Calcio

"Il Bambino d'Oro è sbarcato a Malpensa". Così, vent'anni fa, Kakà scrisse la storia del Milan

Era il 16 agosto 2003 quando un giovane Ricardo Izecson dos Santos Leite mise piede in Italia, tra l'indifferenza e le ironie per il nome di quasi tutti: si rivelerà uno dei più forti fantasisti di tutti i tempi

"Il Bambino d'Oro è sbarcato a Malpensa". Vent'anni fa, Kakà scrisse la storia del Milan

"Uno con un nome così non potrebbe giocare nella Juventus". La celebre battutaccia di Luciano Moggi - uno che di calcio ne ha sempre capito molto, a prescindere dai successivi risvolti giudiziari - dimostra come fermarsi esclusivamente sulla superficie anagrafica spesso non porti esattamente fortuna. Fortuna che invece portò al Milan (eccome!) quel brasiliano 21enne originario di Gama e cresciuto nel San Paolo. Il suo nome completo: Ricardo Izecson dos Santos Leite. Il soprannome, grazie al quale è diventato poi famosissimo: Kakà. Fu grazie a suo fratello Digão che nacque quello pseudonimo. Da piccolo non riusciva a pronunciare il nome Ricardo: originariamente veniva storpiato in "Cacá", ma poi il giocatore sostituì le "c" con le "k". Esilarante quanto si vuole e ispiratore di ironie e di risate grasse più che mai, ma alla fine lo si può affermare con estrema certezza con il senno di poi: quel fantasista sudamericano è stato un vero prodigio.

Un annuncio da... blackout

Elegante e forte fin da un'amichevole al Bernabeu per celebrare il centenario del Real Madrid e da qualche scampolo di Mondiale in Corea e Giappone nel 2002 con la Nazionale, le prime voci di un arrivo a Milanello di questo giovane talento non fanno esattamente entusiasmare i tifosi rossoneri, che peraltro in quell'estate sembrano doversi accontentare dell'acquisto di due (più che buoni) esterni come Cafù e Pancaro. Il parere di Leonardo è però molto forte e convince la dirigenza. Anche perché non si vuole ripetere lo stesso clamoroso errore del 1996: rinunciare a Zidane perché in rosa c'erano già Baggio e Savicevic. Ora, nonostante le presenze "corpose" di Rivaldo e Rui Costa, si arriva alla giornata di Ferragosto del 2003. Bisogna dare l'annuncio ufficiale sul sito del Milan. Ma c'è un problema: la notizia non si riesce a pubblicare sul portale. Motivo? La società con la quale i rossoneri collaborano per il supporto tecnologico online ha il server a New York, città nella quale è in atto il più grande blackout della storia statunitense. I social network non esistono ancora e quindi bisogna ripiegare con un "semplice" sottopancia su Milan Channel.

Ma eccolo così sbarcare a Malpensa il 16 agosto. Giacca e cravatta, occhialetti da intellettuale, questo semi-sconosciuto calciatore vestito come un timido scolaretto sorridente è costato "appena" 7,5 milioni di euro. "Quand'è arrivato, non gli davo una lira: con quei capelli, sembrava Gianni Morandi", racconterà in seguito Alessandro Nesta. In pochi credono in lui. Bene, nelle successive sei stagioni Kakà collezionerà 270 presenze e 95 gol, facendo vincere al Milan una Champions League, un Mondiale per Club, uno scudetto, una Supercoppa italiana, due Supercoppe europee nonché il suo personale meritatissimo Pallone d'oro nel 2007. Strapotere fisico, visione di gioco e accelerazioni da centometrista portano questo trequartista moderno a dominare la scena europea e mondiale. Del resto lui aveva già le idee molto chiare vent'anni esatti fa: "Voglio entrare nella storia di questo club". E così fu. Basta osservarlo nel suo debuto in gare ufficiali ad Ancona per capire che ci sarebbe voluto pochissimo per scalzare i vari Rui Costa e Rivaldo. Titolare inamovibile di un Milan composto già da grandi campioni, la prima rete non si scorda mai: arriva il 5 ottobre 2003, in occasione del derby contro l'Inter vinto 3-1.

L'addio e il (non fortunatissimo) bis di Kakà

Dotato di ottima tecnica e visione di gioco, tra i suoi punti di forza spiccano la progressione palla al piede, che lo rende un eccellente contropiedista, e il dribbling, soprattutto in velocità. "Ricky", "Il Bambino d'Oro", "Smoking Bianco": i soprannomi affettuosi dei tifosi si sprecano. Tutti accompagnati da quel coro della Curva Sud che viene intonato a gran voce in ogni match del Meazza: "Siamo venuti fin qua, siamo venuti fin qua, per vedere segnare Kakà". Peccato che, nel gennaio 2009, quell'incitamento dovrà essere sostituito da un altro, più nostalgico e preoccupato: "Non si vende Kakà". Già, perché l'offerta del Manchester City è cospicua (più di 100 milioni di euro) e allettante anche per la società. L'affare è ormai fatto. Ma sarà una telefonata in diretta al "Processo di Biscardi" da parte del presidente Silvio Berlusconi a far gioire un intero popolo rossonero: "Kakà resta al Milan". Nella notte di un rigido inverno, sotto l'abitazione milanese di via Aurelio Saffi, centinaia di tifosi acclamano - affinché si mostrasse alla finestra - il fuoriclasse che aveva scelto di restare. Ma solo per cinque mesi. Nel giugno successivo, infatti, la chiamata del Real Madrid diventa irresistibile e fu addio.

O meglio: fu un arrivederci. Perché è vero che, come canta Antonello Venditti "certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano", si attenderanno quattro anni deludenti in Spagna per un riapprodo a Milano, più che altro "simbolico". Perché ovviamente quell'annata 2013-2014 non poteva essere neanche lontanamente paragonata a una qualsiasi del sessennio di inizio Duemila: 37 presenze e nove gol, in una squadra che oramai stava procedendo inesorabilmente nel lungo declino degli anni '10. Però, poco male. In fondo, come disse in una recente intervista Paolo Maldini: "Ma quanto era forte Kakà...

".

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