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Anche Augias si iscrive al partito di Fazio: via dalla Rai con insulti

Augias come Fazio: lascia la Rai polemizzando, ma senza che nessuno lo abbia cacciato. Solo pochi mesi fa, il giornalista aveva assicurato di voler restare per le "ampie garanzie" di libertà dai vertici di Viale Mazzini

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Fino a pochi mesi fa, adulava la Rai. Ora invece se ne va sbattendo la porta, con tanto di rimostranze anti-governative e con un nuovo contratto pronto ad attenderlo altrove. Il "metodo" utilizzato da Fabio Fazio ha fatto proseliti e stavolta ad adottarlo è stato Corrado Augias. L'88enne conduttore tv ha infatti annunciato il proprio addio all'emittente di Viale Mazzini e il conseguente passaggio a La7, dove dal 4 dicembre prossimo presenterà un programma di prima serata. Titolo: La torre di Babele. Proprio come l'ex collega di Rai3, anche l'intellettuale romano ha levato le tende dal servizio pubblico con frecciatine all'azienda e riferimenti (in questo caso espliciti) al governo. "Volevano demolire la Rai dei comunisti; stanno semplicemente demolendo la Rai", ha attaccato.

Con un'intervista al Corriere e un articolo su Repubblica, Augias ha comunicato il proprio strappo con l'emittente che lo aveva ospitato per oltre 60 anni. "Nessuno mi ha cacciato e nessuno mi ha trattenuto", ha spiegato. Le stesse precisazioni che Fazio aveva fatto annunciando il proprio passaggio a Discovery. "A 88 anni e mezzo devo lavorare in posti e con persone che mi piacciono; e questa Rai non mi piace. Perché non amo l'improvvisazione. E in Rai oggi vedo troppa improvvisazione, oltre a troppi favoritismi", ha lamentato il conduttore. Peccato che, solo pochi mesi fa, lo stesso Corrado aveva parlato dell'azienda di Viale Mazzini in ben altri termini. "Resto perché la Rai fa servizio pubblico, appartiene agli italiani, non al governo, ho avuto dai massimi dirigenti ampie garanzie di poter liberamente continuare il mio lavoro. Non c'è motivo di abbandonare", aveva osservato, assicurando di volersi aggiungere al partito dei transfughi televisivi.

Ora invece i toni sono quelli della contestazione politica. Su Repubblica, infatti, Augias se l'è presa direttamente con il governo, che - ha scritto - "sul piano generale si è dimostrato approssimativo e incompetente ha prodotto il massimo d'efficienza nella progressiva distruzione della Radiotelevisione Italiana". Addirittura. E ancora, il giornalista ha attaccato la nuova Rai parlando di "dilettantismo, scelte improvvide, presunzione che una pedina valga l'altra, inconsapevolezza che l'efficacia televisiva è una delicata miscela di professionalità e congruenza con l'argomento". Poi, l'ulteriore piazzata sull'egemonia culturale.

"Dietro lo sconquasso s'intravede infatti un disegno, lo stesso che trapela da alcune decisioni del governo: cambiare la narrazione di fondo che ha retto la Repubblica dal 1948 (data di nascita della Costituzione)", ha proseguito Auguias, secondo i quale sarebbe addirittura in corso un tentativo di "riscrittura della storia". Questo compito - ha scandito il giornalista - "è affidato, e ancora più lo sarà tra qualche mese, alla Rai". Tutte queste elucubrazioni, tuttavia, si sgretolano di fronte al fatto che nessuno avesse messo in discussione il ruolo e la professionalità dello stesso Augias, che infatti nei mesi scorsi aveva parlato di "ampie garanzie" di libertà ricevute dai vertici di Viale Mazzini. Lo stesso giornalista ha precisato di non essere stato sfrattato, dunque le sue accuse appaiono quantomeno evanescenti.

Lo stesso era capitato con Fazio, che aveva lasciato la Rai dichiarandosi un uomo "non adatto a tutte le stagioni". Peccato che nessuno volesse cacciarlo e che anzi il suo programma fosse stato confermato nei palinsesti, come asssicurato dall'Ad Roberto Sergio.

Adesso a far discutere è l'addio di Augias, che tuttavia non appare così estemporaneo né traumatico: il giornalista ha già preso accordi con La7 e, come spiegato dal direttore di rete Andrea Salerno, ha già iniziato le rinunioni per la sua nuova trasmissione.

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