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L'ultima battaglia "rosa" sulle tette: cosa sbagliano le femministe

Un pamphlet si scaglia contro l'esaltazione dell'allattamento al seno. Ma scorda che le linee guida ci sono per un motivo

L'ultima battaglia "rosa" sulle tette: cosa sbagliano le femministe

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Otto mesi e spiccioli. È dal 28 febbraio, quando per la prima volta ho incrociato gli occhietti della mia bimba, che allatto. Sono stata fortunata: nel corso preparto seguito in gravidanza, mi avevano spiegato bene gioie e dolori di un processo naturale, ma complesso e sicuramente non facile all'inizio. Per come sono fatta, non volevo aver a che fare con sterilizzatori, polvere, acqua da riscaldare, thermos e aggeggi da portarmi dietro nelle uscite e ho voluto provare ad allattare. Così, nonostante le ragadi e il poco sostegno in ospedale, grazie all'ostetrica che mi ha seguito fin dalle dimissioni, l'allattamento al seno si è avviato nel migliore dei modi.

In questi otto mesi da mamma ne ho viste e sentite di tutti i colori. Sono arrivata alla maternità dopo i quarant'anni. Una maternità cercata per anni. Anni in cui mi sono informata e formata, rifacendomi - per quanto i miei studi classici permettono - alla scienza, alle linee guida, a chi ne sa più di me. Ma sono stata fortunata, dicevo. Sono stata indirizzata verso un'associazione che non fa della naturalità della maternità una battaglia ideologica. Quando ho detto che avrei fatto un cesareo programmato su consiglio del mio ginecologo mi sono sentita rispondere: "Non sarai meno madre per questo". Non è sempre così. Nei gruppi Facebook, nelle pagine Instagram è pieno di ostetriche - o ancora peggio di "doule", figura nemmeno sanitaria - che professano il parto in casa, demonizzano l'epidurale e persino le profilassi ai neonati. Ed esaltano un'immagine della partoriente che può tutto, in connessione con un femminino sacro che dimentica le morti o anche solo le conseguenze devastanti sulle donne fino a pochi decenni fa.

Tutto vero. Del resto la gravidanza è un evento incredibile, stravolge tutto. Poi nei primi mesi dopo il parto ci si ritrova spaesate, con deprivazione del sonno - altro ambito in cui le sedicenti consulenti sguazzano -, spesso sole con un neonato senza parlare per intere giornate con un adulto. È alienante, è innegabile. E non è facile - a volte impossibile - restare razionali e non cedere a chi ti dice che le nostre antenate partorivano nelle caverne e allattavano per anni.

Quindi, ha ragione Assia Neuman Dayan nel suo pamphlet Lo dico da madre: nessuno può dirmi cosa fare con le mie tette. Nessuno può decidere se una donna deve o no allattare al seno. Nessuno deve fare pressioni perché venga offerto il latte formulato se non ci sono esigenze mediche (ma in tal caso ci sarà una prescrizione specifica da parte di un pediatra), instillando magari il dubbio che il latte materno non basti. È una scelta della famiglia - già, perché l'allattamento non è solo una questione materna -.

Eppure, le linee guida ci sono. Non sono leggi, seguirle è una libera scelta. Così come è una libera scelta dare o non dare le vitamine prescritte dopo la nascita; fare o non fare le vaccinazioni non obbligatorie; tenerli nella culla o farli dormire nel lettone. Ma sono raccomandazioni che non possono essere ignorate. Non è vero che un bambino non si ammalerà. Ma che nel latte materno passino anticorpi è innegabile. Così come il sonno di un bimbo così piccolo non è influenzato dal tipo di allattamento scelto. Eh già, perché anche che togliere il seno sia l'unico modo per evitare i risvegli è un mito.

Allattare al seno non è gratuito? È vero, costa fatica - tanta -, ore ferme sul divano o nel letto, difficoltà a essere "sostituiti". Ma non è gratuito nemmeno il latte formulato. Giusta l'idea di un bonus per acquistarlo. Ma - al solito - la coperta è corta e l'idea di un bonus indifferenziato è un'utopia (e non solo in questo campo). Così è necessario scegliere tra chi un'alternativa ce l'ha e chi no.

Sono una privilegiata: faccio un mestiere che mi ha permesso di lavorare fino a tre giorni prima del parto e ho potuto godermi la bimba per quasi sette mesi senza grandi decurtazioni dello stipendio. È il motivo per cui la modalità di allattamento deve restare una libera scelta e non può trasformarsi in una battaglia femminista. Come se tutte quelle che scelgono di offrire il seno siano irretite dalle guru della Leche League.

Penso a mia madre, agli anni Ottanta in cui si diceva alle donne di allattare ogni tre ore. E - guarda caso - molte di loro oggi raccontano di non avere avuto abbastanza latte. Questo ritorno alla natura è figlio di quella cultura, le invasate dell'allattamento a ogni costo arrivano dopo un periodo in cui il biberon l'ha fatta da padrone. Gli estremismi fanno male. In primis ai nostri bimbi. Ripartiamo da qui. Puntando a un'informazione vera e capillare, senza fanatismi e senza negare gli studi scientifici. Lasciamo le famiglie libere di scegliere.

Ma ricordiamo che questa libertà è responsabilità, che i pro e i contro ci sono e non vanno ignorati.

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