Solo in America

Nba, le cinque migliori partite di Natale di tutti i tempi

Se il mondo dello sport in Europa era solito fermarsi, il Natale nella Nba è sempre stata l'occasione per partite epiche, che hanno visto affrontarsi grandi campioni. Per prepararsi alla maratona di oggi, riviviamo le migliori cinque sfide natalizie della storia

Nba, le cinque migliori partite di Natale di tutti i tempi
Tabella dei contenuti

Natale è finalmente arrivato e il mondo sembra prendersi una pausa, come per ricordarci quali siano le cose davvero importanti nelle nostre vite. Se chiedete ad un appassionato di sport italiano, il periodo attorno a Natale, solitamente, è un tempo di sofferenza. Fino a non molti anni fa, lo sport sembrava chiudere per ferie, così da consentire anche ai campioni di godersi le festività con i propri cari. Un’idea del genere ha sempre fatto ridere dall’altra parte dell’Atlantico. Se tutti sono in vacanza, ci sarà parecchia gente pronta a vedere qualsiasi cosa tranne la millesima replica di film d’annata. Natale per gli sportivi americani non è solo una giornata come tante altre; spesso e volentieri è la data scelta appositamente per gare particolarmente sentite.

Se la Nfl sta solo ora iniziando ad appropriarsi del Natale, la Nba è sempre stata maestra nella mefitica arte di corteggiare il pubblico mentre sta recuperando a fatica dagli stravizi gastronomici. Nel corso degli anni, i Christmas Games sono spesso state partite memorabili, scontri tra squadre che si detestavano o il momento giusto per il ritorno di un grande campione nella sua ex squadra. Questa volta “Solo in America” vi riporta indietro nel tempo, elencando le cinque gare migliori partite che si sono giocate il giorno di Natale.

I 60 punti di Bernard King

Normalmente nello scegliere le migliori partite di Natale, abbiamo considerato la loro importanza storica, il calibro dei campioni coinvolti o il semplice fattore spettacolo, sempre importante quando si parla di Nba. Talvolta, però, basta una prova clamorosa di un grande talento per riuscire ad entrare in classifica. Quando nel giorno di Natale del 1984 i New Jersey Nets arrivarono al Madison Square Garden per affrontare i Knickerbockers, pochi degli spettatori si aspettavano quello che Bernard King avrebbe fatto sul parquet. Alla sirena lunga, il talento di Brooklyn aveva già messo a referto ben 40 punti ed avrebbe chiuso la partita segnando ben 60 punti, record tuttora imbattuto per una partita di Natale. Dire che aveva la mano infuocata è un understatement: King mise un buon 19 su 30 ma soprattutto aggiunse, tanto per gradire, 7 rimbalzi e 4 assist. Eppure, se glielo chiedete oggi, uno dei migliori giocatori di sempre della franchise della Grande Mela preferirebbe dimenticare quella partita. Perché? I Knicks persero 120-114 contro i poco amati Nets, venendo rimontati nell’ultimo quarto.

In un’intervista rilasciata qualche tempo fa, King ricorda come “non importa se avessi segnato 15 o 60 punti, l’unica cosa che mi importava era la vittoria. Segnare 60 punti è certo bello, visto che così tanti ricordano con affetto quella partita. In quel momento, però, avevo il morale a pezzi. Avrei voluto regalare ai tifosi una vittoria, specialmente a Natale”. Quella fu l’ennesima annata da dimenticare per i Knicks, che chiusero con ben 58 sconfitte. King, però, amava giocare a Natale: “Sono partite speciali, si vede da come i giocatori siano più determinati. Tutti vogliono giocare una bella partita. Senti che il mondo ti sta guardando”.

