Calcio

Il pagellone di Pasquetta: leggerezza, maturità, schiacciasassi ed anni zero

Cosa si è visto nel lungo fine settimana della Serie A? La leggerezza della capolista, la ritrovata maturità di una grande, un'impressionante schiacciasassi ed una favola molto reale. C'è anche spazio per l'ennesimo passo falso di due grandi in crisi nera. Vi raccontiamo tutto nel nostro solito pagellone

Il pagellone di Pasquetta: leggerezza, maturità, schiacciasassi ed anni zero
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Superate a malapena le abbuffate di Pasqua tocca di nuovo sedersi a tarda notte, raccogliere gli appunti e provare a raccontare cosa è successo in questa strana 30a giornata del massimo campionato italiano. Più facile a dirsi che a farsi, visto che le gare di sabato sembrano già storia antica ma proveremo comunque a dirvi cosa abbiamo visto. Cosa è successo? Alcune crisi si sono aggravate, alcuni segnali di ripresa sono più chiari e diverse grandi sembrano ormai viaggiare col pilota automatico. Ora che stiamo per entrare nella fase cruciale della stagione, il tempo per porre rimedio a certe situazioni inizia a scarseggiare. Vediamo quindi quali sono i verdetti di questo weekend di Pasqua nel nostro solito pagellone del lunedì (in ritardo).

La Dea torna schiacciasassi (7,5)

Proprio quando ti aspetti che l’Atalanta ritorni fragorosamente sulla terra, il Gasp riesce a trovare da qualche parte un modo nuovo per riuscire a tornare a correre. Chi pensa che la vittoria clamorosa riportata al Maradona sia solo frutto dei demeriti del Napoli dovrebbe guardarsi di nuovo come ha giocato la Dea. La partita l’Atalanta l’ha vinta ancora prima di entrare in campo, grazie all’ennesima trovata del Gasp, che indovina le mosse giuste per mandare in confusione totale i partenopei. Hien riesce nel compito mai semplice di annullare Osimhen mentre Pasalic attacca senza pietà la fonte del gioco del Napoli, perseguitando Lobotka come se non ci fosse un domani. Aggiungi la prestazione clamorosa del rinato Miranchuk, che segna e fa segnare come se fosse la cosa più facile al mondo, e si spiega il risultato.

Miranchuk Napoli Atalanta

In una giornata quasi perfetta, Scamacca segna un golazo come per ricordare a Spalletti che l’Italia non può fare a meno delle sue giocate: quando finisce la benzina, lascia mezz’ora a Lookman per smontare pezzo per pezzo la difesa del Napoli a forza di scatti. La difesa non fa miracoli, Scalvini a parte, ma è salvata dall’ennesimo partitone di Carnesecchi, solido ed affidabile come pochi. La cosa veramente impressionante è come l’Atalanta sia in grado di avere sempre il giocatore giusto in panchina, da Koopmeiners che, non al massimo, sopperisce con la classe a Ruggeri che prende il testimone da Zappacosta continuando a dominare sulla fascia. Stravincere così in casa dei campioni d’Italia, riuscendo a resistere alla reazione rabbiosa del Napoli è una roba che sfiora l’assurdo. Questa Dea non sbaglia un colpo ed è in grado di demolire tutto e tutti. Riuscirci contro il Liverpool non sarà facile ma, fossi Klopp, inizierei a preoccuparmi.

Bologna, non è una favola (7,5)

Onestamente quando mi sono apprestato a commentare il lunch match di Pasquetta non mi aspettavo molto da questa partita. Di fronte ai rossoblu c’era una Salernitana con un piede e mezzo in Serie B che sembra quasi rassegnata alla retrocessione. Sono partite come queste che gli allenatori preparati temono come la peste. Motivare un gruppo quando devi affrontare una squadra che non fa che perdere è una delle cose più difficili al mondo. Cosa fa il Bologna di Thiago Motta? Vince e convince come sempre, anche quando deve fare a meno di alcuni pezzi da novanta. Ravaglia gioca poco o niente ma quando è chiamato in causa risponde alla grande. Lykogiannis torna titolare dopo tre mesi e fa un partitone, trovando anche il gol che sigilla una prestazione maiuscola. La mediana rossoblu è quella di sempre, con Freuler che detta il ritmo, Ferguson che sgomita ed Aebischer che addirittura cresce nella ripresa.

