Controcultura

Basta il corpo titanico di Gérard Depardieu a far grande "Marseille"

Marseille, la serie tv Netflix che ha debuttato il 5 maggio, segna il ritorno di Gérard Depardieu a un ruolo di grande respiro

Basta il corpo titanico di Gérard Depardieu a far grande "Marseille"

Marseille, la serie tv Netflix che ha debuttato il 5 maggio, segna il ritorno di Gérard Depardieu a un ruolo di grande respiro. Nella fiction, l'attore francese è da vent'anni il sindaco della città portuale, che ha governato con amore attraversando gli inevitabili scandali, la corruzione politica e l'emergente mafia maghrebina. Vecchio leone ferito, decide di ritirarsi dalla prossima competizione finché l'emergente e cinico vice non gli combina qualcosa che non possiamo rivelare per non anticipare la trama. Nelle prime puntate, il cui meccanismo narrativo convince, assistiamo a un improvviso voltafaccia del biondo «delfino», quarantenne ambizioso, dalla biografia misteriosa e pronto a usare il sesso come merce di scambio. Non mancano i continui colpi di scena che coinvolgono i personaggi minori, gli abituali delinquenti dei bassifondi, destinati a incrociarsi presto con la trama principale.

Negli otto episodi che compongono la prima stagione di questo thriller made in France, concepito e diretto nella piena tradizione polar e noir ma senza quella nostalgia malinconica che sarebbe tanto piaciuta a Jean-Claude Izzo e al suo commissario Montale, i dialoghi prevalgono sull'azione: non vediamo l'ora insomma che un inseguimento in auto nelle vie strette del porto interrompa ragionamenti troppo machiavellici.

Due sono gli ingredienti interessanti: il lavoro della regia sul corpo di Depardieu, monumentale, titanico, stretto nell'abito a tre pezzi che a fatica lo contiene, spesso ripreso di spalle con la testa sempre più incassata nel collo. La fisicità, la mole di questo straordinario interprete vanno di pari passo con le inquietudini che attraversano il personaggio, cocainomane, colluso con i poteri oscuri eppure profondamente innamorato di Marsiglia. Sua moglie è una violinista, la giovane figlia inquieta vorrebbe fare la giornalista, è sessualmente confusa, ci aspettiamo divenga una pedina fondamentale nel racconto.

Affiora insomma il tema dello scontro generazionale tra ciò che rappresenta Depardieu, una sorta di patriarca che tutto tiene e controlla con metodi vecchi ma sempre utili, e il nuovo che avanza, duro, cinico, spietato del suo vice Lucas Barres, pronto a qualunque azione pur di conquistare il potere, una maschera pirandelliana che si trasforma anche in volto.

Altro elemento originale, lo sguardo sul paesaggio. Marsiglia, che cinematograficamente parlando può essere assimilata a Napoli, è città calda, mediterranea, suadente e bellissima. La cinepresa ne scopre gli angoli più belli, evitando lo stereotipo del degrado che spesso la fa da padrone a proposito del nostro Sud: irriconoscibile rispetto alla metropoli che negli anni '70 John Frankenheimer aveva filmato nel secondo episodio di French Connection, si dimostra un set a cielo aperto, dal Vélodrome al vecchio porto, dalle spiagge alle ville dei ricchi.

Lontana dal palazzo parigino, sviluppa i suoi intrighi di una commedia umana in cui Depardieu la fa da padrone, come uscito da un romanzo di Balzac trasposto nel terzo millennio.

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