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Il film «Pare parecchio Parigi»? Non pare il solito Pieraccioni...

Ispirato a una storia vera, è anche una riflessione sui problemi delle famiglie

Il film «Pare parecchio Parigi»? Non pare il solito Pieraccioni...

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«Questa storia è liberamente ispirata ai fratelli Michele e Gianni Bugli che, nel 1982, partirono con il padre malato in roulotte e gli fecero credere di essere arrivati a Parigi. Viaggiarono non uscendo quasi mai dal loro podere. Il film è dedicato a loro. E a tutti i sognatori». Su quest’idea, oggettivamente curiosa, Leonardo Pieraccioni imbastisce il suo quindicesimo film, Pare parecchio Parigi, scritto con Alessandro Riccio da un soggetto con Filippo Bologna, già nelle sale in quasi 500 copie.

Un numero molto alto in un momento in cui la commedia italiana al cinema sembra aver perso per strada un po’ di spettatori dopo la pandemia: «Di film comici ne abbiamo fatti tanti - spiega Leonardo Pieraccioni - e il pubblico si è un po’ stancato anche perché pensa che li può vedere subito a casa. Così ho preso un soggetto in cui non c’è solo la comicità». E se la storia di base è vera, l’attore e regista toscano ha avuto cura di scegliere bene le sue compagne di viaggio (lui si ritaglia il ruolo del fratello che ha il maneggio intorno a cui gira il camper che non vedrà mai Parigi) ossia le sue sorelle nel film, Chiara Francini e Giulia Bevilacqua che rendono bene i caratteri contrapposti e conflittuali - i fratelli non si vedono da cinque anni! - tipici delle famiglie più numerose.

Per il ruolo del padre, un professore universitario in pensione che ha perso quasi del tutto la vista ed è al terzo infarto, ecco Nino Frassica al quale, racconta Pieraccioni, «ho chiesto di tenere a bada il suo lato da cabarettista anche se qualche improvvisazione c’è stata. Gli ho chiesto di recitare quasi tutto il tempo sdraiato nel camper». C’è poi la coppia irresistibile dei vicini del maneggio, un figlio e una madre cattivissimi, interpretati dai mitologici Massimo Ceccherini e Gianna Giachetti.

Pare parecchio Parigi vuole anche spronare lo spettatore a fare e a dire cose nelle nostre stesse famiglie prima che sia troppo tardi. «Se il mio film servirà a riconciliare qualche sorella o fratello, sarà il più bello della mia vita» dice un Leonardo Pieraccioni più in vena di elucubrazioni del solito. D’altro canto l’anno prossimo compirà 60 anni e il suo grandissimo successo, I laureati, di cui non esclude un sequel (anzi), ne festeggerà 30 nel 2025: «Quei personaggi ora sono tutti vicini alla pensione e sarebbe curioso farsi venire in mente qualcosa. Allora raccontavo le paturnie di un quasi uomo, avevo 29 anni, mentre adesso mi accorgo che tutta questa felicità delle storie sentimentali non è poi così fondamentale.

Per questo sono passato al racconto di una famiglia».

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