Bologna rosa Bologna Salernitana

Le notizie davvero positive arrivano da un paio di giocatori che, ultimamente, non erano sembrati al massimo. Orsolini, dopo le prove opache in nazionale, sembra indemoniato e trova un gol clamoroso che mette subito in discesa la partita mentre Saelemaekers dimostra che per rendere al meglio ha bisogno di muoversi negli spazi occupati solitamente da Zirkzee. Se l’ex milanista fa un gol da applausi a scena aperta, la prova di Calafiori è meno evidente ma ancora più impressionante: giocare con una personalità del genere è un ottimo segnale. Meno convincente la prova di Odgaard, avulso dal gioco del Bologna mentre Zirkzee entra in campo deciso a riprendersi le luci del proscenio, sfiorando il gol sul primo pallone giocato. Grazie al lavoro di Thiago Motta e a come ha messo a punto il suo sistema di gioco, niente è impossibile. Smettiamola di dire che è una favola. Questa è una realtà importante che merita di essere celebrata come merita.

La sostenibile leggerezza dell’Inter (7)

Alzi la mano chi credeva davvero che l’Empoli riuscisse a fermare la corsa della Beneamata verso l’agognata seconda stella. A questo punto, l’impressione è che il mondo del calcio sia diviso tra chi si sta inventando riti propiziatori contro il malocchio e chi sarebbe disposto a tutto pur di evitare che, per il secondo anno di fila, lo scudetto trovi una nuova casa con mesi di anticipo. Al triplice fischio al Meazza l’impressione è che le speranze di questi irriducibili, sempre più simili ai proverbiali giapponesi nella foresta che continuavano a combattere una guerra finita da decenni, stiano per evaporare del tutto. Cosa si è visto a San Siro? Un Inter meno devastante del solito, con poca benzina nel serbatoio ma che giocava con una leggerezza quasi ineffabile, una convinzione profonda nei propri mezzi e che, in qualche modo, la vittoria sarebbe arrivata.

Dimarco Audero Inter Empoli

D’accordo, l’Empoli non è più quello brillante di qualche settimana fa ma la squadra schierata da Nicola è quadrata ed ha comunque giocato una discreta partita. L’Inter ci ha passeggiato sopra come se niente fosse, portando a casa l’ennesimo clean sheet, anche senza quel Sommer che ha tolto le castagne dal fuoco più di una volta in questa stagione. La centesima vittoria di Simone Inzaghi con l’Inter è arrivata grazie alle prove maiuscole di Bastoni e Dimarco, due che ci sono sempre, comunque e dovunque. Acerbi si mette dietro le troppe polemiche e sbaglia poco o niente mentre il sodale Pavard per poco non trova anche il gol. I problemi in avanti rimangono, come i mugugni di Lautaro alla sostituzione ma la mediana sta lentamente tornando ai livelli di una volta. La differenza, come al solito, la fanno i rimpiazzi: Dumfries e Alexis Sanchez ci mettono niente ad entrare in partita e confezionare il gol della sicurezza. La grandezza di Inzaghi è nel riuscire a far sembrare banali cose che non lo sono per niente. Chapeau.

Milan, la maturità conta (7)

Andare al Franchi proprio dopo la dolorosa dipartita di Joe Barone, dover affrontare una squadra mai semplice come la Fiorentina non poteva essere una passeggiata di salute. Il Milan riesce a strappare tre punti fondamentali pur non giocando la partita della vita ma dimostrando che, una volta tornata a disposizione gran parte della rosa, il sistema di Stefano Pioli funziona. Il tecnico emiliano riesce in un’impresa che ai più sembrava impossibile: ridonare ai rossoneri quella solidità mentale che nell’anno dello scudetto aveva fatto tutta la differenza del mondo. Non è stato un cammino semplice, gli errori commessi in questa stagione complicata si vedono tutti nell’abisso che separa il Diavolo dai poco amati cugini ma ora il Milan gira che è una meraviglia, anche nel primo tempo, quando il pallone non voleva saperne di entrare. Il fatto di riuscirci senza il talismano di questa stagione, quel Theo Hernandez che è sempre decisivo, non è affatto trascurabile.

Maignan Fiorentina Milan

Il Diavolo ha ritrovato una dorsale degna di questo nome, una linea che va da Maignan a Loftus-Cheek al mercuriale Rafa Leao, conditio sine qua non per un finale di campionato positivo. Dopo qualche battuta a vuoto, Wonder Mike ha fatto delle parate assurde mentre l’ex Chelsea, zitto zitto, ha superato il suo record stagionale di reti: quando gira lui, il Milan difficilmente non porta a casa il bottino pieno. Cosa dire, poi, di Leao? Non gli ci vuole molto per dare la svolta alla partita; due giocate due che solo i campioni riescono a fare. Quando mette la quarta, difficile stargli dietro. Ancora più positive le prestazioni di Reijnders e Chukwueze, che nel primo tempo dimostra di valere i tanti soldi spesi dalla società. Non mancano le ombre, dal nervosismo di Thiaw alle prove anonime di Giroud ed Okafor ma, in generale, è la maturità dimostrata dal gruppo la migliore notizia di tutte. Musah e Pulisic, invece di sbuffare per la panchina, entrano in campo e tengono a galla il Milan in un finale complicato. Un po’ tardi per sognare la remuntada ma la banda Pioli può ancora togliersi tante soddisfazioni.