La vendetta di Shaq su Hakeem

Uno dei trucchi preferiti dai programmatori della Nba è quello di mettere di fronte per la prima volta dopo una serie di finale molto serrata le due protagoniste proprio il giorno di Natale. La posta in palio per entrambe le squadre è altissima: i campioni in carica vogliono ribadire la propria supremazia mentre gli sconfitti non vedono l’ora di vendicare la sconfitta. Questa tradizione, però, non è sempre esistita nell’associazione: la prima volta che si provò questo trucchetto, le cose andarono talmente bene da renderlo un must per il Natale Nba. Dopo averli letteralmente demoliti nelle Finals, gli Houston Rockets ospitarono nel South Texas gli Orlando Magic, convinti di poterli ancora stracciare. I Rockets avevano ancora un Hakeem Olajuwon dominante sotto il tabellone ed il talento del Texas non deluse le aspettative dei fedelissimi di Houston. Solitamente quando metteva 30 punti, 12 rimbalzi e 6 assist, i giallorossi riuscivano sempre a portare a casa la vittoria. Quel giorno, però, le cose andarono in maniera molto diversa.

Gli Orlando Magic non avevano solo uno Shaquille O’Neal incarognito come mai ma anche un Penny Hardaway in giornata. Dopo aver subito un umiliante sweep, un 4-0 che in Florida ricordano ancora con orrore, Orlando mise una prestazione quasi commovente, rimanendo sempre a distanza di tiro dai campioni in carica e giocandogli uno scherzetto niente male nel finale. Coach Bryan Hill aveva previsto una giocata particolare, un isolation play pensato per mettere la palla in mano ad un giocatore isolato. Invece di affidarsi al solito Shaq, la palla finì a Penny, che mise un arcobaleno delizioso, fissando il punteggio sul 92-90 finale. A rendere ancora più speciale il natale perfetto di Orlando i 22 punti a testa del dinamico duo, cui Shaq aggiunse i suoi “soliti” 18 rimbalzi. Vendetta a Natale? Yes, please.

Shaq batte Kobe all’overtime

Per quanto non abbia certo fatto mancare ai suoi tifosi partite epiche, il “gigante buono” sembrava particolarmente ispirato il giorno di Natale. Il fatto che sia presente per due volte nella nostra piccola lista del meglio del meglio dell’Nba natalizia non è certo un caso, insomma. Quando i Lakers, dopo aver fatto incetta di anelli grazie ad una delle coppie più spettacolari della storia del basket, decisero di liberarsi di Shaquille O’Neal e spedirlo ai Miami Heat, la Nba si segnò subito la data sul calendario: la prima gara di Shaq allo Staples Center da avversario si sarebbe dovuta per forza giocare il giorno di Natale del 2004. A rendere ancora più interessante la sfida, il fatto che il suo partner, un certo Kobe Bryant, soffrisse poco la personalità oversize del compagno, tanto da far circolare parecchie voci che fosse stato proprio lui a imporre a Jerry Buss di mandarlo via. Kobe si prese la squadra in mano, fermamente determinato a far capire al mondo che non aveva bisogno del “big man” per vincere.

Tutto molto bello, tutto molto emozionante, se le cose fossero andate così. Il Black Mamba si sarebbe rifatto più avanti, imponendo per anni la sua legge sul mondo del basket, ma quel 25 dicembre 2004, a ridere fu proprio Shaq. Fu una partita serratissima, che vide un Kobe che sembrava voler fare tutto da solo schiantarsi contro la consistenza del quintetto della Florida. Shaq e Dwyane Wade misero un bel triple-double a testa e Stan Van Gundy confermò di aver imparato molto dalla ex leggenda dei Lakers Pat Riley. Kobe fece un partitone, mise 42 punti a referto ma, cosa più unica che rara, sbagliò il canestro che sarebbe valso la vittoria. Ai tifosi gialloviola non piacque, ma il resto del mondo apprezzò davvero quel finale. Magari non sarà stata molto natalizia, ma la vendetta di Shaq sarebbe entrata nella storia del basket.

La nascita della rivalità Ewing-Jordan

Quindi, ricapitolando, il Natale Nba vive di vendette, grandi prestazioni dei singoli, rivincite ma anche di rivalità tra grandi campioni. Vista la carriera clamorosa che avrebbe fatto più avanti, quando a Chicago sarebbe approdato Phil Jackson e una serie di “gregari” leggendari, ci si dimentica spesso come Michael Jordan faticò parecchio per farsi strada nella Nba. A metà anni ‘80, in particolare, il talento di North Carolina, non era ancora diventato il più grande di sempre e stava masticando amaro in quel di Chicago. Quando l’anno dopo il suo ingresso nella lega, i New York Knicks scelsero uno dei giocatori che aveva sofferto di più durante gli anni al college, molti pensarono che la vera stella sarebbe stato l’alfiere di Georgetown. Nel 1986 tutti sembravano convinti che Patrick Ewing avrebbe riportato il sorriso al Madison Square Garden.

