Controcultura

Le armi sparite, l'ombra della mafia e la statua venduta

Sappiamo da un esperto che i Bronzi potrebbero essere Eteocle e Polinice, figli di Edipo re di Tebe e fratelli di Antigone.

Le armi sparite,  l'ombra della mafia e la statua venduta

Sappiamo da un esperto che i Bronzi potrebbero essere Eteocle e Polinice, figli di Edipo re di Tebe e fratelli di Antigone. Sappiamo che le loro statue potrebbero essere state esposte a Roma fino al IV secolo dopo Cristo per raffigurare la leggenda dei Sette a Tebe. Sappiamo che sarebbero state esposte l'una di fronte all'altra prima del loro duello mortale, ai lati di un gruppo che vedeva al centro della scena la loro madre Euryganeia-Giocasta, inginocchiata con le braccia allargate mentre cerca di convincerli invano a non combattere. Il mistero sui Bronzi inizia da qui. Se il professor Daniele Castrizio ha ragione ci sono dunque almeno altre tre statue, la madre Giocasta o Euryganeia a seconda delle versioni, Antigone sicuramente e Tiresia, o forse cinque. Sarebbero state tutte nel carico partito nel V secolo d.C. per scelta di Costantino da Roma e diretto in Turchia, a Costantinopoli. Ma sappiamo anche che le statue in origine avevano elmi, scudi e lance. Che fine hanno fatto i pezzi del loro corredo, di cui parla l'ispettore ministeriale Pietro Giovanni Guzzo nella sua relazione per confermare il ritrovamento, come sostiene da anni lo studioso di archeologia Giuseppe Braghò?

Quando il sub Stefano Mariottini deve descrivere ciò che ha trovato all'allora Sovrintendente Giuseppe Foto, avvisato telefonicamente della scoperta alle 21 del 16 agosto 1972, parla di «un gruppo di statue», descrive nel dettaglio anche uno scudo sul braccio sinistro, mai ritrovato, e dice che una delle due «ha le braccia aperte». Come Giocasta. Della vicenda qualche anno fa si era occupata la Iena Antonino Monteleone. Dalle sue inchieste televisive erano venute fuori molte verità finora nascoste. La prima: anche un gruppo di quattro ragazzini del luogo aveva trovato «un cavaliere romano», dunque Mariottini non era il solo né forse il primo ad aver scoperto i Bronzi, ma è stato lui a incassare i 125 milioni del premio. I testimoni del tempo ricordarono allo show di Italia Uno ripetuti tentativi di trascinare via qualcosa di pesante dal fondo del mare da parte di una barca a motore proprio nei giorni del ritrovamento. Uno scudo e una lancia sarebbero stati portati via dalla spiaggia da alcune persone, a circa 700 metri dal punto dove furono tirate su le due statue. Le Iene intervistarono anche un uomo che disse di avere trafugato e venduto al Getty Museum di Malibù uno degli elmi sottratti alle celebri statue per 23mila dollari, dopo una trattativa al ristorante romano La Parolaccia (all'epoca gestito da un italoamericano) con Jiri Frel, archeologo che tra il 1973 e il 1986 è stato curatore proprio del Paul Getty Museum. Dell'elmo ci sarebbe anche una foto, che l'uomo non è riuscito a mostrare. Un altro testimone oculare del tempo sostiene che la terza statua c'era: «A Roma ce n'era un'altra, veniva da Riace, era una statua che avevano portato su i calabresi... Una cosa bella, di bronzo... so che se la sono venduta», disse a Monteleone. Verità o millanterie? C'entra qualcosa la solita 'ndrangheta? La storia dei Bronzi è ancora tutta da riscrivere, se qualcuno al ministero avesse voglia di occuparsene davvero.

D'altronde, vedere ministri dei Beni Culturali dai Bronzi è un evento raro.

Dario Franceschini che è ministro da sei anni ci è andato una volta con Matteo Renzi, Massimo Bray idem, Giovanna Melandri voleva fare due cloni da mandare alle Olimpiadi di Atene ma non li ha mai visti, ed è in ottima compagnia. Il progetto di portare le copie a spasso, peraltro, è stato sventato dopo la scoperta e l'inchiesta del sottoscritto nell'estate del 1998 sul settimanale Le Calabrie, diretto da Franco Albanese

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