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Bomba Eta all’aeroporto di Madrid, tregua finita

La potente deflagrazione ha danneggiato i quattro piani del posteggio. Per il primo ministro non ci sono più le condizioni per proseguire le trattative con i terroristi

da Madrid

Un’autobomba dell’Eta fa saltare il dialogo tra governo spagnolo e separatisti baschi. L’esplosione ieri mattina, alle 9, nella zona C del parcheggio coperto del Terminal 4 dell’aeroporto madrileno di Barajas: due ecuadoregni risultano dispersi; 19 persone, tra cui due poliziotti, sono rimaste ferite. Un’ora prima della deflagrazione tre telefonate erano giunte alla Dya, un’associazione di soccorso stradale di Guipùzcoa, e ai vigili del fuoco di Madrid per segnalare la presenza della bomba in un furgoncino Renault proprio nel punto esatto dove poi è esplosa: soltanto con l’ultima chiamata, partita da una cabina telefonica di San Sebastian, una voce anonima aveva annunciato di parlare a nome dell’organizzazione terroristica basca, avvertendo che sarebbe stato inutile e pericoloso tentare di disinnescare l’ordigno.
Immediato è scattato il piano di emergenza della polizia e dei vigili del fuoco che hanno evacuato e chiuso la zona. L’esplosione ha squarciato quattro piani del parcheggio e ha causato la chiusura dell’aeroporto fino alle 13.30 con conseguenti ritardi e cancellazioni di decine di voli. Subito dopo l’attentato, decine di passeggeri all’interno degli aerei in attesa di decollare sono stati fatti scendere e radunati sulle piste laterali: si temevano altre esplosioni all’interno del terminal. Uno dei due ecuadoregni si era addormentato in auto in attesa dell’arrivo dell’aereo dei familiari. Se i due dispersi risultassero morti nell’esplosione, sarebbero le prime vittime dell’Eta a distanza di tre anni dall’ultimo sanguinoso atto terroristico. L’attentato ha segnato la fine della tregua proclamata dall’Eta lo scorso 24 marzo, dopo quarantanni di lotta armata e oltre 800 vittime.
Il governo del premier socialista José Luis Rodriguez Zapatero si era impegnato ad avviare una trattativa con i separatisti, suscitando la protesta del Partito popolare e della Avt, l’associazione dellle vittime del terrorismo. Zapatero, interrotte le vacanze natalizie per rientrare a Madrid, soltanto pochi giorni prima aveva ribadito la scelta di continuare nel negoziato di pace e aveva azzardato che: «Oggi, con un cessate il fuoco, la situazione è migliore di un anno fa, quando le bombe esplodevano». Ma alle 18.34, scuro in volto, Zapatero si è presentato ai giornalisti per comunicare il cambio di strategia: «Ho ordinato di sospendere immediatamente qualsiasi trattativa di dialogo nel Paese Basco». Riferendosi alle decisioni già prese dal suo governo, il premier ha detto che «non esistono più le condizioni per mettere in atto ciò che si era valutato in Parlamento». Alla domanda se la trattativa fosse sospesa o solo interrotta, Zapatero ha risposto che «fino a quando non sarà evidente la volontà inequivocabile di abbandonare ogni forma di violenza, non ci sarà nessuna forma di dialogo».
Un dietrofront che sembrava già preannunciato, quando nella tarda mattinata di ieri era giunta per prima la dichiarazione del ministro degli Interni Alfredo Pérez Rubalcaba. «Questo gravissimo attentato, di cui non esiste nessun dubbio su chi sia l’autore, interrompe la nostra trattativa, poiché la violenza è incompatibile con qualsiasi democrazia e questo governo lo vuole ribadire fermamente». «Alla luce dei fatti - ha continuato - nessuno poteva immaginare che un attentato così grave si verificasse oggi, perché questo non è un comportamento abituale di tale organizzazione che in passato, al momento di interrompere una tregua, ha sempre voluto avvertire».
Mariano Rajoy, presidente del Partito popolare, ha invitato Zapatero a «interrompere qualsiasi trattativa con l’Eta e a ritornare ai metodi di fermezza attuati dai precedenti governi».


Di parere contrario Arnaldo Otegi, leader di Batasuna, il partito vicino all’Eta che ha dichiarato che il processo di pace non è stato rotto, perché non è stato fatto nessun passo indietro rispetto all’annuncio della tregua dello scorso marzo.

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