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Calcio, la corte Ue cancella le regole Uefa sui vivai. Cosa cambia

La Corte di Giustizia Europea dà ragione all'Anversa che aveva messo in dubbio la legittimità dei limiti imposti dalla Uefa ai club sui giocatori cresciuti nel paese nelle rose. Cosa può cambiare

Calcio, la corte Ue cancella le regole Uefa sui vivai. Cosa cambia

Con tutta l’attenzione concentrata sulla fine del monopolio Uefa e Fifa nell’organizzazione di tornei calcistici, si rischia di sottovalutare un’altra decisione della Corte di Giustizia Europea che potrebbe avere conseguenze pesanti sul mondo del calcio europeo. La corte ha infatti deliberato a favore dell’Anversa, squadra belga che aveva richiesto di cancellare le regole Uefa che costringono le squadre a inserire almeno otto giocatori formati in patria per partecipare alle competizioni europee. La corte non ha chiuso del tutto la questione, rimandando la decisione alla giustizia belga. Questo, però, rischia di aprire un vero e proprio vaso di Pandora, consentendo a club in ogni paese europeo di mettere in dubbio la legittimità di queste controverse regole.

Una sentenza altrettanto storica

Mentre tutti stanno parlando del ritorno in auge della Superlega e di come potrebbe cambiare radicalmente il panorama del calcio mondiale, questa sentenza potrebbe avere conseguenze altrettanto dirompenti nel medio periodo. A rivolgersi alla corte europea era stato il club belga dell’Anversa e l’ex Scarpa d’Oro Lior Refaelov, chiedendo di giudicare se le regole imposte dalla Uefa e dalla federcalcio belga limitassero la libertà dei club di attirare giocatori promettenti e se questo non rendesse più difficile per i giovani farsi strada nel mondo del calcio. A rimandare la questione alla corte europea era stato il tribunale di Bruxelles, che aveva rivolto una serie di dubbi rispetto alla compatibilità di questa regola con le leggi sulla libera circolazione dei lavoratori nel territorio dell’Unione Europea.

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La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che imporre limiti ai giocatori cresciuti nei vivai nazionali è contrario alle regole europee sulla concorrenza e che limita in maniera ingiusta la competitività dei club. Secondo la corte, “nel calcio professionistico il talento ed il merito giocano un ruolo fondamentale” e privilegiare giocatori formati nel paese sarebbe discriminatorio nei confronti di giocatori che si sono formati in altri paesi dell’Unione Europea. I giudici, però, hanno lasciato aperta la porta alla Uefa e alle varie federazioni nazionali, che potranno dimostrare che questa regola è in effetti giustificata e che le misure previste per incoraggiare i club a scegliere giocatori formati nel proprio paese sono “proporzionate e giustificate”. D’altro canto, però, la corte elenca una serie di condizioni non semplici che la Uefa e le federazioni dovranno dimostrare per evitare che la regola sia dichiarata illegittima.

Perché è una decisione importante

La questione è ben lontana da essere interessante solo per gli esperti di diritto comunitario, visto che avrà conseguenze molto pesanti sui settori giovanili delle squadre italiane e come si muovono sul mercato, spesso spendendo cifre importanti per acquisire talenti in tutto il mondo quando sono molto giovani. Le regole in vigore al momento, infatti, stabiliscono che tra i 25 giocatori che possono essere inseriti nella cosiddetta lista A, valida per le competizioni europee, almeno 8 devono obbligatoriamente essere “cresciuti localmente”. Se il numero fosse inferiore, il numero di giocatori disponibili per giocare in Champions League si ridurrebbe progressivamente. Quattro di questi giocatori devono essere stati in rosa nelle giovanili per almeno 3 anni tra i 15 e 21 anni di età, mentre altri 4 possono essere stati nella rosa di un’altra squadra della stessa federazione per un periodo equivalente. Nell’opinione fornita alla corte dall’avocat général Maciej Szpunar lo scorso marzo, si metteva in dubbio la validità di queste regole, che limiterebbero la libertà dei club senza promuovere la crescita dei talenti italiani.

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Se un club in un campionato importante può comprare fino alla metà dei giocatori necessari per la lista in altre squadre, l’obiettivo di formare giovani talenti nel proprio vivaio sarebbe frustrato. I giocatori giovani dovrebbero essere formati solo nel vivaio della squadra in questione, senza possibilità di acquisirli da altre squadre”. La Uefa si era riproposta di migliorare l’efficacia delle norme ma in realtà non è stato fatto niente, arrivando quindi alla decisione di oggi. La conseguenza principale di questa sentenza è che apre la porta ad un club italiano di chiedere ad un tribunale di valutare la compatibilità delle regole con il rispetto della concorrenza e se limitino in maniera ingiusta la competitività del club.

Al momento non è chiaro come potrebbero modificarsi le regole in vigore: visto che la corte ha stabilito che i limiti alle liste Uefapotrebbero dar luogo a discriminazione indiretta, basata sulla nazionalità, contro i giocatori provenienti da altri Stati membri”, è possibile che vengano del tutto cancellate. D’altro canto, invece, è possibile che venga chiusa la possibilità di acquisire giovani talenti formati in altre squadre della Serie A, rendendo ancora più importante dedicare abbastanza risorse ai propri vivai.

Comunque vada, si tratta sicuramente di un’altra rivoluzione in arrivo nel mondo del calcio.

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