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Cammini di guerra nel nome di San Francesco

La Regione Toscana vuole moltiplicare i percorsi dei pellegrini devoti al Santo. Ma il Comuni della Consuma non ci stanno: "Da 20 anni curiamo noi la strada"

Cammini di guerra nel nome di San Francesco

«Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile». Coi suoi aforismi Francesco d'Assisi sarebbe stato maestro di vita anche oggi. L'impossibile, in questo caso, è far sì che la Regione Toscana, guidata da Enrico Rossi, non faccia deviare il tracciato noto come «Via di San Francesco» che da Firenze termina al leggendario Santuario de La Verna, in provincia di Arezzo. I commercianti del Passo della Consuma, impegnati da 20 anni nella manutenzione e valorizzazione del «Cammino di Francesco», fornendo vitto e alloggio alle migliaia di pellegrini che transitano ogni anno lungo la via, e i colleghi di Pratovecchio-Stia, Ama e Lonnano, Camaldoli, Badia Prataglia, si oppongono al progetto e minacciano resistenza, insieme ai Comuni di Pontassieve, Rufina e Pelago. Poppi, che faceva parte del gruppo, si è sfilato: «Ci dobbiamo rallegrare del fatto che la Regione abbia deciso di investire molte risorse in questa infrastruttura turistico-culturale».

Il percorso storico di Francesco parte da Firenze, risale l'Arno fino a Pontassieve, prosegue verso la Consuma, scende nel Casentino e va su su, fino al Santuario de La Verna dove, nel 1213 (80 anni prima che la chiesa venisse edificata) Francesco si ritirò con alcuni suoi confratelli, come scrive la Nuova guida del viaggiatore in Italia del 1876. Tutti i documenti storici concordano nel riconoscere che la «Via di San Francesco» passi dalla Consuma. Ma la Regione Toscana dichiara che non terrà conto di indicazioni storiche provenienti da fonti non pubbliche: «Ad affermare che quella della Consuma è la Via di San Francesco afferma il dirigente regionale Stefano Romagnoli sono dei privati. Non c'è alcuna certificazione pubblica».

I PELLEGRINAGGI

Il turismo religioso è quello che più di tutti fa fare i quattrini a chi ci si trova coinvolto con più di 300 milioni di turisti ogni anno e un giro d'affari di 18 miliardi di dollari, secondo i dati della World Tourism Organization. Solo in Italia i pellegrinaggi verso i luoghi di culto fruttano ogni anno 3 miliardi di euro. Tanto per fare degli esempi, il santuario di Lourdes vanta 7 milioni di pellegrini all'anno. Subito dopo c'è la Basilica di San Pietro. Con 6 milioni di pellegrini la Chiesa di San Pio a San Giovanni Rotondo vanta lo stesso numero di pellegrinaggi annuali di Gerusalemme. La Basilica di San Francesco d'Assisi è visitata ogni anno da 5 milioni e mezzo di turisti, un milione in più di quelli che camminano verso Santiago di Compostela.

Quella di San Francesco è una via conosciuta da secoli, percorsa da frotte di pellegrini ogni anno, ma nonostante ciò la Regione Toscana vuole cambiargli i connotati. Perché? Per interesse naturalmente. Dal 2017 è nel cassetto un progetto della giunta Rossi che ingolosisce molti: ballano 20 milioni di euro destinati ai «cammini religiosi», compresi i percorsi francescani ribattezzati genericamente «Le vie di San Francesco», che spingerebbero i pellegrini a trasferire i loro zaini e i loro bastoni ricurvi lungo altri itinerari che da Firenze vanno verso Rignano sull'Arno e salgono a Vallombrosa, dove c'è l'antica abbazia fondata dai monaci benedettini di San Giovanni Gualberto. Francescani contro benedettini, dunque. Sì, perché qui c'è di mezzo anche la Chiesa. La diocesi, per esempio, oggi siede ai tavoli importanti dove si decideranno le tasche nelle quali finiranno quei finanziamenti.

