Cultura e Spettacoli

La bella Valentine molto futurista poco femminista

Fu quando diventò l'amante di Marinetti, a Parigi, nel 1909, dove lui era andato per lanciare il suo manifesto futurista, che lei si scoprì futurista. E allora, per non essere da meno di Marinetti, per controbattergli, o per appoggiarlo, scrisse, nel marzo 1912, il Manifesto della donna futurista e, affinché non ci fossero equivoci, l'anno dopo aggiunse il Manifesto futurista della Lussuria. Marinetti, così, poté cercare di dimostrare l'indimostrabile, cioè che il futurismo non fosse misogino; mentre Valentine de Saint-Point credette di essere riuscita a conquistare a sé e alle donne, all'ombra della rivoluzione futurista, uno spicchio di futuro non immaginando invece che, ancora prima della sua morte, sarebbe caduta nel silenzio dell'oblio.
Donna futuristicamente bellissima, incapace di non sedurre e di non farsi sedurre ogni volta che la sua forza vitale la portava da un punto all'altro della fantastica tempesta culturale d'inizio Novecento, nata bene in una famiglia della borghesia provinciale francese illuminata dalla parentela con Alphonse de Lamartine, la vita almeno di Valentine de Saint-Point, se non la sua opera, è una compiuta realizzazione del futurismo: sposata a diciotto anni con un oscuro professore di paese, vedova sei anni dopo, poi un nuovo matrimonio con un politico di provincia che solo la sua spinta porterà a diventare ministro fino a quando, stanca della sua mediocrità, per liberarsene accetta, nel 1904, di far scandalo con un divorzio per colpa, e s'innamora dell'arte, diventando modella e amante di Mucha e di Rodin, e scopre la scrittura, con una serie di romanzi e di poesie che magari non avranno lasciato tracce nella letteratura francese, però, con titoli come La trilogia dell'amore e della morte, Una femmina e il desiderio, e soprattutto L'incesto, riuscivano a far parlare, a scandalizzare.
Quindi, l'incontro scontro con Marinetti e il Manifesto della Donna futurista che adesso Il melangolo (pag. 88, euro 8) pubblica per la prima volta in Italia in un volumetto che comprende anche il Manifesto futurista della Lussuria e altri testi, come La Metacorìa che è la teorizzazione di una danza «cerebrale», «al di là del coro», cioè «al di là della danza», da cui discende buona parte della danza moderna e che lei stessa, con sprezzo del ridicolo, portò nelle scene all'epoca dominata da personaggi come Isadora Duncan.
«L'Umanità è mediocre. La maggioranza delle donne non è né superiore né inferiore alla maggioranza degli uomini. Sono uguali. Meritano entrambe lo stesso disprezzo»: così, più nietzschianamente che futuristicamente inizia il Manifesto ed è chiaro il tentativo di mettersi al passo con gli uomini nella corsa verso la modernità che il futurismo imponeva ma, a scanso di equivoci, precisa: «Ma niente femminismo. Il femminismo è un errore politico. Il femminismo è un errore cerebrale della donna, un errore che il suo istinto riconoscerà. Non bisogna dare alla donna nessuno dei diritti reclamati dalle femministe». E continua con l'esaltazione della lussuria, «la lussuria è una forza, perché distrugge i deboli ed eccita i forti (...) Ogni popolo eroico è sensuale. La donna è per lui il più esaltante dei trofei», ancora una volta più all'ombra di Nietzsche che di Marinetti, sublimata nel Manifesto della Lussuria che attacca «il sinistro ciarpame romantico» e nel suo delirio post-romantico giunge a cantare lo «stupro per ricreare la vita».
Dopo lo scandalo, il futurismo femminile di Valentine de Saint-Point avrà vita breve. Più lunga e ricca la vita di Valentine. Nel 1913 incontra e seduce un altro italiano e un altro straordinario personaggio, Ricciotto Canudo, colui che battezzò il cinema come «settima arte». Intanto Valentine inizia a viaggiare, va in Marocco, scopre l'Islam e si converte prendendo il nome di Rawhiya Nour el dine, che vuole dire Luce spirituale della religione, e, soprattutto dopo la morte «alla Apollinaire» di Canudo, per i postumi di una ferita di guerra, scopre la politica e anticipa generazioni intere di antiimperialisti sostenendo il nazionalismo arabo. Ma la sua luce è ormai sempre più fioca e si spegne in un lento silenzio quando, dopo l'incontro con René Guenon, sprofonda in un misticismo esoterico.

Muore, dimenticata da tutti, a tutti sopravvissuta, nel 1953 a Il Cairo.

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