Le cose non andarono esattamente così, ma a giudicare da quanto visto sul parquet in quella partita, non è difficile capire perché gli esperti la pensassero così. MJ era da poco rientrato da un infortunio che gli aveva fatto saltare quasi tutta la stagione ed era circondato da un roster poco competitivo. Nella sua prima partita natalizia, Jordan pretese di vincere la partita da solo, sbagliando però canestri su canestri: quando chiudi con un 10 su 28, difficile portare a casa la vittoria. Patrick Ewing, a dire il vero, non tirò molto meglio ma si rifece sotto il tabellone, chiudendo con 17 rimbalzi. I Knicks vinsero di un solo punto, 86-85 e, a segnare il canestro della vittoria fu proprio Ewing. Non sapevano che, da quel momento, Michael Jordan se la sarebbe legata al dito. Una delle rivalità più sentite della storia del basket moderno era appena nata ed avrebbe appassionato noi tifosi per tanti anni.

Quando LeBron fermò i Warriors

Cosa rende una partita di Natale davvero speciale? Una serie di fattori imponderabili ma certo il fatto che arrivi al culmine di una rivalità molto sentita certo aiuta. I Cleveland Cavaliers nel 2016 erano al settimo cielo, reduci dalla leggendaria rimonta da 1-3 messa nelle Finals contro gli imbattibili Golden State Warriors di Stephen Curry che era valso il primo titolo per i Cavs. Con Kyrie Irving a dare una mano al talento di Akron LeBron James, tutto sembrava apparecchiato per la nascita di una nuova dynasty. Quello che nell’Ohio non si era considerato è che, dopo aver dilapidato una stagione chiusa con ben 73 vittorie nella regular season, i Warriors avevano una gran voglia di vendicarsi. Per chiudere il gap con LeBron e soci, Golden State aveva convinto a suon di milioni Kevin Durant a trasferirsi nella Bay Area, una mossa che si sarebbe rivelata un colpo di genio.

Quando si presentarono alla QuickenLoans Arena, i Warriors sembravano una schiacciasassi, pronta a distruggere i campioni in carica ma si trattò di una sfida davvero memorabile. Una volta tanto, la partita più attesa di Natale non deluse affatto le aspettative dei tifosi. Golden State sembrò in grado di silenziare la folla dell’Ohio, iniziando l’ultimo quarto avanti di 14 punti ma si ritrovò di fronte la determinazione di LeBron, che trascinò la squadra verso un’improbabile rimonta. Ancora una volta, come successo in gara 7 delle Finals, il pallone della vittoria capitò nelle mani di Kyrie Irving. Invece di Steph Curry, a marcarlo c’era Klay Thompson, uno dei migliori difensori della lega: Kyrie non si preoccupò più di tanto, fece una giravolta in aria e mise il canestro del 109-108. Ci sarebbe stato tempo per Kevin Durant di riportare avanti i Warriors ma non riuscì a mettere il tiro a fil di sirena: KD non la prese benissimo e trovò il modo di farsi passare l’arrabbiatura. I Warriors da quel momento non si sarebbero più fermati.

Quale sarà la partita da consegnare ai libri di storia in questo Natale 2023? Sarà la sfida tra le due squadre che hanno vinto gli ultimi due campionati o la sfida tra le due franchise più titolate di sempre, ansiose di riaccendere l’antica rivalità? Preferite la sfida tra due squadre giovani ed ambiziose che lottano da anni per dominare la Eastern Conference o il duello tra Devin Booker e Luka Doncic? Una cosa è certa: se amate il basket non avete scelta.

Dopo le abbuffate, non c’è niente di meglio dell’Nba. Buona digestione a tutti!

Commenti