I cammini di Francesco possono diventare qualcosa di simile (e forse anche maggiore) al cammino di Santiago de Compostela e per questo, sia istituzioni politiche che ecclesiastiche, non vogliono lasciarsi sfuggire questo ghiotto boccone. Si sono per questo disegnati due altri percorsi francescani alternativi: il primo collegherebbe il santuario della Verna con Monte Casale (e poi Assisi) passando per Pieve Santo Stefano e Cerbaiolo; il secondo si snoderebbe tra la Verna e Cortona (per poi raggiungere anch'esso Assisi) passando per Caprese Michelangelo, Montauto, Anghiari e Arezzo. Da Cortona si ipotizza poi un collegamento trasversale con la via Francigena (anch'essa tra i beneficiari dei 20 milioni) all'altezza della Val d'Orcia.

LE ORME DEL SANTO

Nessuno dei due tratti, però, ripercorre quello che fece Francesco 8 secoli fa, che la Regione Toscana ha sempre patrocinato e che ora vorrebbe declassare, finanziando altri percorsi. Così facendo, questa è l'accusa, verrebbero danneggiati coloro che in questi anni si sono presi cura del cammino, promuovendolo, mantenendolo pulito, offrendo servizi di ospitalità e assistenza lungo il tracciato. L'economia di questa zona si regge infatti quasi esclusivamente su questo tipo di turismo che ora è in pericolo così come il lavoro di decine di operatori economici. Eppure è scritto dappertutto: il collegamento tra Firenze ed Arezzo, ed in particolare fra la Val di Sieve e il Casentino, risale addirittura all'epoca Etrusca col transito di greggi, merci e persone che dovevano attraversare la giogaia della Consuma, unico passo fra il monte Falterona e il Pratomagno. All'epoca di Francesco la viabilità tra Assisi-La Verna e la comunità francescana di S. Croce a Firenze era essenziale, sia per i frati francescani che per i pellegrini, quindi il passaggio dalla Consuma era il preferito per evitare ciò che veniva denominato «il mal passo» della Crocevecchia. Dalla Crocevecchia verso il Casentino il percorso è così impervio che l'esercito fiorentino, scriveva Dante, «la chiamò Mala Via». Oltre ad essere più lunga, secondo la Forestale, quella via è anche più pericolosa, soprattutto nelle ventose e nevose giornate invernali.

Allora, è la domanda che si fanno qui, perché si vuol scegliere quella? Forse per favorire l'Abbazia di Vallombrosa?

LA LITE

Per chi non conoscesse il Passo della Consuma, merita spendere due parole. Sebbene poco noto, questo verdissimo territorio a metà strada tra Firenze e Arezzo, è uno dei più belli e incontaminati della Toscana. Un luogo ameno che manifesta il suo carattere ruvido ma sincero, come quello di chi lo abita, nella bellezza dei fitti boschi, nei percorsi di trekking, nelle passeggiate a cavallo, nell'aria buona e nella buona tavola. Luogo singolare in tutto, come per il fatto che proprio la sua cima, a 1050 metri, traccia il confine tra due province, Firenze e Arezzo, e quattro comuni, Pelago, Montemignaio, Rufina e Pratovecchio-Stia.

«Promuovere significa qualcosa di più e di diverso dall'aprire una nuova via se questo vuol dire farne morire un'altra - spiega Irina del negozio di alimentari Carletti dove si produce da un secolo la vera schiacciata della Consuma - Noi vogliamo la via com'è, perché se oggi funziona è solo grazie a noi e non alla Regione. Il vero cammino di San Francesco va riconosciuto e promosso a livello mondiale per renderlo fruibile a tutti i pellegrini che vogliono ripercorrere le orme del Santo».

Tutta la comunità della Consuma, riunitasi in comitato, le associazioni, i volontari, la chiesa di San Domenico ma soprattutto i commercianti protestano: «Potete aprire tutte le strade che volete, ma chiamatele con altri nomi. Tutte le guide indicano chiaramente il nostro percorso come l'unico francescano quale patrimonio storico, religioso e culturale internazionale».

San Francesco, seduto sul suo «scoglio» de La Verna, direbbe: «Un solo raggio di sole è sufficiente per cancellare milioni di ombre».

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