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Un whisky al posto del latte: la Versilia da bere di Gino Paoli

Negli anni Sessanta il cantautore faceva tappa fissa a Forte dei Marmi, ma inizialmente era compìto: la svolta avvenne al bancone del bar con il patron della Bussola

Un whisky al posto del latte: la Versilia da bere di Gino Paoli

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Da queste parti è un'icona gentile. Quando la sera scende placida e la luce del sole cade ambrata sull'infinita pista ciclabile che costeggia il mare, lui stringe un maglioncino in vita e scivola lungo il nastro d'asfalto, salutando gente ogni cinquanta metri. Perché Gino Paoli è amato e famoso. E la Versilia negli anni Sessanta è il suo ecosistema prediletto. Sono le stagioni del cielo premuto dentro ad una sola stanza, del sale che si attacca alle labbra e alla pelle, della fama che corre veloce, ma anche - in seguito - di un proiettile che manifesterà un malessere sopito, non risultando fatale per miracolo.

Comunque l'incipit in Versilia pare relativamente macchinoso. Gino ha risposto alla chiamata dell'amico Sergio Bernardini, il patron di quella Bussola che diventa catalizzatrice di talenti fulgidi: Peppino di Capri, Noschese, e in seguito Mina. Il pubblico lo apprezza, la carriera è stappata, ma quel che risulta è ancora un personaggio introverso, per certi versi legnoso, ingessato in atteggiamento classici che poco hanno da spartire con la sana esuberanza del divo.

Per esempio, ogni sera, Paoli si accomoda al bancone del bar della Bussola e ordina un latte freddo a al barman Pierpaolo Velani. Sostiene, infatti, di essersi preso una tale sbronza all'età di 17 anni che poi non ne ha più voluto sapere. Ma fa una certa specie, di sicuro, vedere un cantautore del suo lignaggio che si sottrae ad atteggiamenti da artista che deve destreggiarsi con i suoi demoni interiori. La scintilla per un deciso cambio di rotta arriva però senza preavviso, come spesso accade. E grazie a Bernardini, con il quale - a dire il vero - Gino aveva furentemente litigato dopo il primo incontro.

Quel tribale diverbio era stato l'innesco per un'amicizia duratura. Da quella tempesta iniziale era scaturito un rapporto di stima saldo. Ma questo non significava che le schermaglie e i pungolamenti sarebbero stati archiviati. Una sera Bernardini sfila alle sue spalle e si arresta d'un tratto. Poi esclama: "Guardatelo là, il cantante maledetto che sorseggia il suo latte". Per Gino è una bordata. Tocca reagire prontamente. E forse nemmeno si riconosce, mentre riformula rapidamente il suo ordine al barista: "Anzi no, Pierpaolo. Dammi un whisky e una sigaretta". Quello se lo deve far dire due volte per crederci. Ma è tutto vero. Pur controvoglia Gino ingurgita tutto e aspira avidamente. Bernardini applaude, esterefatto.

Sorge quella sera lì un nuovo Paoli. Uno che troverà spesso nel bicchiere consolazione e ispirazione, ma anche intralci. Adesso sì: nelle lunghe nottate alla Bussola, quelle che iniziano alle 22 e si srotolano senza sosta fino alle 4 del mattino, pare davvero un artista che sta attraversando i flutti delle contraddizioni interiori, tentando di domarle con la musica. Anche i giri in bicicletta o le passeggiate sulla battigia assumono un sapore differente. Un cambio di mood che influisce anche sulla sua aurea di seduzione. "Paoli è corteggiato come una Marylin Monroe al maschile", dirà ancora Bernardini.

Esplode tutt'intorno il boom economico. La vacanza in Versilia che dura tutto il mese è un must che oggi pare inconcepibile. Trasgressioni, concerti epici, vita che si srotola più dolce. E Gino se la gode, in quelle vesti inedite, che hanno definitivamente tratteggiato il suo rinnovato divismo. Tutto per il contenuto di un bicchiere.

Chissà come sarebbe andata se avesse perseverato con il latte.

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