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Un’altra travolgente vittoria del Benetton mette l’Armani con le spalle al muro: il solito grande Djordjevic non basta. Decidono Bulleri e la classe del sorprendente Bargnani

Oscar Eleni

da Treviso

Grandi, grossi, ma sempre alla ricerca di una coperta, giganteschi Linus che cambiano umore nello spazio di due giorni, sentendo il caldo di casa. Lotta per incantesimi, la Benetton pietrificata al Forum scaccia le zanzare Armani, non sente le loro punture, salvo quando Djordjevic usa il pungiglione reale, ritrova, in certe cose, non in tutte, il passo di una nobile europea e si porta in vantaggio 2-1 in queste semifinali. Lino Lardo guarda la faccia stravolta di Calabria che questa volta non regge l’insulto sistematico, cerca, senza mai trovarlo, il genio di Mc Cullough, per trovare la polvere di stelle sulle spalle di Singleton la lavagna della corsa deve dirgli che la terza gara è già finita.
Messina e le sue lune, i suoi meritatissimi premi: il basket ha premiato lui come allenatore dell’anno e il suo mattocchio Bulleri come miglior giocatore. Li hanno votati, tecnici, giornalisti, manager, niente di meglio, niente di più giusto.
Basta questa carezza per ridare il sorriso ai tutti i verdi che mettono anche un po’ più di gente sulle tribune rispetto a gara uno, mentre il borin soffia sulle porte facendo entrare ogni tanto un amatissimo refolo d’aria nel palaverde che è sauna purissima e senza betulle.
Milano non lo capisce subito perché va avanti fino all’11-12, qui la regina Maab stende un velo sulle varici biancorosse, parziale di 13-0, con Bulleri che infila 10 punti di qualità, mentre Calabria uscendo reagisce al pubblico e si prende un tecnico.
Bello ritrovare il Bullo protagonista, ma non l’uomo vero della notte perché nelle nostre illusioni di cacciatori alla ricerca della tigre bianca, del giovane italiano da mandare nella Nba, ci lasciamo stregare dal romanino Andrea Bargnani, 211 centimetri, classe 1985, mani da pianista dei canestri, un senso del ritmo e del gioco che spesso incantano, elasticità, muscoli, magari, ancora da bufalino, buona consistenza, ma non sodi come serve nelle tonnare dentro l’area, però c’è tempo se avrà la pazienza di andare dietro allo strangolatore Messina che ha la maieutica per tirare fuori il meglio da quelli in cui crede. Ricordate un certo Ginobili? Incanta, questo Bargnani, e ogni tanto pecca, ma basta la sua ispirazione per rendere finalmente allegri un po’ tutti, perché in casa Benetton sono come Agatha Christie quando scappava e si nascondeva ai bagni termali. Devono ragionare sulle cose che non hanno funzionato, devono pregare tutti insieme e poi arrivare alla soluzione. Sabato sera a Milano avevano perso la strada, basiti davanti alla grande folla.
Ieri, a parte Bluthenthal, farfalla che sente il desiderio di libertà negate, e Marconato, freddo freddo, molto meno mobile della sua adorata bambina Giulia che fra riscaldamento del padre, cori dei tifosi, giochi nell’intervallo consuma per tre pivot, abbiamo visto una Benetton con la faccia di quelli che hanno voglia di compiere un’altra impresa. Erano usciti in pezzi da Milano, ora guardano l’Armani e non capiscono come hanno potuto temerla ed agevolarla.
Piano a dire che certe difese funzionano. Ieri sera è toccato all’Olimpia fare il 42%, rimediare a rimbalzo dopo essere stata sotto quasi sempre, riprendersi dalla sbornia dei 20 palloni perduti seguendo il filo di Djordjevic che sa come leggere certe situazioni.

Ora si va verso la quarta partita di Milano del 2 giugno, cercando altre risposte, ma intanto si fa sosta stasera, e in tv, a Bologna per la terza fra Fortitudo e Roma e vedremo se anche in questo caso servirà una coperta o, come più facile credere, lo scudo protettivo per gente che in difesa se le dà con più gusto di Milano e Treviso.

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