Qatar 2022

Festa argentina in faccia all'Olanda: bisogna saper vincere

Otamendi e compagni sbeffeggiano gli oranje dopo i rigori, mentre Messi va ad abbracciare il portiere Emiliano Martinez

Gli argentini deridono gli olandesi dopo i rigori
Gli argentini deridono gli olandesi dopo i rigori

Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere”, strilla il lato A del 45 giri proponendo la voce scavata dei The Rokes che si lega a quella, monumentale, di Lucio Dalla. Chissà se presentandola al Festival di Sanremo del 1967 quei due, Ruggero Cini e Giuseppe Cassia, parolieri di un successo che fende le generazioni, avevano soppesato anche l’ipotesi contraria.

Di sicuro non l’hanno fatto gli argentini ieri sera. Dopo una gara tiratissima contro l’Olanda - quarti di finale del mondiale con trama serenamente interpretabile da Angela Lansbury - molti di loro, capitanati da Otamendi, sono corsi a festeggiare in faccia agli olandesi sconfitti, rei - secondo la narrazione albiceleste - di averli provocati, offesi e presi a calci per tutta la gara. Il che potrebbe anche rivelarsi vero, ma non giustifica una reazione così scomposta a ridosso del dramma dei rigori. Van Gaal mesto in volto dichiara: “Puoi allenare la tecnica, ma non la testa dei giocatori”. Che intanto vengono buggerati dai passionali argentini.

I fotogrammi non lasciano adito a interpretazioni di sorta: Otamendi si porta le mani alle orecchie e fissa gli Oranje con irriverente sarcasmo. Accanto a lui, a completare la banda, ecco Paredes, Montiel e Di Maria: tutti hanno qualcosa da urlare in faccia a Van Dijk e compagni, atterriti dopo il rigore decisivo calciato da Lautaro Martinez.

Che la gara fosse assomigliata ad una rissa da bar non c’è dubbio: spinte, entrate da bassa macelleria, palloni calciati contro la panchina altrui (ma in questo caso l’autore è Paredes) ed una sicura congerie di insulti reciproci come condimento naturale di una contesa sfuggita di mano a Messi e compagni per il miracoloso pareggio olandese nel corposo recupero. Ma da qui a smarrire il contegno, a disunirsi beceramente anziché fornire esempio di signorilità, passa la distanza tra i campioni e i bulletti di periferia. “Ci hanno provocato di continuo durante i rigori”, frignano al termine gli argentini: tentativo di lavarsi la coscienza a dire il vero penoso.

Perché l’antisportività, anche fosse stata l’Italia al posto dei pur simpatici cugini sudamericani, va contrastata senza quartiere. Non è un caso, del resto, se Leo Messi - pure aspramente critico ed irriverente, lui nei confronti di Van Gaal - non cade nella trappola dell’acrimonia e, invece di cedere a tentazioni tribali, corre in direzione opposta allo sberleffo, ad abbracciare il suo portiere.

E quanto stridono queste immagini rispetto a quel che si è visto in Brasile - Croazia, con la nazionale a scacchi che consola i verdeoro accasciati sul campo in lacrime, con il figlio di Perisic che abbraccia Neymar e la manopola del fair play alzata senza tentennamenti a tutto volume.

La sana rivalità può anche contenere il gesto irrisorio, ma è un’altra cosa. L’Albiceleste è una squadra passionale e ieri, semplicemente, si è lasciata attirare nel tranello delle emozioni negative. Forse nello spogliatoio Scaloni non mette Dalla e i The Rokes, ma sul lato B del giradischi andava comunque incisa l’altra parte della storia.

Questione di stile, classe ed esempio: bisogna saper vincere.

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