Roma

Arlena di Castro, il minuscolo paese dalle tante chiese

Renato Mastronardi

Sulla carta topografica Arlena di Castro è poco più di una capocchia di spillo. Infatti, è uno dei più piccoli centri del Viterbese, situato in un territorio ricco di cave di pomice, che insiste e si allarga tra Tuscania e il lago di Bolsena. Il paese si raggiunge facilmente da Tuscania (distante appena sei chilometri). Intanto, il nome: dopo l’arrivo da Allerona di un gruppo di famiglie allo scopo di ripopolare la zona arlenese, gli esuli imposero una forma contratta del nome del loro paese d’origine, da cui derivò Arlena. Quanto alla specificazione «di Castro», Arlena sin dal 1537 tenne al ducato di Castro e Ronciglione, voluto da papa Paolo III Farnese per il figlio Pierluigi. C’è ancora da dire che, nel 1782, Paolo vi concesse il feudo in enfiteusi al conte Alessandro Cardelli e, nel 1808, la Camera Apostolica lo vendette al principe polacco Poniatowski. Si concludeva così la storia di Arlena che si trova citata per la prima volta con il nome di Arnena in una pergamena del secolo IX e, successivamente, in una bolla di papa Alessandro IV (1252) con la quale «terras et vineas in Arnena» vennero affidate alle monache di Santa Chiara.
Da vedere. Di Arlena colpiscono non grandi monumenti ma le chiese: troppe per un centro così piccolo. Ma tutte di indiscusso interesse artistico e culturale. Oltre alla Collegiata, rifatta nel 1680 e successivamente restaurata con indubbia capacità non solo calligrafica, non si può trascurare la chiesa più antica di San Rocco, risalente al XVI secolo, che è piccola e modesta, ma ancora oggi molto frequentata dagli arlenesi. Nella Collegiata, si ammirano due tele di scuola settecentesca: la Madonna del Rosario con i quindici Misteri e la Santissima Trinità con la Vergine, San Giuseppe e le Anime del Purgatorio. Nella Cappella del Santo Sepolcro, sottostante la chiesa, resistono all’usura del tempo e all’incuria degli uomini, tracce di affreschi che si attribuiscono al pennello di maestranze locali operanti nel XVII secolo. Nella Chiesetta di San Rocco, una volta campestre ma oggi inglobata nel centro urbano, si conservano una statuetta del Santo (XVII secolo) di buona fattura, alcuni affreschi risalenti al Seicento e un pregevole altare con un’Ultima Cena opera contemporanea di Mario Vinci, un artista cui si devono anche il disegno dell’ambone e il complesso dell’abside.
Da mangiare, da bere. L’economia di Arlena si basa soprattutto sull’agricoltura che, infatti, si affida alla coltivazione intensiva degli ortaggi. Tuttavia e per fortuna c’è di più: l’ottimo olio di oliva. E, a questo proposito, occorre ricordare che l’extravergine è ottenuto utilizzando il frantoio alla maniera più antica: con la macina, le fiscole, la pigiatrice e la centrifuga. Di tali frantoi ce ne è ancora uno che,quando è la stagione, molina pasta di olive a tutto spiano. Da qui anche la peculiarità di una cucina che mai si stacca dalla genuinità dei prodotti dell’orto e della campagna e dai pesci del vicinissimo lago di Bolsena.

I vini, se non tutti eccellenti come quelli di Gradoli, sono quasi sempre accettabili.

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