Calcio

Il ruolo più "rischioso" nel mondo dello sport: il portiere. Tra solitudini e processi sommari

Se un attaccante sbaglia un gol viene sempre perdonato, si potrà rifare, se sbaglia un portiere è tutto diverso. Ecco perché quello del portiere non è un ruolo come gli altri

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Portiere non si diventa, portiere si nasce. Tra il paradiso e l’inferno, tra il gol ed il non gol. Un altro ruolo così non esiste nel calcio. Vive da solo la partita, non festeggia i gol insieme ai suoi compagni e deve attendere lo sviluppo del gioco per entrare nell'azione. Tra i pali, ha tutti gli occhi puntati addosso. Cento, mille, diecimila persone o anche di più che lo guardano e lo giudicano, per loro sarà l'ultimo baluardo da superare, per lui saranno solo anime a cui dare soddisfazioni o dolori.

"Solo quando c'è il rigore vi ricordate di me, del vostro portiere ditemi perché..." scriveva Stefano Benni nella ballata "La solitudine del portiere di calcio". In fondo è proprio così, il portiere è un uomo solo. Secondo il grande scrittore e giornalista Eduardo Galeano "È un solitario. Condannato a guardare la partita da lontano. Senza muoversi dalla porta, attende in solitudine, fra i tre pali, la sua fucilazione".

Un ruolo sempre ad alto rischio. Nessun errore di un attaccante, nessun passaggio sbagliato di un centrocampista, nessun intervento in ritardo di un difensore sortiscono lo stesso effetto di un errore del portiere. È sempre lui il primo indiziato quando si subisce una rete, diventando il più delle volte il responsabile delle sconfitta, se non per i compagni di squadra di sicuro per i suoi tifosi. L'aspetto mentale diventa decisivo nella vita di un portiere.

E se un ottimo calciatore senza carisma può comunque emergere, è difficile che questo succeda con un estremo difensore. I più grandi del ruolo, non a caso, sono tutti stati dei veri e propri leader. Basti pensare ai migliori dell'ultimo ventennio (da Schmeichel a Buffon, da Oliver Kahn a Neuer), capaci sempre di ricominciare daccapo senza farsi condizionare dagli errori anche recentissimi. Un esercizio psicologico continuo che si scontra con le debolezze umane. Insomma per essere un grande portiere serve grande forza interiore in ogni frangente non solo di una partita ma dell'intera carriera.

D'altronde ogni numero uno è impegnato in una lotta costante non solo con se stesso e con gli altri giocatori, ma anche con i tifosi avversari. Dai quali viene percepito come un guastafeste come spiegava il giornalista, Luigi Garlando: "Se la gioia del calcio è il gol e se i padroni del circo hanno interesse a vendere televisivamente lo spettacolo più gioioso possibile, è chiaro che chi si affanna per non fare entrare i palloni in rete diventa un eversivo".

Quello del portiere sembra perciò un mestiere del secolo scorso, quasi incomprensibile nella sua logica: obbligato a caricarsi del peso del risultato, ad impedire che la gente si diverta, destinato a non essere mai il vero protagonista se non in negativo, il portiere riveste il ruolo di ultimo antagonista alla vittoria altrui.

Il tempo ne ha ridisegnato la funzione, e sono ormai in pochissimi a considerarlo un elemento semi-estraneo alla squadra, solo una sentinella della sua area di rigore. Gli sviluppi del calcio moderno hanno cambiato i suoi compiti: nel calcio di oggi costruisce la manovra, guadagna campo in avanti, partecipa al gioco, guida la difesa, dà sicurezza ai compagni di reparto ma resta pur sempre ultimo uomo.

Stare tra i pali significa in qualche modo essere diverso, significa essere destinato ad essere un outsider, sempre e in ogni momento. Perché, chi difende i pali della porta, è l'ultimo baluardo e potrà essere acclamato come un eroe, ma al minimo errore lo si condannerà e lo si potrà far sprofondare nel baratro.

Essere portiere significa essere padroni del proprio destino e di quello degli altri: prendere delle decisioni anche a volte in attimi e frazioni di secondo e assumersene poi tutte le responsabilità. Senza sconti, né dai propri tifosi né nell'epoca attuale dai giudizi sommari dei social.

Eroe o colpevole, non c'è altra scelta nella vita di un portiere.

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