Anche un autore giapponese firma la versione cartoon di «Padre Pio»

Poca retorica e narrazione efficace nel lungometraggio per bambini e adulti dedicato al santo di Pietrelcina

Cinzia Romani

da Roma

Un pastorello disegna nella polvere due agnelli, che brucano nel recinto, tracciato col bastoncino di legno. E poi incide una croce, quella di Cristo, promettendosi a Dio per sempre. Comincia così Padre Pio, il delizioso film d’animazione di Orlando Corradi e Jang Chol Su (da venerdì nelle sale), dedicato al pubblico dei bambini e dei grandi. Perché questo lungometraggio, disegnato da Marco e Gi Pagot, ideatori di personaggi grafici notissimi come Calimero e consulenti degli americani Hanna&Barbera (quelli dell’Orso Yogi), nasce per i più piccoli. Ma in ottantotto minuti condensa assai bene, ad uso pure di adulti, magari ignari di santi e di miracoli, la complessa vita di Francesco da Pietrelcina, il frate eletto che si dedicò a chiunque avesse una ferita nel corpo e, più ancora, nell’anima.
Intriso di colori caldi, che svariano dall’arancione dei tramonti sul Gargano, terra natìa del francescano, e dal verde tenero dei pascoli garganici, alle cromìe grigio metallizzate delle apparizioni notturne del Demonio, col quale, in vita, Padre Pio combattè terribili battaglie, il film attrae visivamente. Bisogna vedere con quanta delicata incisività i registi, quello italiano anche fondatore di Mondo Tv, la seconda azienda italiana quotata nel settore dei media (dopo Mediaset), e quello asiatico, maestro dei cartoon in Giappone, ritraggono Satana, stando attenti a non spaventare i più piccoli. In Padre Pio, però, prevalgono le dolcezze d’una narrazione asciutta, da libro di scuola elementare volto più a far capire la vita di un sacerdote, apparentemente burbero ma di fatto prodigo di sé con i reietti e i poveri, che non a evocare aure di santità. Quanto al profumo di violette, che Pio da Pietrelcina emanava davvero (il famoso «odore di santità»), lo sceneggiatore Luciano Scaffa affida alla curiosità di un bambino la risposta a uno dei tanti quesiti inspiegabili. Senza alcuna retorica, il cartone animato, sagacemente scandito dalle date più importanti del percorso umano e spirituale di Padre Pio, mostra anche i dubbi della Chiesa e le perplessità, al tempo, dei suoi uomini eminenti, pronti a esiliare il frate ad Ancona.
E se già sant’Agostino invitava a parlare con i più piccini come con gli adulti, senza fronzoli, dunque, ecco applicato alla lettera tale precetto. Così lo spettatore impara come fu edificata, a San Giovanni Rotondo, «La casa della sofferenza», un ospedale che, a detta del santo di Pietrelcina, fu commissionato da Gesù stesso. Un’opera divenuta mastodontica, ma che egli considerava un rifugio per gli ammalati e i poveri.


Quel che più conta, però, è che alla platea junior venga fornito un prodotto alternativo ai soliti cartoon americani, lardellati di effetti speciali. In poco più di un’ora e mezzo s’impara, si ride, ci si commuove, rimanendo coi piedi per terra, eppure volando alto, senza frastuono, lungo un racconto d’iniziazione.

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