Calcio

Scuse finali

A fine partita si scusano. È la famosa legge del calcio

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A fine partita si scusano. È la famosa legge del calcio, le risse e le aggressioni finiscono sul campo, poi si passa agli abbracci e ai finti pentimenti in tivvù. Si fa così tra bande rivali, le gang si sfidano, si azzuffano e poi traslocano nei bar a festeggiare la mischia, promettendosi la prossima battaglia. A Lecce, l'allenatore dei salentini, D'Aversa, ha raggiunto il francese dell'Hellas Verona Henry, lo ha colpito con una testata e poi se l'è data verso i propri calciatori. Davanti alle telecamere ha ammesso il gesto, ma ha spiegato di essere stato provocato e che ha capito di avere sbagliato. Il Lecce lo ha condannato, ma il tecnico non è nemmeno sfiorato dall'idea di dimettersi. Una settimana fa, il suo illustre collega Juric del Torino, aveva minacciato il sodale Italiano, della Fiorentina, di tagliargli la gola, ma poi, davanti alle telecamere, aveva abbracciato lo scampato alla mutilazione, dicendo che si tratta di roba tra amici. Il giudice sportivo ha punito il croato con due turni di squalifica, gli stessi riservati al laziale Guendouzi per un fallo di reazione, una manata all'avversario. La famosa giustizia sportiva, quella del calcio poi, non abbisogna di dossier. Va via da sola, indipendente, si fa per dire. Del resto, come sostengono loro stessi, sono tutte brave persone.

Compresi gli allenatori, di gola o di testa.

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