Controcultura

Barilli libera L'Avana dai luoghi comuni

Fabrizio Ottaviani

Con il passare del tempo - e la moltiplicazione dei voli intercontinentali low cost - diventa sempre più opportuna la distinzione che il personaggio di Kit Moresby delinea nel Tè nel deserto di Paul Bowles: quella fra turisti e viaggiatori. Possiamo raggiungere fisicamente qualsiasi angolo del globo in poche ore, ma senza le letture giuste non ci allontaneremo di un metro dal soggiorno di casa.

Per uscire dal paradosso del viaggiatore statico è indispensabile una vera guida, come quella che Davide Barilli ha dedicato all'Avana (Cuba. Altravana. Nel cuore di una città perduta). Innamorato della città contornata dal Malecon, il tempestoso lungomare immortalato da milioni di fotografie, l'autore ci conduce al di là dello specchio costituito dai luoghi comuni che a volte con le migliori intenzioni (il Wim Wenders di Buena Vista Social Club), a volte con le peggiori (gli occidentali a caccia di sesso a buon mercato per i quali Cuba è rimasta sempre ciò che era al tempo del dittatore Batista, vale a dire un gigantesco lupanare) sono stati inflitti alla più popolosa città carai

bica, rendendola invisibile. Oltrepassare lo specchio significa evitare alcuni quartieri, per esempio la Città vecchia, il centro storico ristrutturato da cima a fondo per assecondare i gusti dei turisti; e inoltrarsi nel marasma di povertà, energia popolare e sogni di evasione che regna a Centro Habana, il dedalo di abitazioni in disfacimento che strappa a Barilli gli accenti più lirici, funerei, celesti.

L'immagine che emerge della capitale cubana è quella di una città assediata, forse già invasa: da quando l'uso del wi-fi è stato liberalizzato, e la vetrina occidentale scintilla sullo schermo di milioni di cellulari, l'attivismo dei gusanos (i «vermi», cioè gli esuli cubani che vivono in Florida e da lì non cessano di maledire la dittatura comunista) si è impennato.

La scomparsa di Fidel Castro, da questo punto di vista, ha rappresentato per molti uno spartiacque e non è un caso che Cuba si apra con il suo funerale. Nel 2016, quando Castro è morto, gli avaneri hanno rispettosamente giocato i numeri al lotto: nome del muerto, giorno del decesso, data dello sbarco che diede avvio alla rivoluzione dei barbudos.

Il dittatore ne ha approfittato per fare al suo popolo un ultimo regalo, postumo: i numeri sono usciti, ma sulla ruota, illegale, di Miami.

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