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Quando Kakà fece venire gli incubi al teatro dei sogni

Nell'aprile del 2007, a Old Trafford, il fuoriclasse brasiliano irretì e umiliò la difesa del Manchester United segnando una doppietta cosmica e spargendo per il campo giocate sontuose

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Quando Kakà fece venire gli incubi al teatro dei sogni

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D'accordo, a scorrere la formazione di quegli altri scendono brividi freddi lungo la schiena. Tanto per cominciare, tocca provare a gestire un trio formato da Cristiano Ronaldo, Wayne Rooney e Ryan Giggs. Il segno della croce, in questi casi, è superfluo. Poi i ragazzi dell'uomo di Govan, Sir Alex Ferguson, sembrano inscalfibili in ogni reparto. Quella trasferta di Champions ad Old Trafford - sono le semifinali del 2007 - rischia di foderarsi di frustrazione.

Però di là mica scherzano. Il Milan gioca più coperto del solito, con il solo Gilardino in avanti, supportato da Ricardo Kakà. Per il resto linee strette e tenere duro, anche se la qualità certo non langue, visto che nel mezzo giostrano i Pirlo e i Seeedorf. Il Man Utd però parte gasatissimo. Dopo cinque minuti è già davanti con Ronaldo, all'epoca ventiduenne, eppure già divampante. Niente paura però. Scalda le leve il prodigioso brasiliano con la ventidue appiccicata alla schiena. Il progetto è limpido, in fondo. Deve soltano prendere palla a trenta metri dalla porta, accelerare e squassare la retroguardia mancuniana.

Roba intricata per i mortali, risibile per le semidivinità calcistiche. Scocca il minuto ventidue. Lo serve in profondità Clarence Seedord. Lui si allunga il pallone con il destro mandando fuori tempo il marcatore ed esplode un sinistro a incrociare che frange la porta del lunghissimo Van der Sar. Pareggio. Ma il vero pezzo di prestigio deve ancora sopraggiungere. Orologio che scorre fino al 37'. Lancio lungo di Dida. Kakà contende la sfera al ruvido Fletcher, riuscendo a spuntarla. Porta avanti la palla con la testa. Gli si frappone un irredimibile mastino, Gabriel Heinze, ma lui lo spedisce al bar con un luccicante sombrero. Ora però pare che si sia allungato troppo il pallone. Da destra arriva sparato Patrice Evra per chiudere. Da sinistra recupera Heinze.

E qui si materializza uno dei tratti peculiari del bagaglio calcistico del brasiliano, che sembra spesso sul punto di smarrire il pallone, ma poi frega puntualmente tutti quanti. Come adesso. Il ragazzo di San Paolo è distante dal punto di contatto. Sa che se allunga la gamba, rischia di rimanere triturato nel mezzo. Non può agganciarla così. E allora ricorre a quella dose di genio che viene assegnato col bilancino. Roba per pochi. Visione nitida soltanto agli eletti. Protende la testa in avanti, quel tanto che basta per far scorrere il pallone, poi la ritrae. Nel frattempo Heinze ed Evra si schiantano l'uno contro l'altro, non riuscendo ad arrestare la corsa.

Ora Kakà può avanzare verso Van der Sar e trafiggerlo ancora, con un glaciale piatto destro. Alza le braccia al cielo. I compagni lo cingono esultanti. Old Trafford si inchina all'abbaggliante bellezza. Il Milan perderà di misura, rimediando la qualificazione con uno scintillante ritorno, ma quella sera la difesa dei Red Devils e Ferguson usciranno dal campo con la testa pesante.

E la gente mancuniana accorsa al Teatro dei Sogni si rigirerà nel letto, il sonno funestato tutta la notte da un incubo verdeoro.

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