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«Ben vengano gli sceicchi nel nostro calcio» Il presidente del Coni: «Non sono sciovinista, tutti i soldi sono benedetti e i club sono società a fine di lucro» E annuncia: «Il football non è più il motore dello sport italiano. Fate caso agli spot

La levata di scudi contro la classe arbitrale non gli è piaciuta per nulla. E da responsabile dello sport italiano, Gianni Petrucci, presidente del Coni, ha deciso di intervenire per cercare di placare gli animi. «Sono avvilito e dispiaciuto. Non accetto quegli insulti», ha detto.
Sembra quasi un monito quirinalizio.
«C’è modo e modo per dire che un arbitro ha sbagliato partita, non si deve offendere. Non è che a fine partita s’insulta una persona che non si può difendere».
Però nelle prime giornate gli arbitri ne hanno fatta una più di Bertoldo…
«Ma non si può dire che un arbitro è da ricovero. Si sta esagerando. Va bene l’ironia, le battute. Così no».
Questi sono scarsi davvero. È da quattro anni che si dice che bisogna dar tempo, che devono crescere. Nell’attesa, alcuni sono già andati in pensione.
«La questione è che si sbaglia. Ci fosse la moviola con gli errori degli allenatori e i gol mangiati dagli attaccanti…».
Ma se l’allenatore sbaglia può essere mandato via e il calciatore finire in panca.
«Un conto è cacciare, un conto è insultare e offendere. Certi limiti non possono essere superati».
La campagna contro le bestemmie, il minuto di silenzio per i morti in Afghanistan, la strenua difesa degli arbitri. Non è tutto un po’ troppo demagogico?
«Ogni iniziativa ha sempre un risvolto criticabile. Però qualcuno deve pur decidere: con lucidità, responsabilità e buona fede».
E non si è mai pentito della scelta di Guido Rossi come commissario straordinario della Federazione al posto di Franco Carraro dopo l’esplosione del bubbone Calciopoli?
«In quel momento no. Bisogna riportarsi a quel periodo in cui tutti dicevano che il Coni avrebbe messo persone “amiche” per coprire».
Lei affermò che di Rossi non si poteva dire che fosse “amico di” o “non fosse amico di”. Parere opinabile.
«La nomina del professor Rossi fu votata all’unanimità. Facile fare gli eroi oggi».
Condivide anche la scelta di assegnare all’Inter lo scudetto 2006?
«Non entro nel merito. In questo Paese siamo tutti fenomeni a criticare le altrui decisioni se non se ne ha la responsabilità».
Anche lei ha ricevuto l’esposto della Juventus che ne chiede la revoca.
«E ho fatto presente che responsabilità e titolarità sono della Federcalcio».
Il nostro calcio si salva con le banche italiane o con i capitali esteri?
«Una forza del calcio italiano è che i soldi sono dei presidenti di società. In questi ultimi anni non hanno fatto follie, sovente hanno ripianato i propri conti, e se hanno preso grandi giocatori (pensiamo a Ibra o Robinho) hanno avuto il ritorno con sponsorizzazioni e merchandising. La gestione Moratti degli ultimi due anni è esemplare. Non accetto però che alcuni presidenti vogliano dare lezioni agli altri su come si deve investire. Il Coni non interviene sulle loro gestioni e loro dovrebbero rispettare le altrui».
Dare lezioni non è un vizietto dei soli presidenti.
«E infatti non amo nemmeno gli allenatori che stanno all’estero e vogliono darci lezioni. Ne abbiamo però due, Ancelotti e Mancini, che non hanno mai commentato le cose italiane».
Capello però qualche stilettata al calcio italiano l’ha tirata.
«Ha detto che i club sono condizionati dagli ultrà. Non è vero. Conosco le cose di Roma: alla Lazio non è così, la Sensi è stata contestata».
Arrivassero in Italia i soldi degli sceicchi o delle multinazionali dell’Est?
«Tutti i soldi sono benedetti. Non sono uno sciovinista. Il calcio è una società a fine di lucro, il mercato è aperto. Quello che è importante è che la decisione della parte sportiva venga presa dal proprietario italiano».
Servirebbero i manager.
«I dirigenti buoni ci sono. Penso ad Adriano Galliani, che conosce il calcio italiano meglio di chiunque altro. E devo dare atto a Lotito che, malgrado i sorrisetti di alcuni, ha portato novità nel calcio e non ha abbassato la testa davanti a certe imposizioni».
Che ne pensa del minacciato sciopero dei calciatori?
«Sciopero lo spostamento di una giornata di campionato? Sono comunque contento sia stato sospeso o annullato».
Lei sostiene che il calcio non è più il motore dello sport italiano.
«È così, pur restando il più popolare e il più affascinante».
E qual è allora questo motore?
«Tutto lo sport. E il mercato se ne è accorto. Basta vedere gli spot tv: sono più numerosi gli atleti non “del pallone” di quanto lo siano i calciatori. È cambiata la cultura. Oggi uno degli atleti più popolari al mondo è Federica Pellegrini».
In un’intervista sul «Corriere della Sera», Franco Carraro - membro del Comitato Olimpico Internazionale (Cio) - l’ha invitata a tirar fuori dal cassetto il dossier Roma 2020 per evitare di incorrere nei ritardi di Expo2015.
«È un rischio che non corriamo, siamo partiti addirittura in anticipo. Adesso però è logico far partire il comitato organizzatore. A fine mese scioglierà la riserva Gianni Letta, il nome su cui tutti concordano per la presidenza. Confidiamo in una risposta positiva. Poi si farà la squadra».
Dovendo scommettere sull’aggiudicazione?
«È una cosa molto difficile ma questa volta possibile. Abbiamo constatato in questi giorni in cui ricorrono i 50 anni delle Olimpiadi di Roma l’appeal di cui gode questa città nel mondo. E confidiamo molto sui presidenti internazionali che hanno grande popolarità per fare una corretta lobby con i membri italiani del Cio e il segretario generale Pagnozzi».
Sperando di non finire come i Mondiali di nuoto, con inchieste e sequestri.
«Ma dal punto di vista sportivo quell’evento è stato straordinario. È come per Italia ’90 e le critiche che ci sono piovute addosso per la costruzione degli stadi. Se non li avessimo fatti, però, tante squadre oggi non potrebbero giocare in Serie A».
Servono nuovi stadi?
«La Juve, ad esempio, se lo sta facendo. E non è la sola».
Il suo mandato scade nel 2013 e non potrà essere rinnovato. Che farà dopo?
«Non lo so. Sono preoccupato per chi sa già cosa farà fra 3 o 4 anni, perché poi nel 90% dei casi il suo desiderio non si avvera. Mi prendo questo vantaggio».
Comitato Olimpico Internazionale? In fondo ci sono già 5 membri italiani.
«No. Il Cio è un organismo strano, la metà dei suoi membri non ha rapporti con lo sport nazionale.

Io ho sempre pensato che per me era più interessante fare il ministro degli Interni piuttosto che quello degli Esteri».

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