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«Berlino città spendacciona, i suoi debiti li paghi da sé»

La capitale tedesca deve 60 miliardi di euro. I länder protestano. L’Alta Corte: troppe spese inutili, no agli aiuti annui

Salvo Mazzolini

da Berlino

È la città della Germania con il maggior numero di discoteche, di cabaret, di ristoranti, di locali notturni e quanto a sale di tango è seconda solo a Buenos Aires. La sua offerta di divertimenti è enorme e così anche la sua offerta culturale: tre teatri d'opera, otto orchestre sinfoniche, nove teatri di prosa, quasi duecento biblioteche aperte al pubblico. Ma Berlino è anche la città più indebitata di Europa: ben sessanta miliardi di euro. Un debito gigantesco che cresce a velocità vertiginosa perché Berlino finora si è dimostrata incapace di fare economie. Insomma una città godereccia e spendacciona, festaiola e spericolata, abituata da sempre a vivere in un clima da ballo sull'orlo del vulcano. Prima sdrammatizzando la realtà della guerra fredda che proprio qui a Berlino si manifestava nel modo più crudele, poi fingendo di ignorare che dietro divertimenti e godimenti culturali c'era una situazione finanziaria disastrosa.
Adesso però la festa sembra destinata a finire. È svanita anche l'ultima possibilità di attenuare il peso dei debiti scaricandone una parte sullo Stato e sugli altri länder come più volte era avvenuto in passato. I debiti fatti dai berlinesi dovranno essere pagati solo dai berlinesi. Così ha deciso una sentenza della Corte costituzionale ponendo fine ad una controversia tra lo Stato e il Land di Berlino che si trascinava da anni. Nel 2002 il governo, spaventato per la montagna di debiti che l'amministrazione della capitale continuava ad accumulare, decise di sospendere il contributo annuale straordinario che per legge viene versato ai Länder in difficoltà.
In altre parole il governo (al potere c'era la coalizione rossoverde del cancelliere Schröder) disse all'amministrazione di Berlino (che da otto anni è formata da socialdemocratici e neocomunisti del Pds): dal momento che la politica dell'allegra finanza continua sospendo ogni aiuto. Un caso senza precedenti nella storia del federalismo tedesco. A spingere il governo verso una linea così drastica furono soprattutto i Länder più ricchi, la Baviera, il Baden-Württemberg e l'Assia, che si rifiutarono di applicare quella norma federale che prevede la solidarietà finanziaria tra le regioni (le più ricche devono aiutare le più povere). E la Corte Costituzionale ha dato loro ragione.
In soldoni la sentenza vuol dire che Berlino non otterrà trenta miliardi di euro, la cifra cui ammontano i contributi straordinari sospesi dal governo. «Se Berlino vuol vivere al di sopra delle sue possibilità faccia pure, ma non a nostre spese», ha detto il capo della Baviera Stoiber. Per i berlinesi una vera e propria doccia fredda. Anche perché se è vero che sono spendaccioni è anche vero che negli ultimi anni hanno dovuto affrontare una serie di costose trasformazioni. Ai tempi del muro, Bonn si addossava metà del bilancio di Berlino Ovest e poi circolavano i soldi che venivano dalla presenza dei tre eserciti di occupazione, americano, inglese e francese. E quindi la bella vita era assicurata.
Diventata capitale della Germania, Berlino ha dovuto imparare a camminare con le proprie gambe. Non solo sono diminuiti i contribuiti straordinari, ma c'è stato il problema di integrare i fratelli non più separati, i berlinesi dell'Est, che in dote hanno portato imprese non da smantellare e una burocrazia gigantesca.

Risultato, ai debiti che in quindici anni si sono sestuplicati si è aggiunta la disoccupazione che sfiora il 20%.

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