"Come ho appena detto, qualcosa si muove, 7 corse 83 partenti, con un Premio Apertura dove sono addirittura 20… 5 corse per i tre anni con una speranza sempre nel cuore, che si possa ammirare il nuovo campione…perché il nostro galoppo ha bisogno proprio di questo".


Anche oggi ho avuto il piacere di dialogare con una persona che ha fatto della sua professione una ragione di vita e che con molta umiltà prova ogni giorno a renderla migliore.

A Sir Alduino Botti, perché così sarebbe chiamato nella patria del cavallo da corsa, noi nel nostro piccolo possiamo solo dire grazie.

I fratelli Botti
Il giovane Alduino Botti

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