Il film del weekend

"Kill Boksoon", l’action coreano di Netflix diverte e coinvolge

Un film d'azione solido, impreziosito di ironia e di performance attoriali all’altezza, in cui tutto nasce dalla doppia vita di una omicida professionista che è prima di tutto una madre

"Kill Boksoon", l’action coreano di Netflix diverte e coinvolge

Kill Boksoon, il nuovo film Netflix original disponibile sull’omonima piattaforma, si gode i riflettori accesi sull’industria del cinema sudcoreano a seguito del successo agli Oscar di “Parasite” di Bong Joon Ho. In questo caso l’ibrido tra cultura pop e regia autoriale è al servizio di un action in piena regola e che il regista Byun Sung-hyun ambienta nel mondo degli omicidi su commissione.

Il genere di pellicola in cui, grazie a sequenze di combattimento stravaganti e atletiche, si cerca di elevare la violenza a qualcosa che somigli all’arte.

Gil Boksoon (Jeon Do-yeon), la protagonista, lavora per l’Agenzia MK, una compagnia di killer con regole rigide, ma è anche alle prese con una figlia quindicenne, Jae-young (Kim Si-A), che non sa nulla della vita professionale segreta della madre.

Le difficoltà quotidiane del ricoprire il doppio ruolo di genitore single e di assassina professionista si sprecano, al punto che la donna può tranquillamente affermare che "uccidere le persone è semplice rispetto a crescere un bambino”. Del resto, come adolescenza comanda, la ragazza è restia ad aprirsi al dialogo con la genitrice: tiene per sé il fatto di essere innamorata di una compagna di scuola e di dover far fronte a certe bullette che minacciano di rendere pubblica la sua relazione. Gli imprevisti lavorativi dell’adulta minano i suoi tentativi di vero contatto con la giovane. Ad un certo punto, proprio alla vigilia del rinnovo di contratto, la posizione di rilievo di Boksoon si sgretola, il che la espone a diventare un bersaglio.

La struttura del sistema lavorativo dentro cui si muove la protagonista assume un ruolo rilevante nella narrazione: si indugia molto su quanto quell’ambiente professionale sia dominato dagli uomini. Diverte inoltre scoprire l’esistenza di un’assemblea annuale e di una sorta di università in cui vengono allevate nuove generazioni di spargi-sangue dell’organizzazione. Tra le scene più divertenti, quella di un combattimento tra la nostra veterana e una stagista.

Ovviamente un sistema in cui uccidere è un business cerca di reclutare psicopatici e in generale persone che non hanno nulla da perdere, tenendo fede ad un pragmatismo sui generis secondo cui “il modo più semplice di risolvere un problema è liberarsene”. Venerata come la punta di diamante degli assassini d'Oriente, questa donna di mezz’età in giacca Chanel perde ogni sicurezza nel privato, dove è piegata da un insospettabile sovraccarico emotivo. Spassoso il tentativo di mimetizzarsi tra le agiate madri dei compagni di classe di Jae-yeong, presso le quali si vende come “pianificatrice di eventi”.

“Kill Boksoon”, insomma, è percorso dall’inizio alla fine da una deliziosa ironia che dona freschezza anche alla rappresentazione di relazioni complesse e a volte tese, in primis quella madre-figlia.

Quel che più funziona è raccontare tale agghiacciante compagine con brio e humor, lasciando le note un po’ più drammatiche alle vicende personali di una scontrosa e riservata ragazzina, che le percepisce come tali evidentemente, anziché della madre killer provetta.

Malgrado la durata un po’ eccessiva, di 137 minuti, "Kill Boksoon" intrattiene a dovere tra coreografici combattimenti e disinvolte esecuzioni, così come facendo ricorso a dialoghi veloci e costellati di piccole battute filosofiche sulla vita.

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