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Treno in ritardo, freddo, niente cibo: spunta il "danno esistenziale"

Il passeggero che aveva fatto causa riceverò un indennizzo di 400 euro per un biglietto costato 5. La Cassazione: omissione di ogni adeguata assistenza

Treno in ritardo, freddo, niente cibo: ora spunta il "danno esistenziale"

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Erano rimasti intrappolati sui vagoni per ventiquattro ore, al freddo e senza cibo, a causa di condizioni meteorologiche avverse ma che comunque erano state previste da giorni. La Corte di Cassazione ha stabilito che i pendolari che hanno vissuto tali disagi sul treno debbano ricevere non solo il risarcimento del biglietto, ma anche quello del danno esistenziale, provocato dalla situazione difficile vissuta per tutto il tempo trascorso in attesa. La sentenza riguarda un caso limite, ma può tranquillamente essere estesa anche a situazioni meno gravi, se viene dimostrato che i rallentamenti erano prevedibili e che la società responsabile del trasporto non si è attivata per renderli perlomeno tollerabili.

L'odissea dei passeggeri sul treno

I fatti risalgono al 3 febbraio 2012. Tutto comincia dal maxi-ritardo accumulato da un treno carico di pendolari sulla tratta Roma-Cassino a causa di una forte nevicata, avvenuta a Roma e nel basso Lazio. Il treno rimane isolato per un giorno e una notte, visto che la circolazione ferroviaria viene subito sospesa. I passeggeri restano bloccati al gelo senza alcuna possibilità di procurarsi da mangiare. La società ferroviaria viene condannata prima dal giudice di pace a cui si era rivolta una passeggera e poi dal Tribunale di Cassino, nel 2019. Ora il responso viene confermato pienamente dalla Cassazione, che ha respinto il ricorso dell'azienda. Non solo: oltre al pagamento di 5 euro e 25 centesimi, a titolo di indennizzo da ritardo, e di 400 euro a titolo di risarcimento del danno esistenziale, gli ermellini hanno anche condannato la società a pagare 900 euro di spese di legali e altri mille euro per responsabilità aggravata. Nelle motivazioni i magistrati della III sezione civile scrivono che i giudici, oltre a constatare l'oggettività del ritardo (quasi 24 ore), hanno sottolineato altri due fattori: l'omissione "di ogni adeguata assistenza" e il fatto che i bollettini meteorologici avevano chiarito la situazione "in misura sufficiente, al di là quindi delle pur possibili evoluzioni ulteriormente peggiorative".

Per questo - si legge ancora nella motivazione - il fatto che il problema fosse ampiamente prevedibile avrebbe dovuto "indurre l'esercente il servizio di trasporto ferroviario, cui quello si era impegnato contrattualmente, a predisporre con precauzionale diligenza misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza". In sintesi: sarebbero servite maggiore assistenza per i passeggeri e organizzazione di soluzioni alternative per portare a termine il viaggio nel modo più tempestivo possibile. Il Tribunale, prosegue la sentenza, ha "evidentemente, quanto ragionevolmente, ritenuto il travagliato viaggio di quasi 24 ore continuative in defatiganti condizioni di carenza di cibo, necessario riscaldamento e possibilità di riposare, un'offesa effettivamente seria e grave... tale da non tradursi in meri e frammentati disagi, fastidi, disappunti, ansie o altro tipo di generica insoddisfazione".

La Cassazione respinge i ricorsi dell'azienda

A nulla sono valsi i tentativi di giustificazione dell'azienda, che ha sostenuto che i passeggeri avrebbero dovuto "astenersi dal mettersi in viaggio". Come sottolinea infatti la Cassazione, "le informazioni fornite" dalla società "non erano tali da far prevedere che il tragitto non si sarebbe concluso in tempi ragionevoli". Oltretutto le persone offese avrebbero anche dovuto trovare "un luogo dove soggiornare, a Roma o nel corso del travagliato tragitto", a loro spese.

La Corte ha poi sottolineato che la normativa nazionale e comunitaria non assicura solo forme di indennizzo in caso di cancellazione, interruzione e ritardo nel servizio, e non impedisce che vengano accolte ulteriori richieste di risarcimento in caso "di altri pregiudizi tutelati e lesi".

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