Da Carnera icona del ’900 ai gregari dimenticati

Non c’è impresa senza qualcuno che la racconti: il mito della boxe italiana, ma anche «Fuori i secondi», storie di comprimari dello sport

Letteratura e sport, un binomio inscindibile: d’altronde, cosa sarebbero le imprese dei grandi e piccoli campioni senza uno scrittore - o al più un umile cronista - che le consegni alla pagina di un libro o semplicemente di un giornale? Già, cosa sarebbero? Per rispondere basta prendere La palla al balzo, come da titolo della raccolta di articoli scritti negli anni Settanta dal poeta Alfonso Gatto, arcigno corrispondente dal Giro e dal Tour ma soprattutto disincantato tifoso di football (Ed. Limina, pagg. 220, euro 15): tra reportage «da stadio» e cronaca calcistica, il racconto dei valori assoluti e necessari dello sport, e soprattutto di un calcio in trasformazione in un’Italia sconvolta dal terrorismo ma che non rinuncia, ogni domenica, a celebrare il suo rito più popolare e più liberatorio. E a proposito di poesia, per i nostalgici dei versi imparati a memoria a scuola, una vera (ri)scoperta è l’antologia Il calcio è poesia (Il Melangolo, pagg. 202, euro 10) con tutte le liriche più celebri - e anche qualche curiosità meno nota - sul «giuoco» più amato dai letterati, oltre che dagli italiani: dalle ormai eterne Cinque poesie sul gioco del calcio di Saba ai versi pedatori di Giudici, Loi, Sanguineti e quel Vittorio Sereni che amava l’Inter tanto quanto gli endecasillabi... Dalla poesia alla prosa, una cronaca «romanzata» di storie eroiche è invece quella di Claudio D’Aguanno Fuori i secondi (Coniglio ed., pagg. 178, euro 16) che passa in rassegna le «vite dimenticate» di calciatori, boxeur e ciclisti spariti negli «spogliatoi» dello sport, quando «le medaglie d’oro smettono di brillare, il clamore della folla tace e le prime pagine dei giornali si trasformano in trafiletti nascosti tra la cronaca locale».
Uno che dalla prime pagine non è mai finito nei trafiletti, invece, fu Primo Carnera, un gigante in tutti i sensi, l’indimenticato «uomo più forte del mondo» (l’ultimo italiano campione dei massimi in un ormai preistorico 1933) al quale Daniele Marchesini ha dedicato una biografia (Carnera, Il Mulino, pagg. 258, euro 22) che è anche il resoconto di come un personaggio nato dal nulla, assurto nell’Olimpo del pugilato e poi tragicamente ridottosi a fare il verso a se stesso, sia potuto diventare un’icona del ’900. Ma gli appassionati della nobile arte troveranno soddisfazione soprattutto nel libro fotografico Combat (Mondadori, pagg. 400, euro 18; a cura di Antonio Franchini) nel quale Piero Pomili «scolpisce» vittorie e sconfitte, fatica e grazia, di pugili, lottatori, moderni gladiatori e karatechi: per chi vive l’esistenza come un continuo combattimento.
Poi c’è lo sport che diventa epica ed epopea: come la storia dei destini incrociati del campionissimo Costante Girardengo e del criminale Sante Pollastre, amicissimi fin da bambini, entrambi nati tra miseria e sacrifici, entrambi fanatici della bicicletta, entrambi a loro modo passati alla storia tanto da finire dentro una canzone di De Gregori, come racconta Marco Ventura nel suo Il campione e il bandito (Il Saggiatore, pagg. 302, euro 16), un libro che sa commuovere.
Dalle due alle quattro ruote: se le imprese dei grandi piloti di oggi sono note a tutti, quelle dei pionieri del volante sono ormai purtroppo (quasi) dimenticate, ma non per questo meno entusiasmanti. La prova? La storia «degli automobili» (allora si chiamavano così) e degli uomini che credettero nella possibilità di cambiare il mondo ripercorsa da Giorgio Boatti nel saggio Bolidi (Mondadori, pagg. 294, euro 18), dalla nascita della Fiat e del primo giro automobilistico d’Italia, nel 1901, fino all’omicidio (su una vettura, non a caso) dell’arciduca Ferdinando a Sarajevo, nel 1914.

Proprio negli stessi anni in cui uno dei nostri più grandi giornalisti, Luigi Barzini senior, raccontava da inviato del Corriere della Sera La metà del mondo vista da un’automobile, come recita il titolo del suo celebre reportage (appena ripubblicato dal Touring Club Italiano, pagg. 414, euro 15) sulla leggendaria «Itala», guidata dal principe Scipione Borghese, che nel 1907 attraversò Asia ed Europa, da Pechino a Parigi. In sessanta giorni, anche se oggi sembra incredibile.

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