Il calcio è in crisi anche per colpa della «Veltroni»

Pietro Mancini

Sarà la magistratura a dover dire agli italiani se Moggi, Giraudo e lo squadrone di indagati abbiano violato non solo l’articolo 1 del regolamento della Figc, quello che impone ai tesserati l’obbligo della correttezza e della lealtà prima, nel corso e dopo le competizioni sportive, ma anche le leggi del codice penale. Appare intanto legittima e fondata la richiesta del presidente del Milan, Silvio Berlusconi, alla giustizia sportiva: rivogliamo ciò che ci è stato tolto, con mezzi fraudolenti. Ma intanto dobbiamo porre la domanda che è sulla bocca di tanti, tifosi e addetti ai lavori, ma che nessuno sinora ha avuto il coraggio di fare. È possibile che personaggi come gli Agnelli e Luca Cordero di Montezemolo abbiano deciso di affidare a Giraudo e al furbo ex capostazione di Civitavecchia la gestione di quello che è stato, da sempre, il fiore all’occhiello della sacra famiglia di Villar Perosa? Che Moggi fosse un personaggio chiacchierato, un maneggione del mondo del calcio, l’Avvocato lo sapeva bene, tanto che una volta rispose così a un giornalista: «Luciano? Lo stalliere deve conoscere tutti i ladri di cavalli del regno». E dunque se l’Avvocato, suo fratello Umberto e Montezemolo conoscevano pregi e difetti della Triade, perché la maggioranza dei giornalisti sportivi, forse eccessivamente ossequiosi, omaggiavano biscardianamente gli arroganti boss bianconeri senza battere ciglio per ben 12 anni, nella lunga fase in cui la Juventus dominava e trionfava, in Italia e in Europa? E Diego Della Valle, l’imprenditore prodiano anti-Cavaliere che aspirava a moralizzare lo sport e la politica? Adesso è indagato per aver dovuto accettare il «taroccamento» di alcune partite della sua Fiorentina, per evitarne la retrocessione in serie B.
Ora è troppo facile parlare, genericamente, di «calcio sporco» e bacchettare i metodi spicci e brutali prescelti dagli indagati per addomesticare le partite e blandire i capi del settore arbitrale. E non è stato molto elegante che proprio il giornale della Fiat, La Stampa, abbia pubblicato in prima pagina non le foto di Giraudo e Moggi, ma quella della figlia del banchiere romano Cesare Geronzi, Chiara, mettendo in piazza i suoi amori e le sue amicizie private. Così come è apparsa non proprio opportuna né felice la decisione del direttore della stessa Stampa di far bocciare la candidatura di Gianni Letta a commissario straordinario della Federcalcio, avanzata da Romano Prodi, da un giornalista comunista non pentito (come Napolitano e Veltroni) come l’ex direttore del Manifesto Barenghi. Il primo a doversi pronunciare sulla praticabilità dell’ipotesi Letta è proprio l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, profondo conoscitore di leggi e regolamenti sportivi e abile regista delle recenti, splendide Olimpiadi sulla neve del Piemonte. È auspicabile, in ogni caso, che governo e opposizione si rendano conto dell’estremo degrado e del gran caos in cui rischia di precipitato lo sport più seguito in Italia. E che si provveda con urgenza a individuare le persone e i provvedimenti più efficaci. «Calcio corrotto, nazione infetta», ha osservato qualcuno. Ma per imboccare la strada del rinnovamento degli uomini e delle strutture, occorre che Prodi e la nuova maggioranza parlamentare abbiano anche il coraggio di cestinare, al più presto, la legge Veltroni del 1996. Un provvedimento buonista, ma demagogico e inefficace, che estese a tutti i club calcistici i fini di lucro. Con il risultato catastrofico di contribuire al fallimento di tante medie e piccole società: sono oltre 533 i milioni di euro di esposizione delle squadre di serie A, B e C, calcolati alla fine dei campionati della stagione 2004-2005.

Mentre la Juventus chiudeva i bilanci, registrando modesti utili, ma solo grazie al «metodo Moggi».

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