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Quando una Mercedes Classe G ruba la scena

Sei ruote per bestione che taglia il deserto del Mojave nelle mani di un tycoon senza scrupoli: la Classe G 6x6 della Mercedes ammalia lo spettatore in The Reach - Caccia all'uomo, ma ci ricorda ancora una volta i vecchi films..

Quando una Mercedes Classe G ruba la scena

Siamo amanti dei vecchi classici, dei film d'essai, del bianco e nero - come si diceva una volta -, dei grandi cult e al massimo del new-trash firmato Will Farrell o Seth Rogen; i film di massa di solito preferiamo lasciarli alla massa, come i remake troppo poppettari o gli action-movie troppo frettolosi; però, se c'è una Mercedes Classe G di mezzo a rubare la scena, forse sappiamo accantonare il nostro snobismo cinefilo e lasciarle tranquillamente fare, come è stato in Matrix Resurrection, in Jurassic World e in The Reach - Caccia all'uomo. Dove un sempre fascinoso Michael Douglas, che ogni anno che passa somiglia sempre più a suo padre Kirk, si destreggia al volante di una bestiale Classe G 6x6, coprotagonista d'eccezione nel film interamente girato nell'incandescente deserto del Mojave.

Il film, tratto da romanzo Deathwatch di Robb White, pubblicato nel 1972, adattato e diretto dall'esordiente Jean-Baptiste Leonetti nel 2014, narra la vicenda scabrosa e inquietante di un tycoon californiano - che ci ricorda molto più l’immortale Gordon Gekko interpretato da Douglas nel capolavoro di Oliver Stone Wall Street, che il misterioso cacciatore Remintogn di Spiriti delle Tenebre - desideroso di svagarsi con una battuta di caccia di lusso nel deserto californiano che “uccide un uomo senza acqua in 60 minuti”. Dicono. Armato con un fucile di precisione Steyr Scout .308 e dotatosi di una mastodontica Mercedes G-Class 6x6 AMG, il tycoon sbaglierà bersaglio innescando una caccia all’uomo al cardiopalma che i più persuasi potranno gustarsi senza farmi spoilerare nulla: ad eccezione del sadismo del protagonista che ascolta Mozart e beve Martini con oliva in coppe di cristallo nel bel mezzo del deserto. Altro che limonata stile Lawrence d’Arabia prima del laconico “We've taken Aqaba”. Ma veniamo finalmente alla parte prettamente automobilistica.

Un sofferto progetto Classe G

Nell’era dei SUV, poco più che delle maxispaziose station wagon con uno châssis rialzato, e dei fuoristrada solo per bellezza, sono pochi i “fuoristrada” degni di questo nome. La Classe G della Mercedes è una di questi. Nata dall’accordo inizialmente stretto tra la Casa automobilistica tedesca e l’austriaca Steyr-Daimler-Puch che si era prefisso l’obiettivo di mettere in produzione un “fuoristrada moderno ed elegante” che potesse garantire la massima robustezza ed efficenza su ogni tracciato - si trattasse del deserto che conduce a Dakar o di una spianata ghiacciata nel cuore delle Alpi svizzere. Era il 1972, lo stesso anno in cui veniva pubblicato il romanzo di White. Prima di allora la Mercedes aveva poca dimestichezza con le vetture off-road, se non per l’eccezione rappresentata dalla Mercedes-Benz G5, dove la lettera G stava per di Geländewagen: qualcosa che possiamo tradurre letteralmente come “mezzo per girovagare sul terreno”.

Il progetto poteva puntare, almeno nelle fasi di sviluppo, nella chance d’essere scelto dai militari come era accaduto per il Defender britannico. Ma quando l’Esercito tedesco decretò la sua decisone per l'Iltis della Volkswagen, qualcuno fu costretto a tirare il freno a mano e guardare al di fuori della Germania (dell’Est) per superare la delusione e mandare in porto lo sviluppo di quello che sarebbe diventato uno dei fuoristrada più apprezzati di sempre. Intanto il piano aveva decretato che la Mercedes-Benz si sarebbe occupata della parte meccanica, mentre la Steyr-Daimler-Puch avrebbe curato la carrozzeria e le fasi di assemblaggio.

Una “nuova speranza” - come nella saga di Star Wars - sembrò arrivare dallo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, tra i maggiori azionisti della Daimler-Benz, che intendeva acquisire 20mila esemplari della prima versione della Classe G per le sue forze armate, ma la storia vuole che lo stesso anno in cui il nuovo fuoristrada venne ultimato, la rivoluzione iraniana portò al rovesciamento di quello che era ormai considerato il regime persiano. Costringendo lo Scià a fuggire in esilio negli Stati Uniti, senza la possibilità di poter scegliere il Concord. Tre eserciti - argentino, indonesiano e norvegese - concessero linfa vitale al progetto G che finalmente debuttava nella sua versione W460 per tutti nel febbraio del 1979. Rimasta in produzione fino al 1991.

Un fuoristrada con la G maiuscola

Modello più longevo nella storia per la Mercedes-Benz, è rimasto esteticamente “inalterato per almeno quarant’anni", prima che una serie di restyling ne addolcissero la linea squadrata quanto marziale, e la struttura a telaio abbia visto la separazione “con longheroni e traverse”. Dalla fine degli anni '90 quello che era si stato un fuoristrada Mercedes - quindi sì un’auto off-road di una delle case automobilistiche più famose del mondo, ma tutto sommato abbordabile - divenne una vera e propria auto di lusso per fuoristrada nella sua versione W463, che accoglierà un motore V6, V8 e financo un motore V12 nella massima implementazione AMG, ossia il pacchetto sportivo elaborato dalla AMG Motorenbau und Entwicklungsgesellschaft mbH. Queste versioni maggiorate, sul quale si scatena il più fantasioso "tuning", esalteranno allestimenti lussuosi - senza mai privarsi delle prestazioni estreme - che culmineranno nella versione con sei ruote che compare in The Reach.

Un gigantesco "bestione" con trazione 6x6 , asse centrale e trasmissione "passante", motorizzato AMG con un V8 biturbo da 5,5 litri con cambio AMG SpeedShift Plus 7G-Tronic, risulta essere un pick-up di quesi quattro tonnellate con una carrozzeria grigia metallizzata che ricorda più un carro armato che una jeep. Lunga 5,87 metri, con una larghezza di 2,10 metri e un’altezza di 2,30 metri, la Mercedes G-Class 6x6 AMG nelle sua versione più lussuosa sfiora il milione di euro di prezzo. Di più se elaborata dalla Brabus. Forse un'esagerazione mostruosa per noi che appunto prediligiamo i "vecchi films", come cantavano gli Audio 2, e forse anche le vecchie macchine a portata d'uomo.

Come quella vecchia Mercedes-Benz 200 GE W460 rosso sbiadito del Ponchia (il grande Diego Abatantuono, ndr) che tira su gli amici nell'apoteoico Marrakech Espress: col senno di poi un piccolo gioiello di scena nel capitolo indimenticabile della tetralogia della fuga firmata dal nostro bel premio oscar Gabriele Salvatores.

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