Occhio alla Lazio di Tudor (6,5)

Una delle storie più interessanti di questo weekend di Serie A era sicuramente la verifica del lavoro condotto da Igor Tudor a Formello. Raccogliere i cocci di un gruppo fortemente scosso dall’addio del maestro Sarri non sarebbe stato né semplice né indolore. Il tecnico slavo, come suo solito, ha dimostrato di avere le idee chiare, azzerando le gerarchie e cambiando il modulo. Tanti cambiamenti in poco tempo proprio prima di ospitare una rivale diretta per l’Europa che conta? Scelta coraggiosa, che alla fine ha pagato. Chi guarda solo il risultato penserà che la Lazio sia stata fortunata, che sia stato lo svarione di Sekulov a regalare il gol a Marusic. Niente di più sbagliato. Un pizzico di fortuna è servito, ovviamente, ma la Lazio aveva dimostrato ampiamente di meritarsi il bottino pieno. Tutto merito di Tudor? Troppo presto per dirlo ma l’impatto di alcune di quelle scelte che avevano fatto trasalire i tifosi delle Aquile è stato decisamente convincente.

Tudor Lazio Juventus

Se Gila e Romagnoli non sono certo una novità, l’ingresso di Casale è un’ottima notizia per la Lazio, considerato quanto avesse sofferto con Sarri. Marusic fa una partita quasi perfetta ma è la gara di Daichi Kamada ad essere sorprendente. L’oggetto misterioso del mercato estivo è ancora lontano dai livelli vertiginosi mostrati all’Eintracht ma davanti alla difesa è sembrato a suo agio: non male, visto che al Waldstadion giocava più da mezzala. Scalzare Guendouzi non sarà semplice ma avere un’alternativa è davvero importante in questo momento della stagione. Non tutto è risolto: se Felipe Anderson fa il suo, Pedro è poco concreto mentre Isaksen e Zaccagni faticano un po’ con la difesa bianconera. Castellanos spreca un gol fatto al 20’ prima di esser francobollato da un pessimo elemento come Bremer mentre Immobile ha la maturità di mettersi al servizio della squadra, vista la forma precaria. Presto per dare verdetti ma questa Lazio potrà giocarsela fino alla fine. Non è poco.

Roma, un pari che spaventa (5)

Cosa rende Roma una delle piazze più difficili al mondo? Il fatto che basta un passo falso per passare dalle stelle alle stalle. Uno che mastica romanità da quando è nato come Daniele De Rossi lo sa fin troppo bene, il che spiega perché, dietro alle quinte, i campanelli d’allarme stiano sicuramente squillando. Intendiamoci, uscire dal Via del Mare con un punto non è impresa da poco, specialmente da quando Luca Gotti è riuscito a plasmare il Lecce a sua immagine e somiglianza. Contro squadre del genere, impegnate in una lotta per la sopravvivenza, serve un gruppo solido, conscio dei propri mezzi, con la mentalità giusta per portare a casa, anche in maniera un po’ sporca, la vittoria. La Roma scesa in Salento sembrava non aver ancora digerito il pranzo di Pasqua: le partite storte capitano ma i giallorossi sembravano aver subito un lavaggio del cervello e dimenticato tutte le lezioni di Capitan Futuro.

De Rossi Lecce Roma

Chi si salva? Svilar, attento come pochi, Mancini ed Angelino, il solito Cristante. Poco, maledettamente poco. Il resto è un pianto globale. Karsdorp soffre la rapidità dei laterali salentini, Ndicka riesce a farsi ammonire e saltare il derby ma è ancora più preoccupante il blackout della mediana, centro nevralgico della Roma di DdR. Paredes parte bene per andare in confusione totale, Bove è irriconoscibile mentre Baldanzi sfiora la sufficienza con qualche giocata. Lukaku? Non pervenuto, anche per il buon lavoro di Baschirotto e Pongracic ma da uno come lui ti aspetteresti almeno di lottare coltello tra i denti. Zalewski sbaglia l’impossibile, tanto da domandarsi come mai non sia partito da subito El Shaarawy, che in mezz’ora fa il diavolo a quattro, trovando sulla sua strada un Falcone magistrale. Da solo, questo pareggio sarebbe tollerabile ma il fatto che una prestazione così scialba arrivi a pochi giorni dal derby della Capitale dovrebbe far spaventare parecchio i tifosi della Magica.

