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L'Olimpia del Principe Rubini ispiri l'Armani di Messina

Il centenario della nascita di una leggenda dello sport italiano, che ribalterebbe l'ex squadra in crisi profonda

L'Olimpia del Principe Rubini ispiri l'Armani di Messina

Se Cesare Rubini, classe dorata del '23, Calvino, Fenoglio, Zeffirelli, Albertazzi, che oggi avrebbe compito 100 anni, il Principe che ci ha lasciato nel febbraio del 2011, Alzhaimer e poi la broncopolmonite, fosse entrato nello spogliatoio dell'Armani, dopo la sconfitta contro il Maccabi, la terza in pochi giorni, da Berlino al Forum dove c'erano 8.000 persone infuriate che già avevano digerito male la sconfitta in campionato contro Pesaro, qualche giocatore sarebbe finito appeso all'attaccapanni.

Lui stesso ci avrebbe detto di lasciar perdere questa commemorazione dopo che sul legno duro del campo di Assago a lui dedicato chi portava la maglia della sua Olimpia aveva alzato bandiera bianca prendendo addirittura 98 punti da una squadra come il Maccabi in viaggio nel tormento, esiliata a Belgrado per le partite in casa di eurolega.

Noi che su di lui abbiamo scritto due libri, uno con Aldo Pacor, il Sono Rubini, era il 1996, ricordando la sua risposta classica al telefono, l'altro nel 2013, l'Indimenticabile, insieme a Sergio Meda, gli chiediamo di avere pazienza perché ci fa piacere ricordarlo ed onorarlo ancora una volta.

Oggi non gli porteremo crisantemi, come i giocatori più sfrontati che magari facevano trovare gatti randagi, la sua grande paura, chiusi nell'ufficio in via Caltanisetta, ma soltanto lacrime nel ricordo di un grande uomo dello sport italiano. L'unico nella casa dello gloria del basket mondiale, della pallanuoto nel ricordo del suo oro olimpico del 1948, in quello della Fiba e, naturalmente, del nostro basket.

Sei scudetti nella pallanuoto (Can. Olona Mi, R.N. Napoli, Camogli per tre volte), oro olimpico ed europeo, 2 bronzi continentali, 6 anche come giocatore nel basket con l'Olimpia, 9 da allenatore, sempre a Milano, con Borletti e Simmenthal, la prima coppa dei campioni italiana nel 1966, finali a Bologna, dove il senatore Bill Bradley illuminò la finale contro lo Slavia Praga, 2 Coppe delle coppe e 1 coppa Italia.

Basterebbe questo per non dimenticarsi di lui, ma proprio in questi giorni la Tatanka Augh ci ha regalato un bel libro sulla sua storia Un Principe fra i due mondi. Lo hanno scritto Sergio Giuntini, presidente della storia italiana dello sport, Sergio Meda giornalista che con Beppe Viola ha fondato Magazine, la parola e il cuore per lo sport, e Mario Zaninelli, prete da combattimento, giovanili al Simmenthal, insegnate di educazione fisica alla scuola statale per ciechi di Milano, professore alla Statale milanese sulla comunicazione sportiva, aspetti etici e culturali.

Meraviglioso il viaggio nella storia sportiva di Trieste, un approfondimento sulla pallanuoto che avevamo trascurato nei nostri lavori precedenti, un meraviglioso ricordo di un gigante che di sicuro non avrebbe sopportato l'Armani di oggi.

Ettore Messina dovrebbe leggere queste pagine ai suoi mercenari che nelle interviste dicono di essere felici in una società davvero straordinaria, sostenuta dai quattrini e dal genio di Giorgio Armani, onorati di poter servire un allenatore che ha vinto tantissimo, 6 volte campione con Virtus Bologna, Treviso e Milano, un anello NBA come vice di Popovic a San Antonio nella NBA, quattro volte vincitore in Eurolega prima con al Virtus e poi con il CSKA Mosca a cui ha dato anche sei titoli nazionali.

Rubini e la sua voce che stregava per risvegliare una squadra che sembra svanita e stasera al Forum, contro Montecarlo dell'ex Mike James, rischia un'altra notte di tormento.

Il Principe saprebbe cosa dire come testimoniano nel libro i suoi tanti giocatori, da Pieri che lui trasformò da centro, implacabile per Trieste, a regista nel mito delle scarpette rosse, a Gamba il guerriero con Pagani di tante battaglie sul campo, la spalla, preziosa come vice fino all'apoteosi della prima vittoria italiana nella Coppa dei campioni, battendo prima i sovietici dell'Armata e poi la meraviglia del basket cecoslovacco, lo Slavia di Zidek.

Sul parquet dedicato a lui, un tributo che la città di Milano non gli ha saputo dare intitolandogli il Palalido oggi arena stupenda per grande pallavolo e basket di A2 con l'Urania, cosa, che, per fortuna non ha fatto Trieste, ci si aspetta una reazione vera dell'Armani in fondo alla classifica europea e già con 2 sconfitte in campionato, a Napoli e in casa, dopo 5 anni, con Pesaro nemica di tante battaglie storiche.

Lui, il Principe, saprebbe cosa dire, senza accettare scuse da giocatori che sembrano automi disarticolati in attacco e budini tremolanti in difesa, l'arma che, in questi anni del consolato di Messina, ha dato scudetti, il trentesimo della storia, e fatto sognare Milano che davvero credeva in questa nuova Olimpia prima di scoprirne le debolezze caratteriali più che tecniche.

La speranza dei tifosi e, immaginiamo, anche della proprietà, è che il viaggio in Eurolega non finisca proprio stasera nel torneo durissimo dove la grande rivale Virtus Bologna, invece, conquista per il gioco, la durezza difensiva che domani sera verificheremo di nuovo nella partita in casa contro L'Efes Istanbul.

Rubini e le sue visioni, grande come generale, importante come dirigente anche quando la Federazione gli affidò la Nazionale dove insieme a Gamba allenatore, anima grande come la sua, geniale condottiero, trovò l'argento olimpico ('80), l'oro europeo di Nantes ('83), il bronzo continentale a Stoccarda ('87), un'impresa considerando le assenze, cominciando da Meneghin, per finire con l'argento a Roma nell'Europeo che sognavamo di vincere.

Un grande davvero, l'uomo e il campione che non possiamo dimenticare.

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