Controcultura

Caro Hofmann, si crea solo da lucidi

La lettera di Ernst Junger

Caro Hofmann, si crea solo da lucidi

Ad Albert Hofmann (Bottmingen), Kirchhorst, 3 marzo 1948

Gentilissimo signor Hofmann,

la ringrazio infinitamente per la dettagliata lettera del 9 febbraio con i due allegati sul suo allucinogeno. In effetti sembra essersi addentrato in territori misteriosi e tentatori. Il suo plico è arrivato insieme a Confessioni di un mangiatore d'oppio, appena pubblicato in una nuova traduzione. L'autore mi scrive che a dargli lo stimolo è stata la lettura di Cuore avventuroso. Per quanto mi riguarda mi sono lasciato alle spalle la sperimentazione diretta da molto tempo. Di fatto si tratta di esperimenti con i quali prima o poi si entra in camere davvero pericolose e c'è da essere contenti se ce la si cava per il rotto della cuffia. Quello che mi interessava di più era il rapporto di queste sostanze con la produzione. Ma ho sperimentato che la prestazione creativa esige una coscienza vigile, e che si affievolisce quando è sotto l'influsso delle droghe. In compenso la fase della concezione è notevole, e si hanno idee irraggiungibili per altre vie. Tra queste annovero anche il bel saggio che Maupassant ha scritto sull'etere. A proposito, anche io ho avuto l'impressione che durante gli stati febbrili si scoprano nuovi paesaggi e nuovi arcipelaghi, una musica nuova che diventa del tutto chiara quando appare la «stazione di dogana». Per le descrizioni geografiche invece bisogna essere totalmente lucidi. La produzione è per l'artista quello che la guarigione è per il medico. Anche a lui perciò basterà entrare qualche volta in quei territori attraverso i tappeti tessuti dai nostri sensi. Ai giorni nostri, tra l'altro, credo di notare una propensione per gli allucinogeni inferiore a quella per gli energizzanti (tra questi rientra il Pervitin somministrato dagli eserciti ai piloti e ad altri soldati). A mio avviso il tè è un allucinogeno, il caffè un energizzante, perciò il tè ha un rango artistico di gran lunga superiore. Quanto al caffè noto che distrugge quel sottile reticolo di luci e ombre, fugando i dubbi fecondi che emergono durante la stesura di una frase. Le inibizioni di questa vengono scavalcate. Col tè invece i pensieri si arrampicano in modo naturale. Per quanto riguarda i miei «studi», avevo un manoscritto che li raccoglieva, ma l'ho bruciato. Le mie esplorazioni sono terminate con l'hashish, che conduce a uno stato molto piacevole, ma spesso anche maniacale, ovvero alla tirannia orientale.

Con i migliori saluti e auguri, suo Ernst Jünger

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