Napoli, quo vadis? (4,5)

Le bordate di fischi del Maradona stanno diventando una costante di questa stagione orribile del Napoli, dove niente sembra andare per il verso giusto. Proprio quando i partenopei sembravano pronti a voltare pagina e giocarsi le ultime carte per ottenere l’obiettivo minimo, la qualificazione alla Champions dell’anno prossimo, l’undici di Calzona viene scherzato dalla banda del Gasp. Dire che il circo mediatico sulla vicenda Acerbi non ha aiutato è un eufemismo, come la trovata discutibile dell’inginocchiarsi ma, in questo momento, il Napoli assomiglia a Paolino Paperino. Calzona, per ora, era riuscito ad evitare di perdere in campionato ma, stavolta, è davvero difficile trovare qualcosa da salvare, a parte il solito Meret, che riesce ad evitare ai partenopei un’umiliazione storica. Quella difesa che l’anno scorso era a livelli assoluti, soffre maledettamente le combinazioni tra Pasalic e Miranchuk, oltre alla fisicità di Scamacca e la velocità di Lookman.

Osimhen Napoli Atalanta

Non si salva nessuno, nemmeno Di Lorenzo, conferma che i problemi stanno altrove, nel modulo di Calzona. Anguissa e Zielinski sono incostanti ma positivi mentre Lobotka e Traoré sono quasi irritanti. Il guaio è che, senza Kvaratskhelia, Osimhen accentra tutte le giocate, venendo francobollato da Hien: Raspadori prova ad inventarsi spalla ma in quella posizione fatica tantissimo mentre Politano fa poco o niente. Quando il Napoli si rovescia in avanti, Ngonge fa quel che può mentre Lindstrom non trova il modo di aiutare una squadra allo sbando. A questo punto, la vera domanda è un’altra: cosa può fare Calzona per rimettere in sesto un gruppo col morale sotto i tacchi? Salvare la stagione non è impossibile ma serve un cambio di marcia immediato, non solo di giocatori e staff tecnico ma anche della società. Ora non è il momento di polemiche inutili: bisogna serrare i ranghi e giocarsi il tutto per tutto. La tifoseria del Napoli si merita un finale di stagione almeno dignitoso.

Juventus anno zero (4)

La domanda che ogni giornalista deve porsi è allo stesso semplice e dannatamente complicata: quando è che il troppo stroppia? Quanto si può continuare a commentare una squadra che continua ad inanellare prestazioni orribili senza scivolare nella schadenfreude? D’altro canto non si può ignorare l’implosione al rallentatore della squadra più seguita d’Italia, quella che fino a pochi anni fa dominava il calcio italiano in lungo e in largo. Il contrasto tra quella squadra cinica, spietata, con una mentalità sempre vincente e il gruppo smarrito, impaurito, terrorizzato dall’idea di sbagliare un passaggio è quasi inconcepibile. A salvarsi, come al solito, è la difesa, a partire da Rugani e dal granitico Bremer, che annulla sia Castellanos che Immobile. I problemi arrivano con le scelte di Allegri, De Sciglio e Miretti, che sprecano l’occasione concessagli dal tecnico livornese.

Allegri Lazio Juventus

Iling-Junior e McKennie non è che facciano miracoli ma almeno danno una scossa, tanto da far intravedere per qualche minuto una Juventus diversa. Il resto è un pianto senza fine: Locatelli parte malissimo per poi sistemare almeno in copertura, Rabiot è insolitamente anonimo, Cambiaso è ignorato dai compagni per poi dover ripiegare in fretta e furia mentre Kean ci mette tanta buona volontà ma non si fa mai vedere in avanti. L’unico che ci prova sempre e comunque è Federico Chiesa, la cui dedizione è quasi commovente: peccato che predichi nel deserto. Tutti se la prenderanno col povero Sekulov che concede troppo spazio a Marusic ma dare la croce ad un classe 2002 al debutto in Serie A è inaccettabile. Le colpe stanno altrove: un tecnico che sbaglia sia l’undici iniziale che tutti i cambi è tafazziano. Per quanto mi riguarda siamo già oltre all’accanimento terapeutico. Staccate. La. Spina.

Subito.

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