Stile

«Cambiamo sempre tutto perché nulla cambi»

Il patròn e la sfida di essere i migliori: «Ma guai a chi ci serve nella flûte»

Reims Con quella faccia un po' così che ha chi porta un cognome leggendario e chi fa quello che per molti è il lavoro più bello del mondo (ovvero fare il vino più buono del mondo), Olivier Krug, 49 anni, è pure simpatico. Bella forza, direte voi. E forse avete ragione.

Olivier, partiamo dalla musica. Com'è nata l'idea di associare ascolto e degustazione?

«Bere è una connessione tra sensi. Quando si beve viene stimolata una parte del nostro cervello molto vicina a quella degli stimoli uditivi. Da qui l'idea».

Qual è la cuvée più adatta a essere bevuta con la musica?

«Ovvio: la Grand Cuvée, così multicolore».

E quale musica ci mette vicino?

«Quello dipende dal proprio obiettivo. C'è chi in un'esperienza multisensoriale cerca un contatto con la meditazione e chi un abbandono ai propri sensi».

Come è cambiata Krug da quando è nelle mani di LVMH?

«Guardi la mia faccia e capirà la risposta».

È una faccia radiosa...

«Ogni cosa chiedi per incrementare la qualità del vino, della presentazione, del servizio, la ottieni. Ha visto la squadra: piena di giovani, piena di donne. Così si lavora bene».

Ma qualcosa è cambiato negli ultimi sedici anni?

«Nel mondo del vino e dello Champagne in particolare è come nel Gattopardo: bisogna cambiare tutto perché nulla cambi».

C'è chi pensa che gli Champagne costino troppo e bisogna democratizzare questo vino.

«Guardi, prima della seconda guerra mondiale gli Champagne costavano molto più di adesso fatte le debite proporzioni. Bere Champagne è un piacere, un'emozione, bere Krug ancora di più. Noi siamo un cavolavoro, un gioiello. Se la guarda da questo punto di vista il nostro prezzo è perfino basso».

Chi sono oggi i consumatori di Krug?

«Grazie anche al Krug-id, ai social network che rappresentano un potente strumento di condivisione delle emozioni, l'età media del Krug's lover si è abbassata di almeno quindici anni».

Il futuro è vostro, quindi.

«Sì, ma c'è una cosa che non mi va giù».

Ed è?

«Ed è chi si ostina a bere Champagne dalla flûte. Per me è un crimine perpetrato in nome di una presunta tradizione. Lo Champagne ne esce svilito. E pensare che ci sono ristoratori e perfino produttori che lo propongono ancora così».

Come in tutti i gialli il colpevole si svela alla fine.

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